Inaugurazione Anno giudiziario: Intervento di Maurizio Bolognetti a Potenza

Intervento Bolognetti inaugurazione Anno Giudiziario 2016

Signor Presidente della Corte d'Appello, Signor Procuratore Generale,

anche quest’anno, come Radicali del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito e come Radicali Italiani, abbiamo deciso di essere presenti all’inaugurazione dell’anno giudiziario per poter dialogare e confrontarci con le istituzioni che hanno la responsabilità di occuparsi di giustizia. Prendo la parola avendo ben presente ciò che da sempre ispira il nostro agire, ciò che è scritto a chiare lettere nel preambolo al nostro Statuto: "Il Partito Radicale richiama se stesso, ed ogni persona che voglia sperare nella vita e nella pace, nella giustizia e nella libertà, allo stretto rispetto, all'attiva difesa di due leggi fondamentali quali: La Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo nonché delle Costituzioni degli Stati che rispettino i principi contenuti nelle due carte; al rifiuto dell'obbedienza e del riconoscimento di legittimità, invece, per chiunque le violi, chiunque non le applichi, chiunque le riduca a verbose dichiarazioni meramente ordinatorie, cioè a non-leggi".

Ecco signor Presidente, signor Procuratore, lo scenario con il quale dobbiamo confrontarci è quello di un Stato incapace di rispettare la sua legalità, il suo dettato costituzionale, incapace di rispettare i principi contenuti nella Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo, nella Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, che, appunto, sono stati ridotti a  "verbose e vuote dichiarazioni meramente ordinatorie".

Una volta di più, in questa sede(e dove sennò), gioverà porre l'accento sul mancato rispetto da parte del nostro Paese dell'art. 3 della CEDU che recita: "nessuno può essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani e degradanti".

Le nostre patrie galere, ahinoi, continuano ad essere luoghi di tortura, ma senza torturatori, perché ad essere torturata è l'intera comunità penitenziaria.

Se pensiamo alla nostra Basilicata, dovrebbero far riflettere le parole pronunciate poche settimane fa dal segretario regionale del Sappe Saverio Brienza: "La politica italiana si è fornita di strumenti legislativi che fanno davvero pensare a un sistema eccellente, ma poi, di fatto, noi non abbiamo a livello periferico gli strumenti, le risorse per poter agire nel rispetto della legislazione. Viviamo quotidianamente nel disagio, noi e la popolazione detenuta[...]Ogni carcere è una bomba ad orologeria...".

Parole che richiamano una volta di più alla memoria quanto scrivevano nel 2012 i direttori penitenziari del Si.Di.Pe.: “Siamo stati, in verità, ricacciati negli angoli più bui di uno Stato che non sembra in grado di mantenere fede agli impegni e alle promesse solenni celebrate nelle sue leggi”.

Se parliamo di giustizia e di carcere, dobbiamo necessariamente ripetere con Marco Pannella che la flagranza di reato contro i diritti umani e la Costituzione è stata tutt’altro che interrotta.

Così come occorre ricordare a noi stessi che in un Paese che ad oggi non ha ancora introdotto il reato di tortura, la “Società italiana di medicina penitenziaria” racconta che “in cella contraggono malattie il 60-80% dei detenuti”.

Una volta di più, in questa sede(e dove sennò), gioverà porre l'accento sul mancato rispetto da parte del nostro Paese dell'art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo che recita: "Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole".

Io direi, signor Presidente, signor Procuratore generale, che questa ragionevolezza non c'è e che continuiamo ad assistere ad una "sistematica mancanza di rispetto degli standard temporali individuati in sede europea come congrui per lo svolgimento dei tre gradi possibili di giudizio".

La questione giustizia, continua a gravare come un macigno sulla vita economica e sociale del Paese. La non ragionevole durata dei processi si traduce in giustizia negata per vittime e imputati, spesso imputati in attesa di giudizio, in vite spezzate. 

Noi Radicali, con l’avvocato Deborah Cianfanelli e Rita Bernardini, gioverà ricordarlo, abbiamo depositato presso la Corte dei Conti del Lazio un esposto per danno erariale connesso all’amministrazione della giustizia.

L'eccessiva durata dei processi, da oltre 25 anni è all’origine di continue e ripetute condanne inflitte al nostro Paese da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Condanne che hanno comportato e comportano, ma soprattutto comporteranno, un danno erariale che per le sue dimensioni costituisce una vera e propria ipoteca sul futuro del Paese. Condanne alle quali la Repubblica italiana ha storicamente risposto prendendo impegni poi non mantenuti, esibendo proposte di legge mai adottate, adottando misure presentate come risolutive ma che hanno aggravato la situazione, allungando ulteriormente la durata dei processi in Italia e causando la proliferazione dei ricorsi alla C-EDU che, per questo motivo, è stata costretta ad introdurre misure restrittive all’accesso.

Con l’ultima legge di stabilità si è proceduto ad un aumento simbolico della pianta organica dei magistrati e ad introdurre misure per scoraggiare l’accesso alle richieste dei danni per l’eccessiva durata dei processi e incentivare la rinuncia per chi ha in corso un contenzioso.

Di fatto si è dato il là all’ennesima controriforma della cosiddetta Legge Pinto, provvedimento suggerito dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa come uno degli strumenti per contenere il numero dei ricorsi italiani alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, ricorsi in maggioranza inerenti l’irragionevole durata dei processi.

Tutto ciò avviene in un Paese, l’Italia, che è il Paese che più di tutti non dà seguito alle stesse sentenze della Corte EDU.

Nelle condizioni in cui ci troviamo un provvedimento di amnistia, che è soprattutto di amnistia per questa nostra Repubblica incapace di rispettare il suo stesso dettato costituzionale, costituisce di per sé la prima, vera, grande riforma della giustizia.

Il Comitato dei 47 ministri degli esteri dei paesi che compongono il Consiglio d’Europa ha sottolineato che i ritardi eccessivi nell'amministrazione della giustizia costituiscono un pericolo grave per il rispetto dello Stato di diritto.

Se questi ritardi, come tutti noi ben sappiamo, pesano sulla corretta amministrazione della Giustizia da un quarto di secolo, è logico dedurre che l’Italia non corre più il pericolo, ma viola apertamente lo Stato di diritto.

Stato di diritto che viene negato se fondato sulla sostenibilità economica a scapito dell’universalismo dei diritti.

Infine, ma non ultimo, mi sia consentito sottolineare qui, in una regione eletta ad hub petrolifero e afflitta da numerose criticità ambientali, che il nostro Paese, ahinoi,  si distingue in negativo nell’ambito dei paesi aderenti all’Unione Europea anche sul fronte del mancato rispetto di direttive comunitarie poste a presidio della tutela dell’ambiente e della salute umana.

Torno a chiedermi in questa sede se in questa regione, e in particolare nella Valle dell'Agri o dell'Agip, sia stata rispettata la direttiva quadro a tutela delle acque, se in numerosi procedimenti autorizzativi siano stati rispettati i principi ispiratori della Valutazione di impatto ambientale.

Di certo mi chiedo: quando è stata concessa l'autorizzazione a reiniettare le acque di produzione petrolifera nel Pozzo Costa Molina 2, ubicato in agro di Montemurro, è stato rispettato il Principio di Precauzione di cui all'art. 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, il cui suo scopo è quello di "garantire un alto livello di protezione dell’ambiente grazie a delle prese di posizione preventive in caso di rischio"? 

La Delibera del Comitato dei Ministri del 4 febbraio 1977, recante norme per tutela delle acque dall’inquinamento, prescrive che lo scarico nel sottosuolo, limitatamente alle unità geologiche profonde, possa essere adottato come mezzo di smaltimento degli effluenti industriali a patto “che dette formazioni siano situate in zone tettonicamente e sismicamente favorevoli”. Notoriamente l'area di Montemurro, che è stata epicentro di un devastate terremoto nel 1857, è tutt'altro che sismicamente favorevole.

Pensando a Papa Francesco che nella sua Enciclica "Laudato sì" ha scritto "la corruzione che nasconde il vero impatto ambientale di un progetto in cambio di favori spesso porta ad accordi ambigui che sfuggono al dovere di informare ed a un dibattito approfondito", mi viene in mente un grande magistrato, il dottor Nicola Maria Pace, che lungi dal prestare orecchio a chiacchiere da comari ha onorato la sua funzione.

Io credo che ci siano attività che a causa degli alti costi ambientali e sociali non registrati dal calcolo del Pil andrebbero definite improduttive. Le attività di estrazione idrocarburi svolte in Basilicata, a mio avviso, appartengono a questa categoria.

Dopo trent’anni di violazioni, con Marco Pannella chiediamo alle massime autorità istituzionali italiane di riconoscere le profonde ferite inferte allo Stato di diritto, costituite dall’amministrazione ritardata della giustizia e dalla violazione dei diritti umani universalmente riconosciuti. Noi siamo qui per dire che offriamo la nostra leale collaborazione senza alcuna contropartita al Capo dello Stato e al Presidente del Consiglio anche per una campagna alle Nazioni Unite per una immediata transizione verso lo Stato di diritto, a cominciare da quei paesi a “democrazia reale” come il nostro. Chiudo signor Presidente, signor Procuratore generale, citando l'antitotalitario Ernesto Rossi che diceva: “L’Italia non potrà essere diversa se non siamo noi capaci di volerla diversa. E volere è agire".

 

Diritto, Giustizia, Amnistia per la Repubblica, Democrazia, Libertà. 

 

Approfondimenti

Tgr Basilicata, 30 gennaio 2016

Nuova del Sud, 31 gennaio 2016

Gazzetta del Mezzogiorno, 30 gennaio 2016

Nuova del Sud, 30 gennaio 2016

Basilicatanet, 29 gennaio 2016  

 

 

 

 

 

 

 

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