- Dichiarazione di Rita Bernardini, deputata radicale eletta nelle liste del PD, membro della Commissione Giustizia della Camera.
Come dissi in occasione dell’approvazione dell’ultimo pacchetto sicurezza, subordinare la permanenza dell’extracomunitario in Italia ai crediti introducendo una sorta di “patente a punti” dell’immigrato, è l’ennesimo provvedimento demagogico la cui efficacia solleva fin da ora qualche legittima perplessità, anche perché il deficit di risorse finanziarie e umane in cui versano gli apparati periferici dello Stato, a partire dalle Prefetture e dalle Questure, finirà inevitabilmente con l’avere pesanti ripercussioni sulla effettiva e concreta gestione di questo nuovo istituto giuridico rendendo inadeguati gli strumenti di verifica degli obiettivi di integrazione via via da raggiungere (a partire dalla conoscenza da parte dell’immigrato della lingua italiana e della Costituzione). Basti pensare che già adesso una semplice richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno richiede tempi di attesa lunghi più di un anno (a fronte dei venti giorni previsti dalla normativa); figuriamoci dunque il caos e la paralisi che si determineranno nella Pubblica Amministrazione nel momento in cui, ai fini del rinnovo, lo straniero sarà chiamato anche a dar prova di aver raggiunto specifici obiettivi di integrazione nel periodo di validità del permesso di soggiorno. Fino a quando sarà lo Stato il primo a non essere in grado di assolvere i propri doveri rispettando le proprie leggi, non è quindi pensabile imporre allo straniero patti o accordi di integrazione, tutti strumenti che nella attuale situazione di totale mancanza di risorse, non possono rappresentare altro se non un ulteriore tassello diretto a ostacolare l’integrazione degli extracomunitari favorendone ed incentivandone lo stato di illegalità. Quanto ai termini utilizzati dal legislatore è appena il caso di osservare come risulti improprio l’uso della parola “accordo” per un atto sottoscritto da una parte sola al momento della richiesta del permesso di soggiorno; da questo punto di vista si abbia l’onestà intellettuale di riconoscere che il nuovo istituto introdotto dal legislatore e ora regolamentato dal Viminale prevede una vera e propria assunzione unilaterale di impegni nei confronti della Repubblica italiana da parte dell’immigrato e non un accordo tra cittadini italiani e stranieri.
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