Di Girolamo, il lamento dal carcere "Qui dentro condizioni inumane"
La deputata radicale Rita Bernardini ieri, al suo sesto giorno di sciopero della fame "per porre l'attenzione sul drammatico problema del sovraffollamento delle carceri", s'è recata al carcere romano di Rebibbia per un'ispezione. Ha incontrato Massimo Papini, l'amico di Diana Blefari (la neobrigatista condannata per concorso nell'omicidio Biagi, suicidatasi in cella 2 lo scorso primo novembre) che, urlando la sua innocenza dopo sei mesi di isolamento, le ha chiesto aiuto "per avere un fornelletto e libri da leggere". Quindi, dopo la visita a un detenuto malato di Tbc e Aids (che per la deputata radicale "dovrebbe stare in ospedale per essere curato: chiederò spiegazioni al ministro della Giustizia con un'interrogazione perché prima di rimanere solo sia stato messo insieme ad altri detenuti rischiando di infettarli"), l'onorevole Bernardini è entrata nella cella del senatore Di Girolamo.
Ancora in isolamento, l'ex politico s'è presentato quasi irriconoscibile, la barba incolta e i capelli lunghi. E s'è lamentato infatti per prima cosa della mancanza del barbiere in prigione. "Sono tre settimane - ha detto Di Girolamo all'onorevole Bernardini - che non posso tagliarmi i capelli e sistemarmi la barba perché il barbiere non c'è". Ispettore e vicedirettrice presenti alla visita confermano, la persona che si occupava di questo reparto, dicono, se ne è andata e in generale c'è una penuria di barbieri in tutte le sezioni. "Ma in questo modo - aggiunge l'ex senatore - ne va della dignità della persona! Come posso presentarmi ai colloqui con i familiari o con l'avvocato in modo così trasandato?". I familiari, la moglie e i figli, sono il pensiero che ossessiona Di Girolamo. "Sono rimasti senza soldi - si sfoga - mi hanno sequestrato tutti i conti, compreso quello del Senato sul quale veniva accreditato lo stipendio da parlamentare e attraverso il quale pagavo le bollette e il mutuo. In casa ero io a occuparmi di queste cose, come faranno ora a vivere mia moglie e i miei figli se non hanno la possibilità di accedere ad alcun conto corrente?". "Come farò - si dispera - a fare la dichiarazione dei redditi?".
Di Girolamo è l'ombra dell'uomo dal fare spavaldo che era dopo la sua elezione a Palazzo Madama con i voti degli italiani all'estero dove però, secondo gli investigatori, lui non aveva mai risieduto. Indossa una tuta e, sopra una felpa, un gilet blu imbottito. "In carcere - ricorda alla parlamentare - ci sono arrivato nel modo peggiore, in giacca e cravatta. La prima cosa che la polizia penitenziaria ha fatto, al mio ingresso, è stata sequestrarmi la cravatta. Dopodiché mi sono reso conto che quel che mi ero portato da casa era inservibile. Oggi, con l'esperienza che ho maturato a mie spese, mi sento di poter consigliare, agli incensurati che stanno per fare il loro ingresso in carcere, il kit del detenuto. Mettete per prima cosa in borsa una tuta da ginnastica, non portatevi la schiuma da barba perché qui è proibita, essendo permessa solo la crema".
Il tempo, si sa, non passa mai in una cella, soprattutto se si è soli. Di Girolamo se n'è accorto subito. "Conto ogni minuto della giornata che passo chiuso qui dentro - dice - sono 1440 al giorno, in attesa di conoscere il mio destino, senza sapere cosa mi accadrà e quando, perché nessuno mi dice nulla". Inganna quei 1440 minuti leggendo le carte processuali, un mucchio di 1800 pagine impilate sul letto. "Ogni mattina leggo quattro quotidiani, li divoro, poi un libro e mezzo al giorno. Ma non scrivo mai, non ci riesco neppure a mia moglie. Mi angoscia scrivere dal luogo in cui mi trovo, nella condizione in cui sono. Imprigionato in questa cella, pensando ai quegli indimenticabili giorni passati al Senato".
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