Bolognetti: Caro Grillo, anche voi ladri di verità

Di Maurizio Bolognetti, capolista alla Camera in Basilicata per la lista Amnistia Giustizia Libertà
Come succede ormai da mesi, devo una volta di più constatare un’opera di palese revisionismo, manipolazione, censura finalizzata a cancellare la memoria di quanto avvenuto oltre tre anni fa sulla vicenda dell’inquinamento del lago del Pertusillo e più in generale su quanto da tempo vado denunciando sugli effetti collaterali delle attività estrattive in Basilicata e sul pericolo che le stesse rappresentano rispetto alla salvaguardia delle preziose risorse idriche lucane.
Dopo la recente purga da parte della redazione di Report, questa volta il ruolo di manganellatori è stato egregiamente ricoperto da due candidati del M5S con l’avallo del carismatico leader Beppe Grillo.
Quando nel gennaio del 2010, i Radicali e il sottoscritto denunciarono il decadimento della qualità delle acque invasate nella diga del Pertusillo, quella denuncia fu accolta da un tombale silenzio da parte non solo di tutte le forze politiche e sindacali, ma anche da parte di associazioni ambientaliste di Regime e “non-allineate” o sedicenti tali.
Peggio, tutti ma proprio tutti rimasero alla finestra a godersi il tiro al bersaglio scatenato dal Dipartimento ambiente, dall’Arpab e da alcuni editorialisti.
Il 21 gennaio 2010, i Radicali e il sottoscritto finanziarono una campagna di monitoraggio dei tre principali invasi lucani. Io stesso ebbi a partecipare ai prelievi e a consegnare personalmente alla Biosan di Vasto i campioni di acque prelevati dal Pertusilo, dalla Camastra e dalla diga di Montecotugno. I risultati delle analisi furono presentati nel corso di una conferenza stampa il 2 febbraio del 2010.
Di quanto accaduto circa un mese dopo, per fortuna, troviamo una qualche traccia oltre che nell’archivio di Radio Radicale, anche nelle cronache dei giornali locali e in innumerevoli interventi tenuti nel corso di pubbliche manifestazioni.
A chi non ne conserva memoria, a chi vuole tartufescamente cancellare memoria dei fatti, magari per costruire miti e mitologie da sfruttare convenientemente nel corso di questa tenzone elettorale, gioverà però rinfrescare la memoria.
Ad inizio marzo 2010, la Procura della Repubblica di Potenza ebbe a disporre la perquisizione della mia abitazione, dopo un fermo di oltre 4 ore presso la caserma CC di Latronico. La mia abitazione, in presenza del mio avvocato Vincenzo Montagna, venne invasa dai Carabinieri del Noe e dalla Polizia postale. Incredibilmente, il dottor Colella e la Procura di Potenza, anziché andare a caccia degli inquinatori volevano conoscere le mie fonti. In particolare, la Procura voleva sapere chi mi aveva riferito di dati Arpab sugli invasi, dati che pur dovendo essere pubblici mai erano stati divulgati.
Dopo pochi mesi, la stessa Procura ebbe a formulare nei miei confronti e nei confronti del Tenente della Polizia Provinciale di Potenza Giuseppe Di Bello la fantascientifica accusa di rivelazione del segreto d’ufficio.
A questa accusa, formulata da parte di inquirenti che mai fino a quel momento avevano inteso occuparsi dell’incidenza delle attività estrattive in Val d’Agri sulla qualità delle acque e non solo, ho più volte risposto a mezzo stampa e nelle sedi competenti che non può esserci nessun segreto su dati ambientali e che la divulgazione degli stessi è atto dovuto e doveroso ai sensi dell’art. 5 comma C della Convenzione di Aarhus, che recita: “In caso di minaccia imminente per la salute umana o per l’ambiente, imputabile ad attività umane o dovuta a cause naturali siano diffuse immediatamente e senza indugio tutte le informazioni in possesso delle autorità pubbliche che consentano a chiunque possa esserne colpito di adottare le misure atte a prevenire o limitare i danni derivanti da tale minaccia”.
Le informazioni diffuse ad inizio gennaio erano informazioni che avrebbero dovuto essere messe a disposizione dei cittadini dalle competenti istituzioni. Inoltre, risulta davvero incomprensibile la formulazione dell’accusa di rivelazione del segreto d’ufficio in relazione alle analisi del 21 gennaio 2010, che come detto ebbi a pagare e a commissionare alla Biosan di Vasto.
Ai dotti inquirenti, inoltre, ho dovuto ricordare in sede di udienza preliminare la lettera dell’art. 3 ter del Codice dell’Ambiente: “La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché al principio "chi inquina paga" che, ai sensi dell'articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale”.
“Da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private”, appunto!!! Insomma, a noi altri è toccato in sorte, da buoni cittadini, di doverci sostituire all’assenza delle istituzioni deputate al controllo del territorio e alla tutela dell’ambiente e della salute pubblica.
E’ quello che può accadere di dover fare in una terra letteralmente colonizzata dai grandi player dell’energia e in uno Stato che sul fronte della tutela ambientale non rispetta la sua propria legalità, ad iniziare dalle direttive comunitarie in materia che recepiamo con puntuale ritardo e altrettanto puntualmente non applichiamo.
Ciò detto e dopo aver provato sommariamente a ricostruire una vicenda ricca di sfumature e coni d’ombra, torniamo a noi e al revisionismo degli esponenti del M5S.
A Grillo e ai suoi candidati lucani dico che non sono disposto a subire purghe dal sapore stalinista e che anche loro, ahimè, su questa vicenda si stanno comportando da ladri di verità.
La brava gente di Basilicata, quella che ha seguito le vicende che ho ripercorso, sa cosa è successo e sa quanto è costato porre all’ordine del giorno del dibattito politico regionale la questione del debito ecologico e dei veleni industriali e politici, figli di quella “Peste” che abbiamo raccontato e documentato. Lo abbiamo fatto da Radicali, non protestando ma proponendo soluzioni e invitando le istituzioni a riflettere.
Spiace davvero dover constatare che chi ha taciuto, o non c’era quando ho provato a mettere in guardia su certi pericoli, oggi si eserciti in rimozioni e censure. La sgradevole sensazione che monta è che i candidati lucani del M5S si nutrano di una cultura che porta a ritenere che “il fine giustifica i mezzi”. Noi altri, invece, con Gandhi e Albert Camus riteniamo che siano i mezzi a giustificare il fine.
Al Savonarola Grillo e ai suoi compari rivolgo l’invito a venire a manifestare il 15 aprile sotto al Tribunale di Potenza, in occasione dell’udienza che mi vede imputato per rivelazione di non so quale segreto.
La linea difensiva è quella che da tempo ho tracciato ed è quella che altri hanno preferito abbandonare, arrampicandosi sugli specchi, salvo poi spacciarsi per eroi e salvatori della patria anche a costo di manipolare i fatti. A volte, confesso, non so se ci sia da avere più paura di certi magistrati e di certi poteri, che pure gravano sulla vita della Basilicata Saudita, o di certi sedicenti “rivoluzionari”. Ma forse – ed è questa la cosa che fa più paura – sono le facce di una stessa medaglia.
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