Il convegno è stato organizzato dall’Associazione di Comuni, Province, Regioni per il Tibet, che dal 2003 ha sede presso il Consiglio Regionale del Piemonte e conta 198 membri. Per ulteriori informazioni:
Davide Gariglio (presidente Consiglio regionale del Piemonte) ha portato i saluti istituzionali:
“Il Piemonte è capofila delle iniziative per la salvezza del Tibet. Tutto iniziò nel 2000, con quattro consiglieri regionali (Leo, Marcenaro, Mellano e Palma) che presentarono una mozione a favore della mobilitazione “Una bandiera per uno status di autonomia del Tibet”, che fu votata all’unanimità. Si tratta di una battaglia bipartisan, i due attuali referenti dell’Associazione sono espressione sia della maggioranza che dell’opposizione. Ricordo che nel dicembre 2007, il Dalai Lama, in visita in Italia, fu ricevuto ufficialmente solo dal Consiglio regionale del Piemonte e dal Consiglio comunale di Torino. Naturalmente, non so prevedere cosa accadrà per dopo le elezioni regionali, ma sono sicuro che la nostra regione continuerà a tenere esposta ben visibile la bandiera tibetana, come fanno gli altri enti locali aderenti all’Associazione. Auguri a tutti e soprattutto al popolo tibetano, affinché, col nostro aiuto, possa esprimere compiutamente il diritto inalienabile alla propria identità”.
Mariacristina Spinosa (consigliere regionale IDV, referente Associazione Comuni, Province, Regioni per il Tibet):
“Ringrazio tutte le Associazioni aderenti, che in questi anni hanno lavorato in proficua sinergia: Interdipendence, Amnesty International, Associazione radicale Adelaide Aglietta, Italia-Tibet. Dalla sua costituzione, l’Associazione Comuni per il Tibet ha sempre appoggiato con convinzione la richiesta di autonomia promossa dal Dalai Lama, ritenendola ragionevole e realistica. E l’abbiamo fatto senza mai dimenticare le altre minoranze oppresse in Cina, dagli Uiguri ai cattolici. Abbiamo partecipato, il 19 novembre scorso, alla riunione dell’Intergruppo mondiale dei parlamentari per il Tibet, che ha rilanciato la causa autonomista. Ringrazio Radio Radicale, che, ancora una volta, segue i nostri lavori e consente a migliaia di cittadini italiani di essere informati su quanto facciamo”.
Giampiero Leo (consigliere regionale PDL, referente Ass. Comuni, Province, Regioni per il Tibet):
“Voglio sottolineare che il fatto che il Consiglio regionale del Piemonte appoggi in modo unitario, convinto e compatto la causa tibetana non è un fatto scontato; la Cina ha tentato in tutti i modi di farci desistere, con pressione pubbliche e non. Eppure, noi difendiamo semplicemente, in modo intransigente, i diritti fondamentali dell’uomo, che oggi si celebrano ma che sono anche oggi, e ogni giorno, negati in tante zone del mondo. Non bisogna mai abbassare la guardia e bisogna continuare a provare com-passione per i tibetani, affinché non si sentano dimenticati. Dobbiamo promuovere la millenaria cultura tibetana; dobbiamo promuovere l’aiuto economico ai profughi; dobbiamo sostenere politicamente il Dalai Lama. Stando bene attenti a non giocare con la pelle degli altri; anche per questo sosteniamo la ragionevole proposta di autonomia che proviene da Dharamsala.”.
Eva Pfoestl (Direttrice area giuridica Istituto di Studi Politici “S. Pio V” di Roma e Docente Diritto delle Minoranze presso la Libera Università LUSPIO di Roma, autrice del libro “La questione tibetana. Autonomia non indipendenza: una proposta realistica”, prefazione del Dalai Lama, 2009, Marsilio):
“Vengo da Bolzano e sono pertanto attenta ai problemi delle minoranze. Dal 2002 i cinesi e i tibetani hanno ripreso i contatti, senza, però, alcun passo in avanti.
Il “Memorandum” che riassume l’attuale posizione del Dalai Lama accetta la situazione politica cinese e lascia in monopolio a Pechino i settori della difesa e della politica estera. La legge cinese sulle minoranze del 1984 garantisce l’autonomia ma solo sulla carta. In realtà, se non si regola il continuo flusso migratorio di coloni Han in tibet, assisteremo a un lento soffocamento dei tibetani.
Sono convinta che il sempre più diffuso benessere economico porterà ai cinesi anche maggiori spazi di informazione, al di là e al di sopra della propaganda di regime.
Marino Busdachin (segretario generale UNPO/Unrepresented Nations and Peoples Organisation):
“Che cos’è l’UNPO? E’ stata fondata nel 1991, su impulso dei tibetani e degli estoni: E’ in’organizzazione che rappresenta le nazioni occupate, le minoranze conculcate, i popoli indigeni. Rivendica il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Nella Carta dell’Onu cozzano due principi, quello dell’autodeterminazione e quello della sovranità/inviolabilità dei confini nazionali. Il secondo è la regola, il primo l’eccezione. In tale contesto, il caso tibetano è paradigmatico. Il problema cruciale non è più l’indipendenza bensì l’interdipendenza. Al momento non vedo soluzioni praticabili ma è importante provare a proporre. Il recente congresso mondiale degli uiguri ha imitato i tibetani, perorando non più l’indipendenza ma una “genuina autonomia”. In Cina si è avuta notizia nell’ultimo anno di ben 120 rivolte “economiche”, promosse dagli esclusi dal boom. E’ incontestabile che dopo le Olimpiadi di Pechino la situazione in Tibet sia peggiorata.
Io sono di origine istriane; l’Istria, con i suoi 400.000 abitanti, è scomparsa, il sogno è finito. E questo vale per tanti popoli in tutto il mondo.
In tale contesto, l’autonomia è l’unica strada percorribile.”.
Tseten S. Chhoekyapa (rappresentante del Dalai Lama per il Sud-Europa):
“L’hanno già detto altri ma devo ripeterlo: i tibetani non chiedono l’indipendenza ma una genuina autonomia. Oggi, 20° anniversario dell’assegnazione del Premio Nobel per la Pace al Dalai Lama, il Tibet sta vivendo il momento più difficile della sua storia. Siamo ormai minoranza all’interno del nostro Paese.Le parole di nonviolenza di Sua Santità diventano sempre più difficili e sempre più preziose.L’anno scorso il Dalai Lama ha presentato ai cinesi il “Memorandum”, che non contraddice assolutamente la Costituzione e le leggi di Pechino. Rispetto al problema della lingua, chiediamo la parità di trattamento fra la nostra lingua e il mandarino. Rispetto alle migrazioni di coloni han, non chiediamo nessuna espulsione ma la regolamentazione dei flussi, come accade, per esempio, ad Hong Kong (dove i cinesi hanno bisogno di un “visto speciale” per risiedervi). Sì alla libertà religiosa ma tenendo sempre presente che la comunità tibetana ha istituzioni politiche laiche, un primo ministro e un parlamento eletto democraticamente. Vi ringrazio per quanto fate; ogni piccola iniziativa serve ed ha riscontro positivo in Tibet”.
Bruno Mellano (Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito):
“Noi non ci vogliamo sostituire al Dalai Lama, vogliamo semplicemente assecondare il progetto dei tibetani. Siamo passati da trattative segrete cino-tibetane alla redazione pubblica di un documento, il Memorandum, che è un progetto politico; un testo scritto che codifica le richieste dei tibetani. In questi nove anni di attività abbiamo verificato che gli enti locali hanno più libertà d’azione rispetto ai governi nazionali, di qualsiasi colore essi siano, e rispetto all’Unione Europea, dove vige una ferrea realpolitik. Pechino deve finalmente accettare il fatto che il Dalai Lama non è il problema ma parte indispensabile della soluzione del problema. L’anno scorso siamo riusciti ad organizzare al Parlamento Europeo l’audizione di uno dei due mediatori tibetani; il PE aveva invitato pure i cinesi, che non si sono presentati. Il Tibet può fare da battistrada alle 55 minoranze presenti in Cina, prove ne sia che anche gli uiguri hanno abbracciato la scelta nonviolenta. L’anno scorso, il Dalai Lama, a a Venezia (dove è stato insignito della cittadinanza onoraria), ha visitato la Biblioteca Marciana, che ospita anche una mappa della Cina risalente all’epoca di Marco Polo; la mappa riporta ben visibile l’indicazione del “Tibet”, confutando senza ombra di dubbio le pretese cinesi.
Occorre riprendere l’intuizione, prima di Gandhi e poi attualizzata da Marco Pannella, di un grande Satyagraha per il Tibet, sapendo che il tempo stringe; in questi giorni, 500 giovani tibetani inneggiano, nella regione tibetana del Cam, all’indipendenza; Pechino deve convincersi che il Dalai Lama è una risorsa di moderazione, per evitare l’esplodere di una violenza incontrollata.
Noi non abbiamo mai fatto accademia ma iniziativa politica. Non dobbiamo arrenderci alla realpolitik ma dobbiamo conquistare nuove regole condivise da tutti, anche dai cinesi.”.
Torino, 10 dicembre 2009
Manfredi (348/5335305)
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