- Dichiarazione di Irene Testa e Lucio Bertè
Il caso di Stefano Cucchi non è isolato, come sanno quanti in questi anni hanno ascoltato i racconti fatti a mezza bocca dai detenuti nelle visite ispettive effettuate nelle carceri per dovere istituzionale.
Si impone una svolta decisa per uscire dall’illegalità e dall’ipocrisia. Occorre che lo Stato riconosca che tra le Forze dell’Ordine, nelle caserme e negli Istituti di detenzione e pena, assieme ad operatori simili a quella sorta di assistenti sociali che entrano nelle case e nell’immaginario degli italiani attraverso le serie televisive, esistono soggetti inclini alla violenza e al sopruso, sinora tollerati e coperti perchè funzionali al “carcere reale”, realtà parallela e inconfessabile perchè illegale. I violenti sono lo strumento della brutale punizione fisica, extragiudiziale e incostituzionale, per spezzare la volontà e negare l’individualità di quanti finiscono come carne umana da macello nel tritacarne degli apparati giudiziari e poi nel carcere come discarica sociale. Essi convivono con i nonviolenti, che riconoscono nei detenuti persone titolari della loro dignità umana e di alcuni fondamentali diritti residuali, di non poco peso, come il diritto alla salute, all’istruzione, al lavoro, ai rapporti affettivi, e infine, come cittadini, utenti di un servizio pubblico in uno Stato di Diritto.
La moneta cattiva scaccia la buona. Occorre che queste due realtà vengano allo scoperto e arrivino allo scontro finale, occorre che lo Stato dichiari da che parte stare e se non sia ormai urgente attivare gli organismi di controllo sulla incolumità dei cittadini nei luoghi ove sono legittimamente ristretti e temporaneamente privati della loro libertà. Sono quelli previsti dal II° Protocollo facoltativo aggiuntivo alla Convenzione ONU contro la Tortura il cui scopo “è l’istituzione di un sistema di visite regolari svolte da organismi indipendenti nazionali e internazionali nei luoghi in cui le persone sono private della libertà, al fine di prevenire la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti”.A livello internazionale, un Sottocomitato del Comitato contro la tortura, di 25 personalità indipendenti, lavora in collaborazione con le istituzioni nazionali, ma ha poteri ispettivi universali dei luoghi di detenzione, carceri, stazioni di polizia, caserme dei carabinieri, centri di permanenza per stranieri, senza alcuna esclusione neanche per quanto riguarda le aree di guerra. Il Protocollo è stato adottato all’ONU il 18 dicembre 2002. Si applica solo agli Stati che lo ratificano, ed è entrato in vigore il 22 giugno 2006 alla 20^ ratifica.
Gli Stati che hanno ratificato ad oggi sono 51, e tra questi non c’è l’Italia che,come sempre, ha apposto la sua firma tra i primi, (agosto 2003) ma, come sempre, attende lunghi anni prima di ratificare e dare esecuzione a quello che firma. In Parlamento ci sono vari DDL che passano da una legislatura all’altra, sostenute da Organizzazioni come Amnesty International, Antigone, Radicali Italiani, ecc.
Chiediamo che la memoria di Stefano Cucchi e degli altri “detenuti ignoti” caduti (dalle scale...) sia onorata con la ratifica e l’esecuzione del II° Protocollo aggiuntivo alla Convenzione ONU contro la tortura.
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