I 12 Referendum - Intervista a Mario Staderini

Dal 1974 ad oggi, in Italia si sono svolti 66 referendum; in 30 occasioni (dal giugno del 1997 al giugno del 2009, per 24 quesiti) non si è però raggiunto il quorum degli aventi diritto al voto (50 per cento più 1) e dunque le consultazioni sono state annullate. Succederà così anche stavolta? Penso proprio di no. Quando si chiede ai cittadini di esprimersi su questioni che li riguardano molto da vicino, vedi gli ultimi referendum del giugno 2011 su acqua pubblica, energia nucleare, servizi pubblici locali e legittimo impedimento, la grande partecipazione è assicurata. I nostri referendum pongono questioni che questo parlamento bloccato si rifiuta di affrontare perché riguardano interessi e poteri forti. Abbiamo calcolato che se passano tutti i nostri 12 quesiti, tra risparmi, penso al taglio delle spese legali se ci fosse il divorzio breve, e maggiori entrate per lo Stato, ad esempio, abrogando quelle fallimentari norme che spingono tanti lavoratori extracomunitari onesti in un cono d’ombra d’irregolarità, impedendogli di pagare tasse e contributi previdenziali, oppure lo scandaloso finanziamento pubblico dei partiti, ci sarebbe un guadagno di circa 15 miliardi di euro l’anno. Una montagna di soldi con cui si potrebbero finanziare cose importanti, come il rilancio dell’economia e la lotta alla drammatica disoccupazione giovanile.
1/2 Immigrazione: clandestinità e lavoro La questione è articolata su due quesiti: il primo propone l’abrogazione dell’articolo 10 del Testo unico sull’immigrazione (legge Bossi-Fini) che ha istituito il reato di clandestinità: «una norma aberrante che criminalizza una condizione anziché una condotta», sostengono i promotori; il secondo quesito chiede la cancellazione degli articoli 4 bis e 5 bis che legano la concessione dei permesso di soggiorno alla stipula di un contratto di lavoro: «chi lo perde, anche se perfettamente integrato, diventa clandestino e può essere ingiustamente espulso».
3 Divorzio breve Il quesito propone l’eliminazione dei tre anni di separazione legale obbligatoria prima di chiedere il divorzio. Una coppia scoppiata potrebbe così ottenere lo scioglimento del proprio matrimonio in appena sei mesi (come accade nella maggioranza dei Paesi europei), senza aspettare da un minimo di 5 anni a un massimo di 12; ci sarebbe inoltre un risparmio di spese legali pari a circa 100 milioni di euro annui e un notevole alleggerimento del carico giudiziario che grava sui tribunali.
4 Libera scelta dell’8x1000 Si chiede di abrogare la norma che prevede di destinare comunque alle confessioni religiose anche la quota di 8x1000 di chi non esprime alcuna preferenza nella propria dichiarazione dei redditi (attualmente più del 50 per cento del totale). Si tratta di 600 milioni di euro circa che rimarrebbero così nelle casse dello Stato.
5 Droga: niente carcere per fatti lievi Se vince il «sì», verrebbero eliminate quelle norme che prevedono una pena detentiva (da 1 a 6 anni) per chi coltiva marijuana sul balcone, chi trasporta quantità medie di stupefacenti (attualmente va in galera chi viene fermato con più di 500 milligrammi di cannabis, 750 milligrammi di cocaina e 250 milligrammi di eroina) e per chi assume condotte border line tra consumo personale e piccolo spaccio.
6 Soldi pubblici ai partiti Il quesito propone l’abolizione di gran parte di tutte quelle leggi (ben 10!) che dal 1974 hanno stabilito, difeso (e aumentato a dismisura), il finanziamento pubblico dei partiti politici in qualsiasi forma, anche quella dei famigerati rimborsi elettorali. «Vogliamo che i partiti e movimenti politici incassino solo le libere donazioni dei cittadini», dicono i promotori.
7/8 Responsabilità civile: i magistrati paghino i danni per i loro errori Due quesiti chiedono l’abolizione di parte della legge 13 aprile 1988, numero 117, per rendere possibile ai cittadini l’esercizio dell’azione civile risarcitoria indiretta (nel senso che paga comunque lo Stato) per danni morali e materiali provocati loro da processi in cui vi è stata un’errata valutazione dei fatti, delle prove e anche delle leggi. «Mai più processi monstre come quelli di Enzo Tortora», affermano i promotori.
9 No all’abuso del carcere preventivo Se vince il referendum viene abrogata quella parte del Codice di procedura penale che nel tempo ha esteso le modalità di applicazione della custodia cautelare. Si tratta, insomma, di dire basta a una forma anticipatoria dell’eventuale pena, che viola il principio costituzionale della presunzione d’innocenza. «Nelle carceri italiane, il 40 per cento dei detenuti è in attesa di giudizio», dice Mario Staderini. «Di questi, il 50 per cento verrà poi riconosciuto innocente».
10 Abolizione dell’ergastolo Il quesito chiede l’abrogazione del Regio decreto 19 ottobre 1930, numero 1398, che ha istituito il carcere a vita. «La Costituzione della Repubblica spiega che la detenzione deve avere come finalità la rieducazione del condannato: è un principio di civiltà giuridica in clamorosa contraddizione con il principio "fine pena mai"», sostengono i promotori. «La pena non può essere vendetta sociale», spiega Mario Staderini. «Anche nei casi più gravi, 35 anni effettivi di reclusione sono una pena adeguata».
11 Separazione delle carriere dei magistrati: chi giudica non può accusare In democrazia, è diritto imprescindibile del cittadino essere giudicato da un giudice terzo, cioè obbiettivo e imparziale. Ciò si ottiene, sostengono molti scomodando persino Giovanni Falcone, solo separando le carriere del Pubblico ministero e del Giudice. Il quesito propone di abrogare le norme della disciplina di accesso in magistratura che rendono possibile a ogni singolo magistrato il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti.
12 No ai magistrati fuori ruolo Il referendum propone il reintegro in tribunale di tutti quei magistrati (alcune centinaia) collocati presso il vertice della Pubblica amministrazione, per esempio, negli uffici legislativi dei gabinetti ministeriali. «Vogliamo rendere effettiva la separazione dei poteri esecutivo, legislativo ed esecutivo, nonché aumentare la capacità dei tribunali di smaltire i processi accumulati evitando la prescrizione», sostengono i promotori.
TRE PASSAGGI PER IL VOTO A PRIMAVERA I referendum promossi dai Radicali italiani necessitano di 500 mila firme che vanno raccolte, nei modi stabiliti dalla legge, entro il prossimo settembre. Sull’intero territorio nazionale sono presenti numerosi tavoli di raccolta firme (tutte le informazioni sono sul sito www.radicali.it), ma è anche possibile sostenere questa iniziativa recandosi presso la segreteria di uno dei qualunque 8.092 comuni italiani presso cui sono stati inviati gli appositi moduli che vanno sottoscritti esibendo un documento d’identità valido. Le firme raccolte saranno poi soggette a un giudizio tecnico di legittimità da parte dell’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione. Dopodiché la palla passerà nel campo della Corte costituzionale che dovrà esprimersi sull’ammissibilità dei singoli quesiti. L’appuntamento con le urne è previsto per la primavera del 2014.
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