La peste bianca di Caserta : le cave

Il paesaggio della provincia di Caserta è segnato dalle macchie bianche che infettano le pendici delle nostre colline e montagne. L'attività estrattiva è esplosa nel secondo dopoguerra, soprattutto dagli anni `60-`70 in poi, in maniera in gran parte illegale: infatti su 300 cave, solo 15 sono autorizzate.Intorno al capoluogo i Colli Tifatini non hanno più nulla di magico e bucolico come suggerirebbe il nome: sono stati letteralmente sventrati in spregio all'art. 9 della Costituzione che dice: "La Repubblica…tutela il paesaggio e il patrimonio storico ed artistico della Nazione", ma a Sant'Angelo in Formis (frazione di Capua) le esplosioni delle mine ne hanno danneggiato gli affreschi. Inoltre il Decreto del Ministero dei Beni Culturali del 9 Luglio 1996 definisce i Colli Tifatini "fondale paesistico per tutti i punti di vista ai giardini" della Reggia. Ma gli enormi squarci presso il Convento dei Cappuccini a Puccianiello, il santuario di Santa Lucia a Centurano, le pendici della collina dove sorge Casertavecchia o il Belvedere di San Leucio, dimostrano il contrario. Col Governo Amato nel 2001 si decise di de localizzare le cave nell'area dell'alto casertano, nei dintorni del Monte Maggiore, zona di interese naturalistico (parco regionale e parco delle acque), in particolare nel comune di Pietravairano, sul Monte Monaco. Nel comune limitrofo di Vairano Patenora si sta ampliando una cava nelle cui vicinanze nel febbraio 2009 c'era stata una frana che per poco non colpì tre pullman carichi di turisti partenopei, sulla statale venafrana che collega Campania e Molise. La zona dell'alto casertano è balzata alla cronaca di recente dopo l'arresto della primula rossa dei casalesi Giuseppe Setola (il responsabile del massacro dei migranti a Castelvolturno), catturato dopo una rocambolesca fuga sui tetti del paesino di Mignano Montelungo. Ormai in queste terre di confine con il Lazio, la camorra non solo trova rifugio ai latitanti, ma vi ricicla denaro sporco investendo in terreni, aziende agricole, piccole industrie ed altre attività apparentemente "pulite". Il saccheggio dell'alto casertano è iniziato grazie al cavillo della mancanza di perimetrazione del Parco Regionale, così come quella delle zone a rischio frana sul Monte San Michele a Maddaloni, dove però forse la beffa più subdola è quella architettata dagli avvocati della Cementir, che giocano sul doppio senso della parola "coltivazione" (in questo caso sinonimo di "estrazione"), avendo il coraggio di presentare un progetto con il titolo roboante di "coltivazione e recupero ambientale in ampliamento", considerando le future voragini sulla collina ala stregua di una coltivazione di vigneti ed uliveti !!! La zona in questione è un Area di Crisi e Zona Critica adiacente ad una Zona Altamente Critica, in Area di Tutela Paesistica, oltre ad essere stata percorsa da incendi e quindi sotto vincolo di riforestazione e bonifica montana per quindici anni. A nemmeno un chilometro di distanza, tra il paese di Garzano ed i Ponti della Valle (patrimonio UNESCO) nel Settembre del '43

Fonte: http://www.radicalicaserta.com/index.php?option=com_content&view=article&id=86:la-peste-bianca-di-caserta-le-cave&catid=1:legalita-e-trasparenza&Itemid=75

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