Carceri: appello radicale per chiedere l’istituzione del garante delle carceri in Piemonte.

Oggi il Consiglio regionale del Piemonte proseguirà l’esame sul testo unificato delle proposte di legge n. 94 e n. 130 “Istituzione del Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale”. Le proposte derivano dalla proposta di legge presentata dai consiglieri Mellano e Palma – del Gruppo “Radicali – lista Bonino” - nella scorsa legislatura regionale. Emma Bonino e numerosi altri dirigenti radicali hanno rivolto un appello pubblico alla Presidente Mercedes Bresso affinchè si giunga al più presto all’approvazione del garante regionale delle carceri in Piemonte. Il testo dell’appello con i primi firmatari è riportato in calce al comunicato.

Dichiarazione di Bruno Mellano (Presidente di Radicali Italiani) e Igor Boni (Segretario dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta):
“Sulla drammatica situazione carceraria che i radicali monitorano e denunciano costantemente da decenni – in Piemonte e in Italia - occorre una svolta. Tra le nostre proposte che offriamo c’è quella dell’istituzione del Garante regionale delle carceri, una figura, che sappia interloquire con i vari attori, non solo i cittadini detenuti ma anche DAP, direttori delle carceri, agenti di polizia penitenziaria, educatori, medici, Aziende sanitarie, enti locali, volontari, in ognuna delle 13 carceri regionali, per sfruttare le sinergie positive e ridurre il danno che l’istituzione carceraria arreca, in modo consapevole o meno. Oggi, con Emma Bonino, chiediamo che finalmente il Consiglio regionale del Piemonte colga questa occasione storica, per rendere concreta la proposta che i Radicali hanno fatto da ormai 5 anni. La “questione carceri” può e deve vedere il convergere delle diverse posizioni su obiettivi concreti, andando oltre le facili strumentalizzazioni e le sterili contrapposizioni”.

APPELLO ALLA PRESIDENTE DELLA REGIONE PIEMONTE PER L’ISTITUZIONE DEL GARANTE REGIONALE DELLE PERSONE PRIVATE DELLA LIBERTA’
Ammoniva Voltaire: se vuoi conoscere davvero un Paese visitane le prigioni. Noi Radicali, da quando nel 1976 quattro nostri deputati entrarono in Parlamento, non abbiamo mai smesso di farlo, sino alle giornate di Ferragosto, quando ci siamo recati in 189 istituti sui 220 che formano il pianeta-carcere italiano. E’ stato un atto di sindacato ispettivo generalizzato e senza precedenti, per la contemporaneità della visita e il numero di senatori, deputati e consiglieri regionali, di ogni schieramento politico, che vi hanno partecipato. Alcuni entravano in carcere per la prima volta, ma quella visita è stata sicuramente istruttiva sullo stato di non-Diritto e non-Democrazia che vige nel nostro Paese, di cui le carceri sono lo specchio fedele e impietoso.
I detenuti sono ormai stabilmente oltre ventimila in più dei posti regolamentari. Viceversa, gli agenti di polizia penitenziaria sono almeno cinquemila in meno rispetto alla pianta organica, peraltro definita in tempi e situazioni di “normalità”. Siamo arrivati al punto che, in alcune prigioni, non bastano più neanche i letti a castello, che arrivano a un palmo dal soffitto, e sovente i direttori sono costretti a tenere un “registro dei materassi” per stabilire a chi tocca dormire sul pavimento.
Se il nostro fosse uno Stato di Diritto, si cercherebbero soluzioni all’insegna della legalità e del rispetto dei principi costituzionali sanciti dall’articolo 27 che proclama: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Per far fronte al sovraffollamento nelle carceri, basterebbe ad esempio applicare la legge “Gozzini” sulle misure alternative alla detenzione, una legge vilipesa, criminalizzata e ormai caduta in disuso nel nostro Paese, nonostante le statistiche dicano che le misure alternative sono lo strumento più efficace contro la recidiva e per una maggiore sicurezza sociale. Per far fronte al “sovraffollamento” nei tribunali, occorrerebbe una grande amnistia, decisa da una legge del parlamento e alla luce del sole, contro quella immonda amnistia clandestina e di classe che si chiama “prescrizione” .

Invece no. I tribunali hanno prodotto, solo negli ultimi dieci anni, due milioni di reati prescritti e sono ancora soffocati da undici milioni di processi pendenti, fra civile e penale, mentre in molte carceri i detenuti sono – è il caso di dire – “ristretti” in spazi spesso inferiori ai tre metri quadrati a testa. Ragion per cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo continua a condannare l’Italia per denegata giustizia e violazione dell’articolo 3 della “Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali” che vieta la tortura, ma anche le pene o i trattamenti inumani e degradanti.

Solo quest’anno, da gennaio ad agosto, nelle prigioni del nostro Paese sono morti “suicidi” 48 detenuti, e altri 78 sono morti di “malattia”, cioè di malagiustizia e malaprigione italiane. Nell’Italia di oggi, quindi, vige la tortura – una tortura “democratica” - e un tipo di pena di morte che non è comminata “di diritto” dai tribunali ma è praticata “di fatto” nelle carceri.
l record di detenuti e le condizioni di vita nelle strutture carcerarie sono parte integrante e sostanziale del “caso Italia”: la facile previsione è che tale record sarà ulteriormente superato grazie al nuovo reato di “immigrazione clandestina”, che incrementerà la già forte presenza (un terzo dei detenuti) di reclusi extracomunitari, i meno garantiti di tutti, non avendo la maggioranza di essi né risorse economiche da utilizzare durante la detenzione né quei contatti all’esterno necessari per usufruire delle misure alternative. Inoltre gli stessi Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE) si configurano come veri e propri luoghi di detenzione.
E, non dimentichiamolo, nelle nostre carceri oltre il 50% dei detenuti è in attesa di giudizio e circa la metà delle persone ristrette, ma in attesa ancora del giudizio di primo grado, sarà poi prosciolta o si vedrà prescritto il reato.
Ci appelliamo pubblicamente a Lei, Signora Presidente, perché auspichiamo voglia marcare questa fine di legislatura con una decisione di estrema attualità e di lungimirante prospettiva politica: una legge per l’istituzione del Garante Regionale dei Diritti delle persone private della libertà.
Nella nostra impostazione vorremmo che l’ufficio del garante – snello ed efficace - fosse uno strumento di conoscenza, controllo, garanzia e proposta relativo alla condizione non solo dei detenuti, ma anche degli agenti di polizia, del personale amministrativo, dei direttori e di tutti gli altri componenti la comunità penitenziaria, vittime – tutti e ciascuno – della stessa catastrofe umanitaria e della ordinaria illegalità, carceraria e non, che vige nel nostro Paese.
I consiglieri regionali radicali della passata legislatura, come ultimo atto del loro mandato, avevano approntato una proposta di legge per l’istituzione del “garante regionale delle carceri”: una sorta di “difensore civico” ad hoc, in grado di interloquire con tutti i soggetti gravitanti attorno al carcere, di ottimizzare le sinergie con il territorio, di ridurre le diseconomie, di aiutare ad utilizzare quella grande risorsa ancora misconosciuta rappresentata dall’istituto della “Cassa delle Ammende”, il fondo, gestito dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, dove viene depositato il denaro proveniente dal pagamento di ammende e multe, oggetto di sentenze penali di condanna, e dove confluiscono beni mobili ed immobili confiscati alla criminalità (parliamo di oltre 160 milioni di euro). I cespiti della Cassa delle Ammende dovrebbero essere utilizzati anche per finanziare progetti lavorativi all’interno degli istituti e programmi di reinserimento sociale; la gestione della Cassa è, però, talmente opaca che molti direttori di carcere non sono nemmeno informati della sua esistenza.
Da quattro anni la proposta di legge radicale sul Garante regionale delle carceri – ripresentata in questa legislatura dal consigliere capogruppo Pd Rocchino Muliere (PDL n. 94 del 30 giugno 2005, Muliere e altri) ed affiancata da quella del consigliere PRC Iuri Bossuto (PDL n. 130 del 27 luglio 2005, Bossuto e altri) attende di esser varata dal Consiglio regionale: nel giugno 2006 VIII Commissione licenziò un testo unificato che ora è nuovamente attenzione dell’assemblea regionale. Noi riteniamo opportuno invitarLa, cara Presidente, a prendere personalmente e senza indugi un’iniziativa in questo senso: la cronaca di queste settimane segnala, con dura evidenza, la necessità e l’urgenza di un intervento legislativo regionale.

Emma Bonino, vice Presidente del Senato della Repubblica
Bruno Mellano, Presidente di Radicali Italiani
Sergio D’Elia, Segretario di Nessuno tocchi Caino
Sergio Stanzani, Presidente del Partito Radicale Nonviolento, transnazionale e transpartito
Rita Bernardini, Deputata radicale presentatrice alla Camera della proposta di legge istitutiva del Garante Nazionale dei Diritti delle persone private della libertà
Michele De Lucia, tesoriere di Radicali Italiani
Marco Cappato, segretario dell’Associazione Luca Coscioni
Giulio Manfredi, vice Presidente del Comitato nazionale di Radicali Italiani
Igor Boni, segretario Associazione radicale Adelaide Aglietta

 

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