Bolognetti: Il Presidente del Consiglio? Volendo giocare con le parole potremmo ribattezzarlo “Lo Sfruttatore”

Renzi Matteo

Fonte: Nuova del Sud, 17 luglio 2014

Di Maurizio Bolognetti, Direzione Radicali Italiani e Segretario di Radicali Lucani:

Volendo giocare con le parole potremmo ribattezzarlo “Lo Sfruttatore”. Di chi sto parlando? Ma del nostro Presidente del Consiglio, dello Zelig fiorentino, di un uomo cresciuto a pane, tweet e slogan, di colui che è assurto ad archetipo dell’italico neo-gattopardismo. Sì, proprio lui, Matteo Renzi, l’uomo delle controriforme spacciate per rivoluzioni, il rottamatore delle labili tracce di democrazia sopravvissute nel nostro Paese.

Se non temessi di usare una frase di cui si abusa, potrei dire che “il re è nudo”. Le dichiarazioni rilasciate da Renzi al Corsera rappresentano solo l’ultima definitiva ed esplicita conferma di un disegno che parte da lontano. L’obiettivo, ormai si spera evidente a tutti, è la trasformazione di una Regione sempre più commissariata, la Basilicata, in serbatoio petrolifero d’Italia. Questo con buona pace dei certissimi effetti collaterali prodotti sulle matrici ambientali in una terra dal  delicato assetto idrogeologico. Sintomatica anche la scelta del verbo sfruttare fatta da Matteo Renzi, che non a caso nel rispondere alla fatidica domanda postagli dalla Meli ha affermato: “È impossibile parlare di Energia e Ambiente in Europa se nel frattempo non sfrutti l’Energia e l’Ambiente che hai in Sicilia e Basilicata”.

Presidente, più “sfruttati” e calpestati di così? Ancora di più?

Nelle parole di Renzi anche l’eco di quanto dichiarato da certo fascio confindustrial-petrolifero lucano, capitanato dall’ottimo Michele Somma. L’eco della voce dei “Padroni del Vapore” nella mai tramontata Italia dei Fasci e delle Corporazioni.

Fino a ieri conoscevamo il nome dei mandanti, oggi abbiamo l’identikit dell’esecutore materiale.

La ruota della fortuna e l’informazione di regime girano a favore del renzismo, ma il Presidente del Consiglio non creda che ce ne staremo a guardare. Siamo pronti a difendere il futuro vero della nostra terra, il futuro che volete rubarci e che già ci avete rubato.

Riusciremo, caro Presidente di questa Repubblica delle banane, a correggere la sua miope politica e a difendere risorse di gran lunga più preziose di qualche barile di greggio.

Intanto, se proprio vuole raccontare qualcosa in Europa, racconti ai suoi colleghi europei la vicenda del pozzo “Policoro 001”, anch’essa emblematica del come vengono trattate le questioni ambientali  nell’Italia “Stato canaglia” sul fronte del rispetto del diritto comunitario in materia ambientale.

È il 13 ottobre 1991; alle ore 6.40 il silenzio che avvolge le campagne di Policoro è rotto da un tremendo boato: i tecnici della SPI(Società Petrolifera Italiana/Gruppo Eni) hanno perso il controllo del pozzo “Policoro 001”.

La drammaticità del momento è restituita dalla relazione inviata dalla SPI all’UNMIG (Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse) e che finirà nel procedimento 1073/91 aperto dalla Procura della Repubblica di Matera: “Alle ore 6.40 circa, dopo che erano state estratte 8 lunghezze, il pozzo iniziava a scaricare fango dall’interno delle aste in progressione sempre più violenta, tanto da rendere vani i tentativi della squadra di sonda per avvitare la testa di sicurezza sulle aste. All’eruzione di fango dalle aste seguiva con un boato l’eruzione di gas che si incendiava immediatamente”.

Pochi mesi dopo, il 20 febbraio 1992, la stessa Spi indirizza una raccomandata all’Unmig, nella quale è tra l’altro dato leggere: “Veniva comunicato alla Spi di Fornovo che nel pozzo di acqua di proprietà di Michele Giordano , situato a 130 m. ad ovest del pozzo “Policoro 1”, si stavano verificando fenomeni di ribollimento. Il mattino successivo un nostro tecnico verificava che tale ribollimento era dovuto ad infiltrazioni di gas metano”.

Altro che valutazioni di impatto emozionale, tuttappostismo e negazionismo.

Ecco, caro Presidente Renzi, ai suoi colleghi europei faccia sapere che di quell’incidente si è persa ogni traccia e che il solo tentativo di recuperare la sopra citata relazione mi ha portato a vestire i panni dell’investigatore e che dopo averla letta ho provato lo stupore che può provare un archeologo di fronte ad una scoperta. Dica all’Europa che ancora oggi non si riesce a capire se ci furono seri controlli terzi sull’incidente che portò all’esplosione del pozzo “Policoro 1” e che nulla sappiamo di eventuali “effetti collaterali” prodotti da quella esplosione, al di là di quanto viene raccontato da chi ne conserva memoria. Racconti questo in Europa, e magari lo racconti al Commissario europeo che si occupa di ambiente. 

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