Dichiarazione di Irene Testa, Segretario dell’associazione Radicale Il Detenuto Ignoto
Chiaramente, i magistrati che indagano su chi e quanto abbia determinato il decesso di Stefano Cucchi, il giovane tratto in arresto il 15 ottobre scorso, verosimilmente pestato a morte mentre era sotto la tutela della giustizia, in assenza di un reato specifico non possono che procedere per omicidio, che in attesa di individuarne autori, movente e circostanze, si azzardano a far rientrare nella fattispecie della preterintenzionalità.
Stando a quanto ratificato in sede Onu dall’Italia nel 1988, invece, il reato da individuarsi potrebbe essere più verosimilmente quello di tortura, ancora, a oltre 20 anni dalla firma della Convenzione, non presente nell’ordinamento italiano. Questo nonostante i periodici richiami da parte dell’Onu stessa, dell’Unione Europea, di tanta parte della società civile, e nonostante diverse iniziative parlamentari che ancora, però, non hanno visto raccogliersi un consenso sufficiente per portare il Paese, meglio tardi che mai, al rispetto dei suoi impegni internazionali.
Se ora l’indignazione bipartisan che si è sollevata attorno al caso del giovane Cucchi è genuina e sincera, come ci si augura, allora può e deve essere assolutamente tentato di costruire quel consenso che finora è mancato, e far sì che Governo e Parlamento, finalmente, in tempi rapidi, possano lavorare per colmare un vuoto che, anche alla luce delle ultime drammatiche vicende, non può avere, se mai ne ha avuto, più ragione di esistere.
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