Bolognetti: l’impossibile coesistenza tra attività estrattive e tutela del territorio e della salute

Articolo di Maurizio Bolognetti, Segretario di Radicali Lucani, pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 3 aprile 2015:
Qualcuno in questi mesi ha scoperto l’acqua calda: le attività minerarie in quel di Corleto Perticara hanno determinato una contaminazione delle matrici ambientali.
Peccato che molte di queste situazioni di inquinamento risalgano a un passato non remoto, che è stato convenientemente rimosso e spazzato sotto un tappeto di silenzio, omertà e conoscenza negata. A Corleto Perticara, oggi enclave petrolifera Total in Basilicata, ahinoi, non ci sono solo le migliaia di metri cubi di fanghi stoccati in c/da Serra Dievolo, ma anche numerosi siti inquinati di cui negli anni si è persa traccia e memoria. Situazioni d’inquinamento denunciate dall’Eni nel 2001. I nomi dei siti sono esotici; ciò che a volte emerge dalla lettura dei piani di caratterizzazione è inquietante. Da Tempa la Manara a Gorgoglione, da Tempa d’Emma 1 St e Ter, passando per Tempa Rossa 2, 1 dir, 1 dir ter e Perticara 1, proverò a tratteggiare una storia di veleni dimenticati per rinfrescare la memoria a coloro che continuano a venderci un sogno petrolifero tramutatosi inevitabilmente in incubo. Purtroppo nulla è dato sapere del profilo del Pozzo “Tempa Rossa 2”, trivellato a scopo esplorativo nel 1991; sul sito dell’Unmig esso è infatti classificato come non disponibile. Quel che invece sappiamo è che il 6 aprile 2001 gli uffici di Viale Verrastro protocollano una denuncia di inquinamento, inviata da Eni Spa – Divisione Agip, che ha detenuto la concessione prima che la stessa fosse ceduta alla Total. Nella missiva, firmata dall’allora responsabile del distretto Giancarlo Vacchelli, è dato leggere che l’Eni “intende attivare le procedure per gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza, di bonifica e di ripristino ambientale, nel sito denominato “Pozzo Tempa Rossa 2”. Il responsabile del Distretto precisa che la situazione di potenziale inquinamento è antecedente all’entrata in vigore del “Decreto Ronchi”, e cioè antecedente al 1997. Il 30 settembre 2011, il Comune di Corleto Perticara trasmette al Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata, alla Asp, alla Provincia e ad Arpab la Determina Dirigenziale n. 150, avente per oggetto il Piano di caratterizzazione del sito “Area Pozzo Tempa Rossa 2”, redatto da Total il 6 giugno 2011. In realtà, sul fatto che Eni abbia dato corso agli interventi di Mise ci sono seri dubbi. Nel sopra citato Piano, infatti, si afferma che “dalle informazioni a disposizione non è noto quali attività siano state effettivamente realizzate” dopo la comunicazione dell’aprile 2001. Ma le sorprese non finiscono qua se consideriamo che Total riferisce di “una serie di vasche interrate utilizzate per la gestione dei fanghi probabilmente non impermeabilizzate”. Comunque sia, a confermare che l’inquinamento denunciato nel 2001 - e probabilmente prodottosi all’inizio degli anni ’90 - fosse tutt’altro che presunto, è la “Relazione Tecnica Integrativa Scavi di Decontaminazione” del piazzale “Tempa Rossa 2”, prodotta da Total il 3 aprile del 2013, nella quale si legge di interventi di Messa in sicurezza effettuati dopo aver riscontrato il superamento “del parametro idrocarburi pesanti in alcuni campioni di terreno della matrice suolo profondo prelevati nel corso delle indagini di caratterizzazione”. La partita ad oggi è tutt’altro che chiusa e la definitiva bonifica non è stata ancora completata. A confermarlo è la stessa Total che afferma che la seconda fase di Mise non ha consentito la “rimozione della sorgente secondaria di contaminazione rappresentata da terreno contaminato da idrocarburi” e propone di redigere un’Analisi di Rischio sito specifica(Adr) per procedere a “una valutazione quantitativa dei rischi per la salute umana connessi alla presenza di inquinanti nelle matrici ambientali”. Nel darvi appuntamento alla seconda puntata, verrebbe da chiedere all’ineffabile signor Innocenzo Titone, e a tutti gli sponsor palesi e occulti delle petrolobby che hanno invaso le nostre valli, se siano davvero convinti che le attività estrattive possano coesistere con l’agricoltura, la tutela della salute umana e dell’ambiente. A lor signori, che con impareggiabile faccia tosta declinano bugie su bugie, ricordo una volta di più che nel 2000 la Commissione Bicamerale sul ciclo dei rifiuti riferiva della presenza in Basilicata di oltre 400 siti inquinati dalle attività di ricerca, estrazione e coltivazione idrocarburi.
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