Bolognetti: I filantropi della Fondazione Mattei e l’epopea dell’oro nero lucano

Fonte Nuova del Sud (pag.2) e Quotidiano della Basilicata
Di Maurizio Bolognetti, Direzione Radicali Italiani e Segretario di Radicali Lucani
Bontà loro, quei filantropi della “Fondazione Mattei” ci hanno voluto far sapere che noi altri terroni lucani dovremmo esprimere, quotidianamente, la nostra gratitudine per la presenza delle attività di estrazione idrocarburi nelle nostre valli e sulle nostre montagne. Ad ascoltarli, quelli della “Mattei”, verrebbe da chiedersi come mai il culto mariano della Madonna Nera di Viggiano non sia stato sostituito da un annuale o trimestrale pellegrinaggio nei luoghi “miracolosi” in cui sgorga abbondante l’oro nero.
La lettura dei dati sul “turismo business”, diciamocelo, risulta a dir poco esilarante. Pensate, grazie al petrolio arrivano nella Basilicata Saudita ben “11 milioni di euri”.
Dunque, la Regione che vanta due straordinari Parchi nazionali e risorse ambientali e paesaggistiche di inestimabile valore dovrebbe puntare sul turismo petrolifero. E perché no, potremmo proporre ai tour operator la settimana dell’oro nero lucano, con tanto di visita al Cova, alle sorgenti inquinate, ai pozzi trivellati in prossimità di dighe e centri abitati e tappa finale, con colazione al sacco, presso il DIME.
Quelli della “Fondazione”, siatene certi, ne sarebbero entusiasti.
In un futuro non lontano, la Valle dell’Agip potrebbe popolarsi di edicole votive dedicate al culto di San Gheller e San Cristiano Re, che verranno descritti dai libri di storia - o quanto meno da una stampa compiacente - come pionieri del vecchio West: l’epopea avventurosa della caccia al greggio lucano e del Far West petrolifero.
Ci dicono che senza di loro avremmo una Basilicata da terzo mondo. La verità è che la Basilicata terzo mondo lo è già e lo anche grazie all’ingombrante presenza delle compagnie petrolifere. La Basilicata è come il Delta del Niger, l’Iraq, il Kazakistan. La Basilicata è un pezzo del profondo sud che hanno deciso di sacrificare sull’altare del superiore interesse della nazione.
Non abbiamo diritti, ma solo doveri e se non accetteremo le perline e gli specchietti che continuano a venderci sono pronti a chiuderci in una qualche riserva.
Lo faranno, così come per anni hanno evitato seri controlli delle emissioni inquinanti.
Terzo mondo lo siamo oggi; un terzo mondo che qualcuno vuole vincolare alla monocultura del petrolio, anche a costo di distruggere risorse ben più preziose dell’oro nero.
Nel terzo mondo lucano non contano le direttive comunitarie in materia di Valutazione di Impatto Ambientale e si può trivellare anche in zone ad alto rischio sismico, con buona pace degli avvertimenti di quegli scienziati che operano in scienza e coscienza e non hanno svenduto la loro dignità di ricercatori a una qualche multinazionale.
Se il futuro della Basilicata è rappresentato dall’oro nero, allora vuol dire che la Basilicata non ha futuro.
Se mettessimo su un piatto della bilancia i presunti benefici che il nostro territorio ha ricavato dalle attività estrattive e sull’altro piatto i danni, gli effetti collaterali e le occasioni perse e sacrificate, avremmo un saldo nettamente passivo.
Il film che meglio potrebbe descrivere la Lucania dell’epopea dell’oro nero è “Il Petroliere”, del quale è tra l’altro stato scritto: “Il Petroliere è un film fatto di bitume, di corpi che diventano tutt'uno con la terra e l'oro nero che la intride. Corpi pronti ad essere spezzati e anche dilaniati nella ricerca di un possesso avido quanto amorale”.
Ecco, la “Basilicata Film Commission” potrebbe finanziare un film ispirato alla pellicola di Paul Anderson e ambientarlo nella Valle dell’Agip. La verità è che al di là della interessata lettura della realtà lucana fatta dai capoccioni della “Mattei”, il tema importante posto dalle attività estrattive, che è quello ambientale, sembra interessare a pochi, ad iniziare dai sindacati.
Approfondimenti
Il Quotidiano della Basilicata, 8 maggio 2014
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