Dibattito sul messaggio Napolitano: Bernardini smentisce e ritira suo comunicato

I radicali Bernardini e Beltrandi smentiscono il comunicato di questa mattina.
Per una serie di equivoci dovuti a errate informazioni che ci sono state trasmesse, devo smentire totalmente – ahimè - il comunicato che questa mattina abbiamo reso Marco Beltrandi ed io.
No, purtroppo, il gruppo del PD non ha al suo interno – almeno così sembra – alcuna contraddizione. La pervicacia del Partito Democratico nel sostenere la sua posizione contraria all’amnistia – e quindi contraria al rientro nella legalità del nostro Paese sui drammatici problemi riguardanti la giustizia e le carceri - PERSISTE. Infatti, la Risoluzione che tanto abbiamo lodato nella dichiarazione di stamattina non è a prima firma Roberto Speranza (capogruppo PD alla Camera) come avevamo scritto con un’attribuzione errata, ma Renato Brunetta (capogruppo Forza Italia alla Camera), al quale – scusandoci - rivolgiamo il nostro plauso rammaricandoci per il voto contrario dell’aula.
Di seguito il testo della dichiarazione resa nella mattinata di mercoledì 5 marzo 2014 e qui smentita:
Ora il Governo dia corso senza indugio a quanto è stato impegnato dalla Camera dei Deputati con la risoluzione approvata ieri in piena consonanza con l’obbligo di provvedere chiesto dal Presidente Napolitano, e in apparente contrasto con quanto ripetutamente dichiarato dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, e dalla responsabile giustizia del PD On. Alessia Morani
Dichiarazione di Rita Bernardini, Segretaria di Radicali italiani, e Marco Beltrandi, Direzione Radicali italiani:
“Mentre il responsabile giustizia del PD, On. Alessia Morani, continua a ritenere che l’amnistia ed indulto siano quantomeno inopportuni per riportare immediatamente alla legalità l’amministrazione della giustizia e la condizione carceraria, così come ribadito in più occasioni dal Presidente del Consiglio dei Ministri in carica, l’Aula della Camera dei Deputati ha approvato ieri a larghissima maggioranza una risoluzione piuttosto articolata in cui nelle premesse già si indicano i rimedi già adottati sinora evidenziandoli come “orizzonti limitati” e, dopo aver definito come “tanto effimere quanto intempestive” le misure di depenalizzazione e la previsione di pene alternative, si impegna espressamente - nella parte dispositiva - il Governo “a valutare l’opportunità di prevedere rimedi straordinari, quali amnistia ed indulto, come premessa indispensabile per l’avvio e l’approvazione di riforme strutturali relativo al sistema delle pene, alla loro esecuzione e più in generale all’amministrazione della giustizia”.
Il Parlamento ha quindi impegnato il Governo ad intervenire senza ritardi e con efficacia sulle questione della riforma delle giustizia valutando anche quelle misure straordinarie che il Presidente della Repubblica l’8 ottobre dello scorso anno, nel suo unico Messaggio alle Camere, aveva in sostanza definito come le uniche adeguate a far uscire immediatamente dalla illegalità (anche costituzionale) l’amministrazione della giustizia e la condizione carceraria, a restituire efficacia all’amministrazione della Giustizia, quindi a creare le condizioni minime di sussistenza dello Stato di Diritto, della certezza del godimento dei diritti civili politici ed economici dei cittadini, ferma ovviamente restando la libertà e la piena competenza del Parlamento nella loro valutazione. Importante anche il riconoscimento nella risoluzione ieri approvata della popolarità e necessità anche delle riforme proposte lo scorso anno dai referendum promossi dai radicali sulla giustizia.
Alla luce di quanto sopra, e anche del fatto che l’Italia dovrà dimostrare alla Comunità europea entro il prossimo maggio che cosa ha fatto concretamente in materia dopo la messa in mora a seguito della sentenza Torreggiani da parte della Corte di Giustizia della Comunità Europea, è ormai indifferibile che anche il Governo Renzi, e le forze di maggioranza che lo sostengono, diano immediata esecuzione agli impegni a cui lo ha vincolato il Parlamento italiano, anche tenendo in considerazione i tempi necessariamente lunghi della Legislatura in corso, dato che almeno un anno deve trascorrere tra l’eventuale approvazione della riforma elettorale e il ritorno al voto, secondo quanto previsto da una Convenzione sottoscritta dall’Italia.
Da parte nostra, prosegue il nostro Satyagraha, cioè la nostra lotta nonviolenta, che vede impegnati ormai oltre 800 cittadini in tutta Italia.
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