Bolognetti: Navi, veleni, silenzi e depistaggi

Maurizio Bolognetti

Di Maurizio Bolognetti, Segretario Radicali Lucani e Consigliere Associazione Coscioni

Un Pm, Francesco Basentini, a cui viene negato l’impiego di moderne tecnologie di telerilevamento, che sarebbero state di grande utilità nella caccia ai veleni interrati in Basilicata.
L’ex Procuratore della Repubblica, Nicola Maria Pace, che sulle navi dei veleni dichiara: “io lo avevo detto.” Il dott. Pace nutre seri dubbi sulla morte del capitano di corvetta Natale De Grazia, che all’inizio degli anni ’90 si occupò delle navi dei veleni.
Un parlamentare leghista, che per ragioni incomprensibili, o forse comprensibilissime, svela la località in cui vive il pentito Fonti.
C’è di che preoccuparsi, e lo siamo. Con il passare delle settimane si fa largo la convinzione che nessuno abbia voglia di bonificare la vasca fosfogessi di Tito scalo. Verrebbe da chiedersi se oltre alle 250000 tonnellate di fanghi industriali tossico-nocivi in quella vasca non ci sia dell’altro.
Viaggiando nella “Terra di nessuno”, all’interno del Sito di Bonifica di interesse nazionale della val Basento, ci siamo chiesti se le storie di fusti interrati in quell’area, raccontate da Fonti, abbiano un qualche fondamento. Di certo a Ferrandina abbiamo visto e documentato situazioni di degrado ambientale che quanto prima renderemo pubbliche attraverso una video-inchiesta.
Il direttore de “Il Quotidiano”, Paride Leporace, afferma che il partito “della verità ha le sue difficoltà per venire a capo dell’inquietante vicenda” delle navi dei veleni.
Può darsi che la verità qualcuno non voglia sentirla.
Di certo in Basilicata c’è chi non ha voluto affrontare, fino ad oggi, la questione della “Nave Tito scalo” e nemmeno nominare il nome di aziende che con i fanghi di Tito hanno avuto a che fare.
Intanto, l’ineffabile Direttore dell’Arpab riesce a far ben figurare il suo omologo dell’Arpac con dichiarazioni allucinanti. Chissà se un giorno a qualcuno verrà in mente di contestare a lor signori la violazione dell’art.331 del C.P.P.
Concludendo: tra siti di bonifica non bonificati, treni che dal porto di Taranto trasportano rifiuti nell’area di Ferrandina in nome della occupazione di 70 persone, falde acquifere inquinate dalla Val Basento alla Val d’Agri, a Melfi come a Tito, c’è poco da stare allegri.
Occorrerà davvero sudare le proverbiali sette camice per far emergere la verità. La Gomorra lucana è cresciuta anche grazie ai silenzi, all’ignavia e a quel continuo ripetere “va tutto bene”.
Per dirla con il titolo di un vecchio libro di successo: “Io speriamo che me la cavo”.
 

 

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