Il Partito Radicale saluta Gianluigi Melega, compagno e amico a cui questo Paese e non solo il giornalismo, deve tantissimo. Sempre al nostro fianco nei momenti che contano e in cui ci si conta

Ha trovato il modo di fare tante cose, Gialuigi Melega, e molte le ha fatte al nostro fianco, come radicale, da radicale. Lo ricordiamo non solo come parlamentare per due legislature, a fianco di Marco Pannella, Emma Bonino, Leonardo Sciascia in memorabili battaglie per la conquista di nuovi spazi di libertà e di liberazione.
Melega è stato anche un grande giornalista formatosi in quella grande palestra che è stato il “Giorno”; un impegno professionale che Gigi ha sempre saputo coniugare con impegno civile. E’ Melega che mette in prima pagina su “Paese Sera”, nel maggio 1974, la vignetta di un ancora sconosciuto Giorgio Forattini che mostra un Amintore Fanfani in forma di tappo che salta da una bottiglia di champagne che ha l’etichetta «No».
È Gigi che il 7 gennaio del 1977, da direttore dell’“Europeo” pubblica un’esplosiva inchiesta su “I Beni del Vaticano. Quanto vale lo Stato più piccolo del mondo”, ficcando il naso nel patrimonio e nella finanza vaticane. Per quell’inchiesta Gigi viene licenziato senza tanti complimenti dalla proprietà, la Rizzoli. A difenderlo praticamente nessuno, solo i radicali. A Gigi dobbiamo memorabili inchieste caratterizzate da maniacale rispetto della deontologia, non comune capacità di scrittura, curiosità infinita. Da anni Gigi aveva lasciato l’impegno militante e attivo, ma negli ultimi mesi aveva deciso di iscriversi nuovamente al Partito Radicale, dando fiducia alle sue battaglie, ai suoi obiettivi, alle sue proposte. Sempre nei momenti essenziali, quelli che contano e in cui ci si conta, i radicali hanno trovato Gigi al loro fianco, e hanno potuto contare su di lui e sul suo sostegno generoso, pronto e disinteressato.
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