Arresto Cerroni, Iervolino: No alla “beatificazione” dell’ex commissario Pecoraro, durante il suo mandato ci fu una guerra per il business dei rifiuti

Malagrotta

Dichiarazione di Massimiliano Iervolino, membro della Direzione nazionale di Radicali Italiani e autore del libro “Roma, la guerra dei rifiuti”.

Mi corre l’obbligo di intervenire rispetto alle ricostruzioni approssimative che, oggi, sono state fatte in merito all’operato dell’ex commissario all’emergenza rifiuti Giuseppe Pecoraro. Innanzitutto bisogna capire perché Malagrotta ha avuto una vita così lunga, rispondere a questo quesito è utile per comprendere cosa sia realmente accaduto nel periodo compreso tra l’apertura della procedura di infrazione da parte della Commissione europea e le dimissioni da commissario del Prefetto Pecoraro.

Esiste di certo un filo conduttore che ha legato la prolungata vita dell’ottavo colle e la ricerca spasmodica di una nuova discarica. Tale legame è di natura prettamente ed esclusivamente economica. Il denaro ha dettato le regole sia prima che dopo l’atto di Bruxelles e la classe politica ha gestito questi due periodi attraverso la sistematica violazione delle leggi. Comportamento che ne ha delineato agli occhi dei cittadini non solo l’incapacità, ma anche l’atteggiamento doloso.

V’e da dire che la partitocrazia, o una parte di essa, fino a un certo periodo storico piuttosto recente ha sempre guardato con favore al patron di Malagrotta quale garante di basse spese di conferimento in discarica, salvo poi, per una serie di congiunture economiche e di atti legislativi non più rinviabili, tentare di spodestarlo per accaparrarsi l’intero business dello smaltimento dei rifiuti. Dunque ciò a cui si è assistito altro non è se non manovra idonea a sostituire la “prepotenza del privato” con l’“onnipotenza dello Stato”.

La riapertura della procedura di infrazione, insieme all’esaurimento dello spazio disponibile a Malagrotta, costrinse la politica, dopo anni di inerzia dolosa, a doversi fare carico dell’annosa questione. C’è stato qualcuno quindi che, sfruttando l’ormai inderogabile chiusura dell’invaso, ha tentato di sostituire l’avvocato Cerroni nel business dello smaltimento dei rifiuti della Capitale. E fu così che l’opportunità di cambiare finalmente registro si trasformò in una vera e propria guerra della monnezza.

Il Prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro venne nominato commissario delegato per il superamento della situazione di emergenza ambientale a Roma, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3963 del 6 settembre 2011. Nell’ordinanza venne specificato come la scelta del commissario doveva essere fatta in via prioritaria nell’ambito dei siti indicati nel documento “Analisi preliminare di individuazione di aree idonee alla localizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi”, redatto dalla Regione Lazio il cosiddetto Siting. Il commissario, con una velocità sorprendente, il 24 ottobre 2011 firmò il decreto prot. n.209071/2011 nel quale venivano indicati due siti “ove saranno progettate, per la successiva realizzazione, due discariche provvisorie per lo smaltimento dei rifiuti urbani prodotti dai comuni di Roma, Fiumicino, Ciampino e dallo Stato Città del Vaticano”, precisamente in località Corcolle-S. Vittorino (Comune di Roma) e località Quadro Alto (Comune di Riano).

Tale scelta venne motivata attraverso le valutazioni tecniche relative all’idoneità dei siti ovvero le capienze di queste due aree per il tempo di 36 mesi, la possibilità di terminare i lavori di allestimento in tempi rapidi e l’esigenza di operare scelte che comportino il minor aggravio dei costi per la relativa realizzazione. Solo dopo qualche mese si scoprì che l’analisi redatta dalla Regione Lazio non era altro che una ricerca bibliografica, invero nessuno aveva avuto l’accortezza di fare indagini sul campo, gli ingegneri Moretti e Sorrentino (consulenti di Pecoraro) confermarono questo giudizio dichiarando che il lavoro della Giunta Polverini era estremamente sintetico e su cui “non risultano indagini sul campo di carattere geomorfologico, chimico, fisico su tutte le componenti ambientali dei sette siti. Tutti i riferimenti e le informazioni tecniche sui siti, quindi sulle falde e sulla geologia, sono resi per ogni sito più sulla base di dati bibliografici che su indagini fatte sul sito”. Pecoraro, nonostante le tante difformità contestategli, confermò con caparbietà le sue scelte, ricadenti su due territori che non appartenevano direttamente a Manlio Cerroni, anche se era noto come quest’ultimo avesse un’opzione sul sito di Quadro Alto a Riano. Saranno giustappunto le proprietà dei terreni, nonché lo strumento dell’esproprio, le cause per cui si aprì un durissimo scontro tra il prefetto e il patron di Malagrotta.

Il Prefetto Pecoraro si dimise da Commissario nel maggio del 2012 perché i due siti individuati non erano idonei, tant’è che il 4 marzo del 2012 venne scoperta una falda acquifera a Quadro Alto, mentre su Corcolle - un luogo a poche centinaia di metri da Villa Adriana, proclamata dall’Unesco patrimonio dell’umanità – si scatenò il finimondo, con intellettuali di mezzo mondo a protestare contro quella scellerata scelta. Oggi, dopo l’arresto di Cerroni, c’è qualcuno che lavora per riabilitare la figura di Pecoraro, dimenticando che le sue scelte furono comunque sbagliate, finanche nel tentativo di una certa classe politica di fare necessita (chiusura di Malagrotta) virtù (la loro!) con manovre indirizzate alla sostituzione del monopolista con aziende di loro esclusiva, o quasi, proprietà, scatenando una vera e propria guerra dei rifiuti. Il tutto a danno dei cittadini. Oggi come ieri.

 

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