L’Aquila, 19 mesi dopo

L'Aquila

(intervento al Congresso dei Radicali Italiani, Chianciano 30 ottobre 2010 di Paolo Della Ventura).

Amiche ed amici dei Radicali Italiani, porto in questa sede, il saluto ed i ringraziamenti dell’Assemblea dei Cittadini aquilani, e di tutta L’Aquila, per non aver dimenticato la nostra città ed i nostri territori, tuttora in ginocchio, dopo quasi 19 mesi dal Terremoto.
Partirò dalla fine, e capirete a breve perché: il 20 novembre prossimo ci sarà a L’Aquila una manifestazione nazionale, per la quale siamo in piena fase organizzativa, per gridare ancora una volta al Paese quelle che sono le nostre richieste. Che poi sono soltanto e semplicemente la ripetizione di nostri diritti e non la richiesta di elemosina di stato. Diritti: diritto alla casa, diritto al lavoro, diritto ad una vita normale, diritto –soprattutto- al futuro, nostro e dei nostri figli e nipoti.
Qualcuno di voi, i vostri dirigenti, in particolare, è stato a L’Aquila, nel Direttivo del partito che si è tenuto in estate, e ha potuto constatare in prima persona e con i propri occhi quello che era ed è oggi la città.
Ad oggi (secondo l’ultimo report della Struttura per la Gestione dell’Emergenza, del 26 ottobre scorso), sono 41.242 le persone assistite nel Comune dell'Aquila e nei 55 Comuni del cratere, ossia gli sfollati, persone cioè che non sono più (o non ancora rientrati) a casa loro. 14.953 sono le persone beneficiarie del contributo di autonoma sistemazione 23.385 le persone che abitano in situazioni alloggiative fornite dallo Stato (Progetto C.A.S.E., Moduli Abitativi Provvisori e affitto concordato), 2.461 persone in strutture ricettive e 443 nelle caserme all'Aquila. (In realtà sono circa 47.000, visto che quasi 6.000 persone non sono più ricomprese nella autonoma sistemazione perché non hanno presentato la documentazione richiesta). Su un totale di popolazione residente pari a circa 70.000 abitanti. Solo questo potrebbe bastare a spiegare quello che è lo stato delle cose (o come una amara battuta che facciamo a L’Aquila, lo stato delle case…).
Potrebbe. Ma non basta. Il governo e la Protezione Civile Nazionale hanno ufficialmente fatto il passaggio delle consegne agli enti locali, al Commissario delegato per la Ricostruzione in particolare, il 31 gennaio. E da allora sentiamo a ripetizione ed in alternativa dal Presidente del Consiglio, dal Ministro di turno, dal Capo Dipartimento di Protezione Civile, che la responsabilità non è più la loro, che il governo ha fatto quello che doveva. Che c’è stato uno sforzo senza precedenti, che hanno ricostruito un’intera città per chi era senza casa (Berlusconi in un’intervista a Le Figaro, a metà settembre), che i soldi ci sono ed è colpa del sindaco e degli enti locali che non li sanno spendere. Niente di più falso.
Intanto, c’è stato un passaggio soltanto fittizio di consegne: le responsabilità non possono essere trasferite senza trasferire potere decisionale; a sua volta il potere decisionale non può essere davvero tale, senza i mezzi per poterlo esercitare, mezzi tecnici e finanziari. Il 31 gennaio la Protezione Civile si è defilata. Ma non sono cessate le Ordinanze della Presidenza del consiglio dei ministri, targate Protezione Civile. L’ultima è di qualche settimana fa, che ha scatenato polemiche e malumori notevoli: in particolare la nomina di un ulteriore vicecommissario, senza avere delineato bene compiti ed attività (nel caso di specie, una persona assai discussa da gran parte della cittadinanza, per trascorse attività cittadine); un gruppo interministeriale di lavoro con membri di Presidenza del consiglio, della Protezione Civile e di quattro ministeri. Il tutto, immerso in una ordinanza infarcita di terminologia quale “superamento dell’emergenza, nomina per tutta la durata dello stato di emergenza e così via…”. Emergenza che, è evidente, a L’Aquila non è mai finita, se non nelle parole espresse dal governo e dalla Protezione Civile nazionale, da nove mesi. I fatti veri, le situazioni reali dicono tutt’altro. E comunque, anche se fosse vero che non c’è più responsabilità tecnica (ma alla luce di quanto delineato, così non è), il capo del Dipartimento Nazionale di Protezione Civile, dottor Guido Bertolaso, è anche sottosegretario alla Presidenza del consiglio. Quindi aveva, ha e avrà la responsabilità politica di quello che è successo o meno, di quello che è stato fatto o non è stato fatto. Responsabilità politica.
Il terremoto dell’Aquila ha segnato una nuova forma di governo sperimentale della popolazione: il Comando e Controllo, che unitamente alla strategia del Dìvide et Impera, ha svuotato completamente di contenuti quello che negli altri terremoti precedenti, (a partire da quello del Friuli per arrivare a quello dell’Umbria e delle Marche) ha caratterizzato il processo di Ricostruzione: la partecipazione attiva ed il potere decisionale affidato agli enti locali. Dai metodi paramilitari della gestione dei campi di accoglienza e delle tendopoli, della prima fase dell’emergenza, siamo passati alla logica dell’attuale fase del commissariamento. Un sistema che finora si è dimostrato assolutamente inadeguato e fallimentare: le decisioni vere arrivano sempre dall’alto, dal governo e dalle sue derivazioni. Scelte imposte e quasi sempre inadeguate. Bisogna assolutamente superare questa fase per dare poteri, reali, a chi il territorio lo conosce, ne conosce le peculiarità e le criticità: gli enti locali. Quasi un mese fa il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, si è dimesso dalla carica di vice Commissario, lamentando una confusione di direttive da parte del governo. Già da febbraio era diventato bersaglio di scarico di responsabilità da parte del governo e della protezione civile. Dopo le dimissioni, addirittura, è arrivata una velata minaccia dalla protezione civile, con una nota ufficiale pubblicata sul sito qualche settimana fa, nella quale si legge che “la nuova linea del sindaco dell’Aquila sarà certamente causa di rallentamento delle attività della ricostruzione, del quale dovrà assumersi le responsabilità.” Tutto questo non è più accettabile.
Ordinanze dicevo. Uno dei principali problemi del dopo terremoto. Perché equivalgono ad una normativa in deroga a tutte le leggi e sottratta in buona parte al controllo della Corte dei Conti. E quello che lamentiamo a L’Aquila è una mancanza di una legge organica, dopo quasi 19 mesi. Ossia norme certe, che disciplinino tutti gli aspetti della Ricostruzione, quella vera, quella con la R maiuscola. Per il precedente terremoto di Umbria e Marche, la legge è arrivata ben prima di un anno. Ed è per questo motivo, visto che il Governo non l’ha fatta, (ed il Parlamento è invece spesso chiamato a discutere e legiferare su problemi e questioni legate a problematiche che con l’interesse del Paese non hanno nulla a che vedere), la legge ce la stiamo scrivendo da soli: sta per uscire nei prossimi giorni, la legge di iniziativa popolare da presentare in Parlamento per la ricostruzione dell'Aquila e dei territori del cratere. Legge che dovrà disciplinare con norme certe la piattaforma di punti che stiamo chiedendo da oltre un anno, ed in particolare dalla primavera scorsa:
 
Fondi per la Ricostruzione, certi e costanti nel tempo; 
Misure economiche vere per il rilancio dell’economia del territorio: sospensione dalla restituzione delle tasse (parificata comunque ad altri precedenti. Se non cambierà qualcosa dovremo restituire il 100% del sospeso tra due mesi, il 1 gennaio 2011, cioè a meno di due anni dall’evento calamitoso); sospensione dei pagamenti di tutte le forme di finanziamento (mutui, prestiti, leasing etc..., che sono ripresi a correre dal 1 luglio scorso, compresi i mutui sugli edifici inagibili), fino alla ripresa reale dell'economia locale; misure di sostegno all'occupazione e alle famiglie; misure di sostegno per le imprese, in particolare la Zona di Rilancio Economico; 
semplificazione e trasparenza.
E’ per reclamare questo che ci siamo presi le manganellate a Roma, il 7 luglio.
 
Serviranno 50.000 firme, in tutto il territorio nazionale, per poterla presentare. E chiederemo il sostegno di tutto il Paese e tutte le forze che vorranno aiutarci davvero, anche ovviamente quella del Radicali Italiani.
 
Amiche ed amici, a L’Aquila e nei comuni del cratere sismico, la popolazione, le famiglie, i lavoratori, le imprese, sono sull’orlo del collasso. Il terremoto che il 6 aprile 2009 ha distrutto gran parte del patrimonio immobiliare ed artistico, ha lasciato posto ad un altro terremoto in corso e che è appena iniziato: e questo, molto più grave. Sta distruggendo la socialità, l’economia, sta sgretolando il nostro futuro, giorno dopo giorno, ora dopo ora.
 
Concludendo, mi ricollego con quanto detto all’inizio. E, nel ringraziare tutti voi di questo spazio che ci avete voluto dare, lancio a voi prima, ed a tutto il Paese poi questo appello:
 
L’Aquila chiama Italia
Perché la ricostruzione dopo  18 mesi di promesse è FERMA;
L’Aquila chiama Italia
perché aumentano solo  disoccupazione e cassa integrazione;
L’Aquila chiama Italia
perché chiede una legge organica sulla ricostruzione:  fondi  certi, restituire le tasse come è stato fatto per altre emergenze;
L'Aquila chiama Italia 
perché già oggi stiamo ripagando i mutui sulle nostre case ancora distrutte;
L’Aquila chiama Italia
Perché ogni problema non può essere affrontato come un’emergenza da commissari straordinari;
L’Aquila chiama Italia
Perché nel nostro Paese si investano risorse pubbliche sulla prevenzione e messa in sicurezza del territorio per evitare altre  tragedie;
L’Aquila chiama Italia
Perché alcune persone non possano più ridere sulle nostre tragedie  pensando ai loro profitti;
L’Aquila chiama Italia
perché anche qui  la crisi economica e le politiche scellerate costringono i nostri giovani ad abbandonare il loro territorio;
L’Aquila chiama Italia
Perché   bloccare  un federalismo egoista che  non vuole trovare   risorse necessarie per la ricostruzione;
L’Aquila chiama Italia
Perché la nostra Città è un Bene Comune di Tutto il Paese
L’Aquila chiama Italia
Perché i cittadini possano finalmente  partecipare alla scelte che riguardano la loro vita;
L’Aquila chiama Italia
Perché ci stanno TOGLIENDO IL FUTURO.
 
Gli aquilani  vivono, nell’epicentro della crisi, gli stessi  problemi che assillano tutti i cittadini italiani.
Da qui lanciamo un appello a tutti  quelli che ci  sono stati vicini:
ai vigili del fuoco, alla base del volontariato della protezione civile, ai sindaci e rettori della regione, agli studenti delle università, a tutti quelli che nel nostro paese lottano in difesa dei propri territori (come i cittadini di Terzigno, gli operai di Pomigliano, i pastori sardi, solo per citare quelli più recenti); i lavoratori, gli insegnanti, i precari che ogni giorno si battono per i propri diritti, a tutte le forze sindacali e sociali, agli imprenditori, al "popolo delle partite iva", al mondo dell’associazionismo e del volontariato, a chi crede che le cose possano e debbano cambiare con la partecipazione attiva dei cittadini.
 
La nostra lotta è quella di tutti i cittadini italiani.
Per la crisi economica non si possono sacrificare i nostri e i vostri  diritti.
 
VI ASPETTIAMO TRA LE NOSTRE MACERIE.
MANIFESTAZIONE NAZIONALE
L’AQUILA, SABATO 20 NOVEMBRE 2010 – ORE 14.00
 
Grazie a tutte e tutti voi, a nome di tutti noi.
 
 
 

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