Caro Napolitano, aiutaci: vogliamo la verità su Lonzi. Lettera al presidente della Repubblica

Caro Presidente della Repubblica,
voglio in primo luogo ringraziarLa per l’intenso e non formale messaggio di saluto e augurio di buon lavoro che ci ha inviato in occasione del 13° congresso di Radicali Italiani.
So di avere in Lei un attento ascoltatore della vicenda umana che oggi intendo sottoporre alla sua attenzione.
La storia è quella di una madre, la Signora Maria Ciuffi, che 11 anni e 4 mesi fa ha perso il figlio, Marcello Lonzi, di 29 anni, morto nel carcere Le Sughere di Livorno. Marcello era stato arrestato per tentato furto e condannato a 9 mesi di reclusione.
Mancavano 4 mesi al termine della pena quando lo hanno trovato privo di vita, riverso sul pavimento tra la cella numero 21 e il corridoio. La Signora Ciuffi in questi lunghi 11 anni e 4 mesi, pur travolta da un dolore inconsolabile, non ha potuto e voluto credere alla versione "ufficiale" della "morte naturale" del figlio: ci sono infatti fotografie acquisite agli atti processuali, in quanto realizzate subito dopo il fatto, che mostrano Marcello immerso in un lago di sangue, con diverse ferite sul corpo. Dalla riesumazione risulta che la salma presenta la mandibola fratturata, due buchi in testa, il polso sinistro fratturato, due denti spaccati, otto costole rotte e varie escoriazioni. Dopo le archiviazioni per "morte naturale", nel 2013 la Signora Maria Ciuffi ha presentato una nuova querela sull’operato dei medici e relative perizie, ipotizzando reati di falso e false informazioni, depositando anche un parere proveritate redatto del prof. Alberto Bellocchio, specialista in medicina legale presso l’Università del Sacro Cuore di Roma. Quest’anno il Gip, dottoressa Beatrice Dani, ha riaperto il caso ordinando al PM di effettuare nuove indagini su orari, causa di morte, operato dei medici. La Signora Maria Ciuffi in questi anni ha potuto non sentirsi sola, grazie all’attenzione e alla costante vicinanza della radicale Irene Testa, segretaria dell’Associazione Il Detenuto Ignoto che da tempo segue proprio quelle persone "ignote" che non riescono ad avere voce. Nella sua dignitosa povertà, la Signora Ciuffi, è dovuta ricorrere a raccolta di aiuti economici volontari per far emergere la verità sulla morte del figlio: non è animata da sentimenti di vendetta ma solo da amore per la verità e non ha mai avuto nulla da recriminare sulla carcerazione del ragazzo che - come ha sempre affermato - «se aveva sbagliato, doveva espiare la pena inflitta». Mi permetto, Signor Presidente, di trasmetterle le stesse immagini che la Signora Ciuffi ha potuto vedere e che sono il suo tormento, dal momento che sotto di esse lo Stato ha scritto la didascalia "morte naturale". Credo che la sua e nostra lotta sia da comprendere. Da militante radicale quale io soprattutto sono, ho impresse nella mente le immagini del 1983 riguardanti un’apparizione televisiva di Emma Bonino con alle spalle la gigantografia dei genitali seviziati di Cesare Di Lenardo, brigatista rosso implicato nel sequestro del generale statunitense James Lee Dozier. Emma Bonino e Marco Pannella (che suggerì quell’iniziativa) non ebbero certo dalla loro parte la classe politica pressoché unanime nel difendere la "ragion di Stato" contro lo Stato di Diritto.
Così come non riesco a dimenticare Marco Pannella che si precipita a Palermo - era il 1985 - appena appresa la notizia della morte del pescatore Salvatore Marino, decesso conseguente alle torture subite negli uffici della Questura di Palermo. O quando, nel maggio del 1984, sempre Pannella, trovò la forza interiore di fronte al silenzio dei media di andare a fare un comizio a Muro Lucano dove pochi giorni prima era morto un ventiquattrenne, Gerardo Cerone, fermato dai carabinieri e uscito cadavere dalla caserma, a causa delle ferite che gli erano state inferte. Le ho scritto tutto questo, caro Presidente, perché so che Lei come nessun altro - e non solo per il ruolo istituzionale che ricopre sa trovare le parole giuste per una madre semplice e buona come la Signora Maria Ciuffi e per i troppi morti che ancora oggi scandiscono i tempi delle condizioni carcerarie in Italia. So anche che comprenderà le mie e nostre preoccupazioni (che si sforzano di essere occupazioni quotidiane) per il ritardo con il quale il nostro Paese sta affrontando l’introduzione del reato di tortura nel nostro ordinamento. Pur essendo passati 25 anni dalla firma della Convezione, infatti, il Parlamento rischia ancora una volta di non portare a termine quella riforma urgentissima che Papa Francesco ha voluto subito fare per lo Stato Città del Vaticano – insieme all’abrogazione dell’ergastolo - al momento del suo insediamento.
Con grandissima stima, fiducia e comprensione del momento che Lei, Signor Presidente, sta vivendo, Le porgo i miei più affettuosi saluti
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