Bernardini replica a Capece: E’ del tutto “ignorante” in merito all’impegno Radicale per la comunità penitenziaria. Se oggi può fare il sindacalista è grazie alla lotta Radicale di Adelaide Aglietta, Emma Bonino, Marco Pannella e Gianfranco Spadaccia

  • Dichiarazione di Rita Bernardini, deputata radicale-Pd, membro della Commissione Giustizia
"Donato Capece si chiede dove fossi io quando “potevo fare le riforme”, aggiungendo che lui gira le carceri dal Nord al Sud (isole comprese) non solo a Ferragosto.
Io sono alla mia prima legislatura, sto all’opposizione e nell’arco di un anno e mezzo ho visitato oltre 50 istituti penitenziari. Se consideriamo tutta la delegazione radicale all’interno dei Gruppi Parlamentari PD di Camera e Senato (in tutto siamo 6 deputati e 3 senatori), le visite di sindacato ispettivo sono oltre 100.
Sulle carceri, abbiamo presentato centinaia di dettagliate interrogazioni parlamentari al Ministro della Giustizia, molte delle quali riguardanti le pietose condizioni in cui sono costretti a lavorare gli agenti di polizia penitenziaria; abbiamo fatto approvare un ordine del giorno sulla Cassa delle Ammende e a gennaio 2009, se pur dall’opposizione, convinto l’aula di Montecitorio ad approvare una Risoluzione che impegna il Governo a presentare “una riforma strutturale e organica del sistema della giustizia”. Mi auguro che il Segretario del Sappe, sia in grado di comprendere che il carcere è l’ultimo anello dove si scarica il peso di una giustizia che in Italia non funziona da decenni.
Ma questa è solo la storia recente dell’impegno radicale sul sistema carcerario italiano. La lotta nonviolenta per la smilitarizzazione di quelli che allora (1976) venivano chiamati “agenti di custodia” fu condotta dai radicali con in prima fila Adelaide Aglietta. Capece non lo sa, ma se oggi può fare il sindacalista, il merito è proprio dell’impegno radicale che, con quell’iniziativa nonviolenta di sciopero della fame chiedeva: 1) un decreto legge per l'aumento dell'organico degli agenti di custodia, l'aumento delle retribuzioni, la smilitarizzazione e la sindacalizzazione del corpo; 2) l'avvio immediato dell'iter parlamentare del progetto di legge radicale sull'amnistia. E in questi oltre trent’anni, con in prima fila Marco Pannella, non abbiamo mai spesso di occuparci del problema penitenziario e della Giustizia.
Oggi, assieme ai miei compagni radicali, tre dei quali giovanissimi, sto conducendo uno sciopero della fame da 13 giorni per la calendarizzazione di una mozione parlamentare che impegni il Governo ad “una riforma davvero radicale in materia di custodia cautelare preventiva, di tutela dei diritti dei detenuti, di esecuzione pena e, più in generale, di trattamenti sanzionatori e rieducativi”; se Capece si prendesse la briga di leggere la mozione, si renderebbe conto degli impegni che chiediamo al Governo sull’organico e le condizioni di vita degli agenti e di tutto il personale penitenziario.
Quanto all’indulto, ci prendiamo la responsabilità di averlo promosso e voluto, ma assieme all’amnistia che avrebbe sgravato soprattutto la magistratura dalla mole dei milioni dei processi arretrati, 170 mila dei quali cadono in prescrizione ogni anno. La marcia “per l’amnistia” la facemmo noi radicali assieme a Giorgio Napolitano che, nel dicembre 2005, ancora non era Presidente della Repubblica.
Se non ci fosse stato l’indulto che oggi da soli rivendichiamo di aver voluto, in carcere oggi ci sarebbero 100.000 detenuti, altro che 66.000!
E’ disarmante: Capece anziché trarre forza dalla nostra lotta, gioca allo sfascio."

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