Cosa propone, oggi, l’attivissima Marcegaglia: un grande appello affinché “il Paese si unisca e non si divida per varare un grande taglio della spesa pubblica improduttiva”.
Il taglio della spesa pubblica improduttiva sarebbe limitato a: accorpamento di prefetture e province, razionalizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione.
In cambio di cosa? Di sgravi fiscali per dare vita a un fondo che aumenti il capitale delle piccole e medie imprese con incentivi a imprese e banche che partecipino a questo fondo.
Solo questo? Si.
Tagli e sgravi, non sono riforme di struttura ma misure contingenti di nessun respiro.
La spesa pubblica improduttiva deve essere certamente ridotta, ma non per questa via. E’ necessario mutare l’attuale assetto giuridico-economico del Paese, a partire dall’introduzione di un sistema di welfare to work e la riforma del sistema pensionistico, passando per la riorganizzazione dell’intero comparto pubblico, non solo quello statale, e la trasformazione della intera manovra di bilancio e finanziaria, oggetto di tanti attriti attuali.
Nel 2007 proponemmo un pacchetto di proposte economiche contenute in oltre 50 atti parlamentari che comprendevano proposte organiche per la riforma del sistema Italia. Persino alcune delle proposte ripetute oggi dalla Marcegaglia erano lì formulate.
Le proposte enunciate possono dirsi riforme? No perché esse o sono organiche, o non sono.
Rimangono piccole e opportunistiche proposte eterogenee e disarmoniche, al massimo delle intenzioni di riforma.
Ebbene, le intenzioni non contano nulla, conta solo quello che si fa.
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