NPSG si congratula con la CPI per la prima storica sentenza sul caso Lubanga, pietra miliare per la Corte e decisione cruciale per la tutela dei bambini

La Corte Penale Internazionale (CPI) ha emesso oggi la sua prima sentenza contro Thomas Lubanga Dylo, fondatore ed ex Comandante in Capo delle Forze Patriottiche per la Liberazione del Congo (FPLC) e fondatore dell'Unione Patriottica Congolese. Lubanga è stato riconosciuto colpevole per il crimine di guerra consistente nell'aver reclutato ed impiegato bambini di età inferiore ai 15 anni nei ranghi delle FPLC e di averli usati per la partecipazione attiva nelle ostilità nel periodo da settembre 2002 ad agosto 2003.
Dichiarazione di Alison Smith, consigliere legale di Non c'è Pace Senza Giustizia:
“Non c'è Pace Senza Giustizia (NPSG) e il Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito (PRNTT) salutano la prima sentenza della Corte Penale Internazionale (CPI) quale pietra miliare della sua recente storia e decisione cruciale nel riconoscimento dei diritti dell'infanzia, dal momento che questa è stata la prima, storica occasione in cui il crimine di guerra, di arruolamento e impiego di bambini soldato per la partecipazione attiva in un conflitto armato, è stato oggetto di un processo davanti alla CPI. “La decisione di oggi contribuisce ad inviare un messaggio deterrente ed inequivocabile a tutti coloro che ancora arruolano e sfruttano bambini soldato in conflitti armati, o che pensano ancora di poterlo fare . Speriamo che questo processo serva a consolidare la volontà politica degli Stati di ratificare ed attuare il Secondo Protocollo Opzionale della Convenzione ONU sui Diritti del Fanciullo, che potrebbe a sua volta preparare il terreno perché la soglia massima di età per l'arruolamento e l'impiego dei bambini sia innalzata a 18 anni.
“Condividiamo la preoccupazione espressa dalla Prima Corte Penale della CPI riguardo la strategia investigativa, basata sull'erronea convinzione che la Corte non abbia bisogno di un presenza sul campo e che possa condurre il proprio lavoro da L'Aja. Il numero molto limitato di accuse a carico di Thomas Lubanga Dyilo e, soprattutto, il fatto che l'accusa non abbia rappresentato adeguatamente la natura e l'ampiezza dei crimini realmente commessi dai gruppi armati sotto il suo comando, in particolare violenze di genere, sono ulteriori conseguenze dell'illusoria convinzione che la Corte possa svolgere il proprio lavoro senza un'adeguata presenza sul campo. Come osservato correttamente dal Collegio Giudicante, questo ha comportato un'abdicazione di fatto della responsabilità investigativa a favore di altri, nonché una perdita di tempo, risorse e credibilità, che si sarebbero potute evitare se gli investigatori della Corte avessero speso sufficiente tempo sul campo, compreso un rapporto stabile con difensori di diritti umani sul terreno.
“Ci congratuliamo con la Corte per il ruolo centrale nel processo assegnato alle vittime, dal momento che a ben 129 persone è stata garantita la possibilità di prendervi parte. Attraverso questo processo la Corte ha anche stabilito un importante precedente nell'ambito del trattamento e della protezione dei testimoni, con particolare attenzione ai bambini che hanno testimoniato dinnanzi la Corte stessa, circostanza che ha condotto alla definizione di maggiori garanzie per i testimoni e per l'autenticità delle deposizioni. Incoraggiare la partecipazione delle vittime nei procedimenti è, per la Corte, anche un importante mezzo per soddisfare quello che è un aspetto fondamentale del suo ruolo, ovvero trasmettere un senso di giustizia e attribuzione delle responsabilità alle vittime dei crimini che essa indaga e persegue. Accogliamo inoltre lo sviluppo, da parte della Corte, della giurisprudenza relativa ai diritti dell'accusato ad un equo processo, che a sua volta crea precedenti importanti per i procedimenti futuri, e per questo speriamo che la Corte continui ad indirizzare il suo lavoro anche in questa direzione.
“Infine, incoraggiamo ulteriormente la Corte a continuare ed intensificare i propri sforzi di sensibilizzazione (outreach), anche per eventuali processi d'appello, e la sua presenza nei paesi nei quali vi sono situazioni aperte, in modo da permettere alle vittime ed alle comunità interessate di seguire e comprendere il processo ed il suo giudizio finale, trasmettendo la consapevolezza che giustizia è stata fatta ed è sempre perseguita. Un ulteriore passo cruciale sarà l'attivazione delle procedure per garantire una giusta riparazione alle vittime che hanno ufficialmente fatto istanza per partecipare al processo Lubanga, in relazione alla quale la Corte dovrà urgentemente stabilire criteri e principi direttivi, facendo particolare attenzione che sia garantito a tutti un accesso equo ed effettivo, così da porre fine alle lunghe attese delle vittime rimaste senza informazioni o compensazione.”
Per maggiori informazioni, contattare Alison Smith all'indirizzo asmith@npwj.org o al numero +218 918 097330 / +32 (0)2 548 3912, oppure Nicola Giovannini all'indirizzo ngiovannini@npwj.org o al numero +32 (0)2 548 3915.
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