- Dichiarazione di Marco Pannella e di Michele De Lucia, Tesoriere di Radicali italiani
Sul terreno delle pensioni ancora una volta, e in particolare da parte dei sindacati, si usano la disinformazione e la demagogia, pur di non far conoscere ai cittadini italiani la realtà dei fatti.
E i fatti sono questi: è vero che dal 1° gennaio 2010 chi andrà in pensione riceverà un assegno più leggero di alcuni punti percentuali. È altrettanto vero, tuttavia, che questo non è altro che il prezzo da pagare al veto che i partiti della partitocrazia, e soprattutto i sindacati, hanno posto su ogni ipotesi di riforma delle pensioni che andasse nella direzione di un prolungamento della vita lavorativa: la partitocrazia e la sindacatocrazia producono povertà.
Delle due l’una: o si fa una grande riforma delle pensioni, quella proposta dai radicali, favorendo con diversi strumenti – e il più possibile su base volontaria – l’innalzamento dell’età pensionabile, e allora vi saranno risorse sufficienti per intervenire sulle pensioni più basse (come all’inizio degli anni Ottanta, quando una campagna radicale portò all’aumento delle pensioni minime) e per riformare il welfare in senso universalistico, o si mantengono questi coefficienti, e le pensioni saranno più povere.
Abbiamo sin dall’estate scorsa depositato in entrambi i rami del Parlamento, con l’identico testo, una proposta di legge radicale, con primi firmatari Pietro Ichino al Senato e Giuliano Cazzola alla Camera, che consentirebbe di sperimentare per tre anni la prosecuzione volontaria dell’attività lavorativa oltre i limiti di età attualmente previsti. Sarebbe l’occasione per un grande dibattito nel Paese, che metterebbe i cittadini nella condizione di, finalmente, conoscere per deliberare. L’alternativa è, per partiti e sindacati, continuare a vivere delle proprie rendite di posizione, costringendo gli italiani ad essere sempre più poveri, quando sarebbe possibile il contrario.
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