Int. a G. Meloni - "Doppia morale Pd, blaterano di donne, poi le ghettizzano"
Il centrosinistra ha confinato le donne in una ridotta del 14,2% nelle Regioni. «E dov’è la novità?». Il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, non fa una piega di fronte al dato delle elette del Pd alle Regionali 2010. «Si ergono a paladini del mondo femminile e poi sono i primi a ghettizzarlo». Lo scarso numero di scranni rosa nell’ala sinistrorosa dei Consigli regionali, insomma, per lei è una non notizia. «Abbiamo esempi a non finire: la loro presunta battaglia in difesa delle donne non trova riscontro nella realtà, che invece vede il centrodestra in prima linea. La sinistra non fa che riempirsi la bocca di parole, ma alla prova dei fatti è il PdL che ha dimostrato attenzione per le donne».
Sentiamo i fatti.
«Alla Regione Lazio c’è una legge che prevede un 50% di presenza femminile nel listino e un 30% nella giunta. Legge che è stata fatta quando governava il centrodestra».
È favorevole alle quote rosa?
«Possono funzionare come misura transitoria. E vero che le donne sono penalizzate sia in politica che nel mondo del lavoro, dove incontrano il triplo delle difficoltà rispetto agli uomini. Quindi le quote rosa possono essere utili, purché siano solo l’inizio di un percorso e non diventino il solo strumento per affrontare la questione della rappresentanza femminile. Quello della presenza delle donne in politica non è solo un problema, di quantità ma di qualità».
Allora le donne in politica ci sono ma scarseggia la qualità?
«Non mi permetterei mai di dire una cosa simile. Mi riferisco alla, qualità della rappresentanza. Il problema non sono solo i numeri ma quanta possibilità si dà, alle donne di misurarsi con ruoli di responsabilità. Noi abbiamo più volte rivendicato al centrodestra di voler investire sulle donne mettendole a capo di una, struttura o di un’istituzione. La, sinistra si ammanta di voler dare il potere alle donne, ma è il centrodestra che ha dimostrato di volerle valorizzare veramente».
E allora perché Berlusconi le ha candidate nelle Regioni rosse?
«Oggi c’è una donna alla presidenza di una Regione tutt’altro che secondaria, il Lazio».
Ma le altre tre sono state piazzate in Toscana, Umbria ed Emilia Romagna, dove hanno perso.
«Lì abbiamo scelto le persone più spendibili. Attenzione anche a fare la retorica al contrario: tolgo Roberto Formigoni per fare spazio a una donna. É demagogia reclamare a tutti i costi una candidatura femminile dove è più capace un uomo. Nel Lazio siamo stati noi i primi a voler spendere un candidato donna e la sinistra ci è venuta dietro con la Bonino. Ma poi, i dati parlano chiaro: le loro don-
ne elette sono solo il 14,2%».
Anche il PdL non si è sprecato.
«Il 20,5% è comunque più del 14,2%. Alle Regionali c’è il sistema delle preferenze, per cui un partito candida delle persone, dopodiché gli elettori scelgono».
Ok, ma il numero delle elette cresce in proporzione a quello delle donne che vengono candidate. Lei è soddisfatta del 20,5% di presenze femminili nei consigli regionali targate PdL?
«Il mio sogno è dare il 50% alle donne, ma non imponendolo. È sbagliato ritenere che una persona sia migliore per il semplice fatto di essere donna».
Sta dicendo che occorre una riforma elettorale per dare più spazio alle donne in politica?
«A me interessa una classe dirigente di qualità. E per ottenere questo, le soluzioni sono due: dare il più possibile facoltà di scelta agli elettori e dare priorità assoluta alla meritocrazia, che per noi è il principio cardine da cui partire».
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