Cappato a Prodi e Chiamparino, la partitocrazia resta partitocrazia anche con le primarie regionali
La proposta di Romano Prodi di affidare il Partito democratico ai Segretari regionali eletti con primarie è un modo per aggirare un ostacolo che invece non può essere eluso: se l’assetto istituzionale è partitocratico - cioè fondato sul sistema proporzionale, sui finanziamenti pubblici a partiti chiusi e antidemocratici, sulle commistioni tra potere politico, potere economico e finanziario (dalle banche alle società miste) – non c’è federalismo che tenga: ogni decentramento si traduce in una moltiplicazione di centri di spesa, in una riproduzione locale dei mali della non-democrazia.
In tale contesto, inseguire la Lega è la strategia di più sicura involuzione del Partito democratico nella retroguardia del disfacimento istituzionale. Per cercare un’alternativa sarebbe necessario riflettere meglio allo strumento salvifico individuato da Prodi e Chiamparino: le primarie. Si potrebbe riflettere sulla stessa esperienza Prodi, con primarie stravinte per poi trovarsi a non potere governare. Per fare un partito democratico “all’americana”, primarie “all’americana”, federalismo –magari “all’americana” pure quello- ci vuole quel sistema istituzionale “all’americana” che noi Radicali proponiamo, o quantomeno qualcosa di diverso dal sistema partitocratico italiano, dove le primarie (quelle regionali tanto quanto quelle nazionali) sono ostaggio di logiche di potere che nulla hanno a che fare con le esigenze dei sempre evocati “territori”.
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