"Le mani nel petrolio". Intervista a Maurizio Bolognetti, il giornalista censurato dalla Curia

Intervista a Maurizio Bolognetti a cura di Luca Kocci, pubblicata su Adista il 25 settembre 2015
Maurizio Bolognetti, fra i massimi esperti dell’attività estrattiva in Basilicata, è il giornalista che lo scorso 11 settembre, a partire dall’enciclica di papa Francesco Laudato Sì, avrebbe dovuto parlare di petrolio e ambiente in Lucania in un incontro pubblico – promosso anche dall’Azione Cattolica – nella parrocchia di San Rocco a Montalbano Jonico (MT). La Curia di Matera, però, ha disposto che l’incontro non si svolgesse. Sulla questione Adista ha rivolto qualche domanda al diretto interessato.
Qual è la situazione e quali sono i numeri dell'attività estrattiva in Basilicata?
Se consideriamo i titoli minerari vigenti possiamo affermare, dati Unmig(Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse) alla mano, che oggi il 34% del territorio lucano è interessato da attività di ricerca e coltivazione idrocarburi. Questa percentuale, anche grazie al cosiddetto “Sblocca Italia”, potrebbe in breve tempo arrivare addirittura al 75%! I titoli minerari vigenti al 31 agosto 2015 erano trentuno: dieci permessi di ricerca, venti concessioni di coltivazione, una concessione di stoccaggio. Intanto, risultano pendenti diciotto richieste per il conferimento di nuovi titoli minerari. La Basilicata è il primo produttore nazionale di greggio. Nel 2014, l’80% del petrolio estratto sulla terraferma nel nostro paese è arrivato dai giacimenti lucani, in particolare dalla concessione di coltivazione denominata “Val d’Agri”, la cui titolarità è in capo alla joint-venture Eni-Shell.
Numeri alti, ma molto distanti da quelli dei grandi produttori mondiali di petrolio
Nel 2014 dalle concessioni di coltivazione lucane sono stati estratti circa 25 milioni di barili. Un quantitativo di greggio che potrà sembrare enorme, ma che è semplicemente ridicolo se si considera che nel 2013 nel Nord America sono stati estratti 17,2 milioni di barili ogni giorno. Senza voler tirare in ballo l’impronta ecologica, l’overshoot day, la necessità di rivedere un modello di sviluppo basato su un paradigma meccanicista-riduzionista con le conseguenze che questo modello sta provocando alla vita del pianeta e degli umani che lo popolano, dovremmo chiederci se tutto questo abbia un senso. Chiarisco: mi chiedo se stiamo perseguendo gli interessi della patria, della nazione, del popolo o se per caso non stiamo semplicemente assecondando i legittimi interessi delle petrolobby. Siamo di fronte a scelte miopi e scellerate, che non possono essere nemmeno giustificate da una qualche reale necessità.
Quali sono i danni già provocati e i rischi ambientali di questa attività
Giova ricordare quanto scriveva nel 2000 la Commissione Bicamerale sul Ciclo dei Rifiuti nella relazione dedicata alla Basilicata: “Nel complesso l’indagine ha censito 890 siti inquinati, la metà dei quali connessi alle attività di prospezione ed estrazione petrolifera”. Nel 1996, un gruppo di esperti, ingaggiati dalla Regione Basilicata per valutare i costi e i benefici delle attività estrattive, produsse un rapporto intitolato “Petrolio e Ambiente”. In questo documento c’è scritto che eventuali incidenti avrebbero potuto “recare danno alle risorse idriche compromettendo una delle principali risorse(rinnovabili) dell’area”. Da allora, ma anche in precedenza, di incidenti ne abbiamo avuti tanti. C’è buon senso nell’autorizzare attività notoriamente fortemente impattati a ridosso di dighe, sorgenti, centri abitati, parchi, zone Sic e Zps, in aree a rischio frana e ad altissimo rischio sismico? Io direi che la risposta è una e una soltanto: assolutamente no. La Basilicata è un unico bacino idrico di superficie e di profondità. Per citare un ministro della Repubblica, fare “buchi per terra” in un territorio delicatissimo dal punto di vista idrogeologico come quello lucano, significa mettere a repentaglio una risorsa, essa sì strategica, qual è l’acqua. Nel nostro agire dovremmo tenere in seria considerazione chi verrà dopo di noi. Dovremmo deciderci ad onorarlo per davvero quell’art. 3 quater del Codice dell’ambiente che recita: “Ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future”. Nell’era dell’Antropocene dovremmo ascoltare la voce di questo Papa che ha detto: “L’uomo custodisca e salvaguardi l’ambiente o sarà la stessa natura che lui distrugge ad annientarlo”. Petrolio in Basilicata ha significato contaminazione in alcuni lembi di territorio regionale di tutte le matrici ambientali: acqua, terra, aria.
Quali aziende sono coinvolte e gli interessi in campo?
I principali operatori attivi in Basilicata sono Eni, Shell e Total. La Total sta costruendo nell’Alta Valle del Sauro il terzo Centro Olio della Basilicata e per farlo ha letteralmente sbancato un’intera montagna. Per dirne una, la banca d’affari Goldman Sachs considera il progetto “Tempa Rossa”(attività estrattive Total in Basilicata) uno dei 128 progetti più importanti al mondo. Intanto, a Corleto Perticara qualche anno fa hanno trovato dei terreni dove erano stati stoccati migliaia di metri cubi di fanghi provenienti dalle attività di estrazione idrocarburi. Potremmo definirlo uno dei tanti “effetti collaterali” delle attività minerarie. Un Centro Olio, è bene sottolinearlo, è in base alle direttive Seveso uno stabilimento a rischio incidente rilevante. Eppure, in Val d’Agri, da me ribattezzata Valle dell’Agip, è stata autorizzata la costruzione di un Centro Olio a pochi metri da un invaso, la Diga del Pertusillo, che offre acqua da bere alla Puglia. Di certo non stanno perseguendo gli interessi del Paese, quelli proprio no. Il film che meglio potrebbe descrivere la Lucania dell’epopea dell’oro nero è “Il Petroliere”, del quale è tra l’altro stato scritto: “Il Petroliere è un film fatto di bitume, di corpi che diventano tutt'uno con la terra e l'oro nero che la intride. Corpi pronti ad essere spezzati e anche dilaniati nella ricerca di un possesso avido quanto amorale”.
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