Carceri: Nuova interrogazione dei Radicali sulle gravi condizioni del carcere di Sulmona

La delegazione Radicale nel gruppo parlamentare del Pd alla Camera ha presentato un’interrogazione al Ministro delle Giustizia sulle condizioni del carcere di Sulmona, alla luce delle due visite ispettive tenute da Rita Bernardini – membro della commissione Giustizia e prima firmataria dell’interrogazione – nei giorni 16 e 24 gennaio u.s..
Come rilevato da Rita Bernardini, l’istituto è soggetto a un grave stato di sofferenza per il sovraffollamento e per la carenza di personale, che si ripercuotono sull’intero funzionamento della struttura, mettendo in luce un generale profilo di illegalità rispetto alle norme vigenti. Il forte deficit, a fronte di quanto previsto dalla pianta organica, non riguarda solo la polizia – la cui situazione si appresta tuttavia ad aggravarsi in vista delle elezioni amministrative che vedranno impegnati, e quindi in congedo, ben 45 agenti – ma coinvolge tutte le figure
professionali addette all’assistenza e al trattamento dei detenuti.
Particolari elementi di criticità emergono all’interno della Casa Lavoro, che accoglie ex detenuti che lo Stato ritiene socialmente pericolosi e che scontano misure di sicurezza detentive alternative. Qui, invece, gli internati sono praticamente soggetti a una detenzione vera e propria nonostante la legge preveda per le Case Lavoro strutture ad hoc e un trattamento diverso, oltre al diritto/dovere di lavorare che però a Sulmona è garantito solo a pochi e per poche ore mensili. Tutto ciò fa sì che da tempo le principali organizzazioni sindacali di categoria chiedano la chiusura della Casa lavoro di Sulmona o il trasferimento immediato di almeno cento internati. Inoltre, nonostante l’ordinamento giuridico italiano ed il regolamento penitenziario prevedano che i condannati in via definitiva all’ergastolo debbano scontare la pena in un istituto penale e all’interno di celle singole, a Sulmona alcuni di questi detenuti si trovano spesso a condividere la cella con un’altra persona anche
condannata a pene inferiori.
I deputati Radicali, dunque, chiedono al Ministro della Giustizia di sapere, tra l’altro, se non intenda provvedere all'immediata chiusura della casa di lavoro di Sulmona, o quanto meno, ridurne gli ospiti alla capienza regolamentare prendendo nel contempo le opportune iniziative per rivedere la sua organizzazione e funzionalità; se, più in generale, non ritenga opportuno assumere le opportune iniziative normative volte ad introdurre una maggiore restrizione nell’applicazione delle misure di sicurezza a carattere detentivo, magari sostituendo al criterio della «pericolosità» (ritenuto di dubbio fondamento empirico) quello del «bisogno di trattamento»; quali misure straordinarie intenda adottare al fine di potenziare l’organico degli agenti di polizia e se non ritenga opportuno aumentare l'organico di educatori, psicologi e assistenti sociali in servizio a Sulmona, adeguandolo al numero dei reclusi; se e quali provvedimenti urgenti il Ministro intenda adottare per rendere la condizione di detenzione degli ergastolani conforme alle norme
dell’ordinamento giuridico e penitenziario. Chiarimenti e interventi vengono inoltre richiesti per la drammatica situazione sanitaria che in molti denunciano come assolutamente inadeguata, soprattutto per l'alto numero di casi psichiatrici e di tossicodipendenti.
 
 
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
 
Al Ministro della Giustizia
Per sapere - Premesso che:
 
la prima firmataria del presente atto si è recata in visita ispettiva presso il carcere di Sulmona in due occasioni, a distanza ravvicinata una dall’altra: la prima, avvenuta il giorno 16 gennaio, è stata eseguita insieme a Giulio Petrilli, responsabile provinciale del Dipartimento diritti e garanzie del PD; la seconda, svoltasi domenica 24, ha visto la presenza, oltre del citato Petrilli, anche dell’avv. Alessandro Gerardi;
 
la prima visita è stata guidata dal dott. Stefano Liberatore, vice direttore dell’Istituto, la seconda dal Direttore, Dott. Sergio Romice;
 
nel corso di entrambe le visite ispettive, protrattesi per diverse ore, sono state verificate, in particolare, le condizioni di detenzione degli internati reclusi nella Casa Lavoro nonché delle persone ristrette nei circuiti Alta Sicurezza 1 e 3 e della Casa di Reclusione che ospita i detenuti condannati in via definitiva;
 
nella Casa di Lavoro, a fronte di una capienza regolamentare di 75 posti, gli internati presenti sono 196; nel circuito Alta Sicurezza 1, invece, i detenuti presenti sono 37 (18 nel lato “A” e 19 nel lato “B”), mentre nel circuito Alta Sicurezza 3 sono 95 (45 nel lato “A” e 40 nel lato “B”);
 
più in generale, nella casa di reclusione di Via Lamaccio sono ubicate 490 persone a fronte di una capienza regolamentare di 250 detenuti; mentre dei 346 agenti di polizia penitenziaria previsti in pianta organica, ne sono stati assegnati solo 289, con una carenza quindi di 57 unità; lo stesso discorso vale per gli educatori: 8 sono quelli previsti in pianta organica, ma ne risultano assegnati solo 4;
 
quanto alla carenza degli agenti, questa diverrà insostenibile se saranno confermate le notizie comunicate all’interrogante secondo le quali più di 50 agenti si candideranno alle elezioni amministrative usufruendo del previsto congedo straordinario di 45 giorni;
 
da quando gli altri due istituti per internati di Castelfranco Emilia e di Favigliana hanno smesso di svolgere le loro funzioni di recupero sociale, in due anni Sulmona ha visto quadruplicare il numero degli ospiti internati, saliti da 50 a quasi 200, il che ha comportato, nella stessa sezione degli internati, un aumento, nel 2009, delle aggressioni agli agenti di polizia penitenziaria e, nei primi dieci giorni del nuovo anno, un suicidio e numerosi tentati suicidi;
 
la Casa lavoro di Sulmona accoglie persone che scontano misure di sicurezza detentive alternative al carcere vero e proprio. Si tratta di ex detenuti che lo Stato ritiene socialmente pericolosi, soggetti che secondo la magistratura di sorveglianza una volta liberi potrebbero tornare a delinquere. Soggetti che spesso arrivano da ospedali psichiatrici giudiziari, che hanno un vissuto fatto di alcol e droga, che si trascinano dietro situazioni familiari difficili, che in passato hanno avuto legami con la criminalità organizzata e che in gran parte provengono da Campania, Sicilia, Puglia e Lazio;
 
la casa di reclusione di Sulmona è strutturata per ospitare al più 75 internati, in celle di nove metri quadrati concepite per una persona. Nel corso del tempo si è arrivati invece a una capienza di duecento internati ristretti a gruppi di tre all’interno di celle ridottissime;
 
nelle quattro sezioni internati, è in servizio un solo agente per ogni turno di sei o otto ore. In pratica un agente di polizia penitenziaria sovrintende al controllo e alla vigilanza di circa cinquanta internati;
 
come tutti gli altri detenuti, anche gli internati devono sottostare al regolamento interno: hanno facoltà di passeggio in alcuni momenti della giornata, possono frequentare la sala hobby o la saletta di socialità e il campo sportivo. Nonostante la legge preveda che le Case Lavoro debbano essere adibite all’interno di strutture ad hoc, nel supercarcere di Sulmona gli internati vengono tenuti reclusi all’interno di un penitenziario che accoglie anche i detenuti sottoposti al regime dell'alta sicurezza;
 
a differenza degli altri detenuti, gli internati che hanno dato prova del loro buon comportamento, hanno la possibilità di ottenere 45 giorni di licenza in un anno e, soprattutto, hanno il diritto e/o l’obbligo di svolgere attività lavorative retribuite e socialmente sostenute. Ciononostante nel penitenziario di Sulmona non c’è lavoro per tutti; tutt’al più si lavora per un massimo di due ore, con buste paga che a volte vanno dai 20 ai 50 euro; ciò anche a causa della Finanziaria 2010 che ha tagliato quasi del 40% i finanziamenti alle attività lavorative svolte dai detenuti e dagli internati. Tutto ciò contrasta con l'articolo 20 della legge 26 luglio 1975, n. 354 - il quale prevede, tra l'altro, che “il lavoro è obbligatorio per i condannati e per i sottoposti alle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa lavoro» - sia dal comma 1 dell'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 - il quale stabilisce che «i condannati e i sottoposti alle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa lavoro, che non siano stati ammessi al regime di semilibertà o al lavoro esterno o non siano stati autorizzati a svolgere attività artigianali, intellettuali o artistiche o lavoro a domicilio, per i quali non sia disponibile un lavoro rispondente ai criteri indicati nel sesto comma dell'articolo 20 della legge, sono tenuti a svolgere un'altra attività lavorativa tra quelle organizzate nell'istituto”;
 
al netto del passeggio e della socialità, gli internati trascorrono il resto del loro tempo stipati e rinchiusi nelle celle, proprio come un detenuto che sta scontando una pena;
 
quasi i due terzi degli internati ha bisogno dello psichiatra, ciononostante nella struttura in questione presta servizio solo un professionista (operativo per sole 60 ore mensili); peraltro nell’area trattamentale conta gli stessi cinque educatori da venti anni e l’area sanitaria è in forte sofferenza tanto che non riesce a garantire cure adeguate; in pratica il rapporto tra operatori civili e internati è difficoltoso a causa dell'elevato numero di internati nella struttura;
 
da tempo le principali organizzazioni sindacali di categoria chiedono la chiusura della Casa lavoro di Sulmona o il trasferimento immediato di almeno cento internati;
 
sul carcere di Sulmona gli interroganti hanno rivolto una lunga e dettagliata interrogazione parlamentare al Ministro della Giustizia (n. 4-03276) chiedendo l’adozione da parte del Governo di alcuni provvedimenti e atti urgenti al fine quantomeno di riportare nella legalità la predetta struttura; ma al predetto atto di sindacato ispettivo, ad oggi, non è stata data alcuna risposta;
 
pur essendo il tema della riforma della giustizia e delle carceri al centro del dibattito politico, la questione delle case di lavoro continua ad essere ignorata da tutti, sicché occorre richiamare alle proprie responsabilità - anche su questo fronte - i soggetti che sovrintendono al funzionamento delle carceri;
 
nei circuiti Alta Sicurezza le attività trattamentali finalizzate alla risocializzazione della popolazione detenuta sono carenti: gli educatori in servizio sono appena quattro a fronte di una pianta organica che ne prevede otto; esiste un solo psicologo di ruolo che presta servizio per appena 40 ore mensili; le sale ricreative sono piccole e nessun corso di formazione è stato attivato quest’anno dalla Regione;
 
pressoché tutti gli ergastolani hanno riferito di non riuscire a incontrare l’educatore e che i tempi della cosiddetta “chiusura della sintesi” sono eccessivamente lunghi; il che molto spesso incide negativamente sulla concessione dei permessi premio;
 
nonostante l’ordinamento giuridico italiano ed il regolamento penitenziario prevedano che le persone condannate in via definitiva all’ergastolo debbano scontare la propria pena in un istituto penale e all’interno di celle singole; a Sulmona alcuni detenuti con il “fine pena mai” si trovano spesso a condividere la cella con un’altra persona, e molte di queste risultano condannate a pene inferiori;
 
come riscontrato dalla prima firmataria del presente atto, la sala colloqui del carcere di Sulmona è angusta, piccola ed in pessime condizioni e presenta ancora il muretto-divisorio che non consente adeguati contatti umani tra detenuti e familiari;
 
tutte le celle, oltre alle sbarre alle finestre, hanno un’ulteriore grata che riduce la luminosità; le docce di alcune sezioni sono a dir poco fatiscenti;
 
nonostante gli sforzi e la dedizione degli agenti, ad avviso dell’interrogante, con i mezzi messi a disposizione dell’amministrazione penitenziaria e tenuto conto dei tanti circuiti differenziati e del continuo arrivo di nuovi detenuti, è praticamente impossibile svolgere un’adeguata attività trattamentale:-
 
 
se sia conforme alle disposizioni normative che nella pratica attuazione la sottoposizione a casa di lavoro, almeno nel caso della struttura di Sulmona, non si differenzi dalla detenzione ordinaria;

se non intenda provvedere all'immediata chiusura della casa di lavoro di Sulmona, o quanto meno, ridurne gli ospiti alla capienza regolamentare prendendo nel contempo le opportune iniziative per rivedere la sua organizzazione e funzionalità;

 
se, più in generale, non ritenga opportuno assumere le opportune iniziative normative volte ad introdurre una maggiore restrizione dei presupposti applicativi delle misure di sicurezza a carattere detentivo, magari sostituendo al criterio della «pericolosità» (ritenuto di dubbio fondamento empirico) quello del «bisogno di trattamento»;
 
quali provvedimenti di carattere straordinario intenda adottare, sollecitare e promuovere, al fine di potenziare l’organico degli agenti di polizia penitenziaria assegnati presso la struttura penitenziaria abruzzese, ciò soprattutto in vista delle prossime elezioni comunali, quando si prevede che decine di agenti verranno posti in congedo straordinario per 45 giorni;
 
se il Ministro non intenda adottare gli opportuni provvedimenti al fine di aumentare l'organico degli educatori, degli psicologi e degli assistenti sociali in servizio presso il predetto istituto di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse;
 
se e quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di rendere le condizione di detenzione delle persone condannate all’ergastolo recluse all’interno dei circuiti Alta Sicurezza e Penale conforme alle norme e ai principi dell’ordinamento giuridico italiano e dell’ordinamento penitenziario;

se non ritenga di dover urgentemente disporre il completo rifacimento della vetusta ed obsoleta sala-colloqui presente nell'istituto di pena in questione in modo da garantire un miglior contatto umano tra detenuti e familiari.
 
 
 
 
 
 

 

 

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