Piero Capone, sobrio e discreto compagno ed amico

Ci sono notizie che aspetti, te le senti, capisci che prima o poi deve accadere; e però quando accadono, quanto purtroppo trovi conferma ai timori che magari evocavi per meglio esorcizzarli, ti colpiscono e feriscono in modo crudele. Così quando il nostro caro amico e compagno Giancarlo Scheggi ci ha lasciato, gia’ lo sapevi, gia’ lo immaginavi a chi la prossima volta sarebbe toccato. Ed era facile, tutto sommato, immaginarlo, saperlo: che da troppo tempo non dava notizia di sè, non sapevi bene dov’era e come stava, chi aveva avuto occasione di stargli più vicino si limitava a un sospiro e a dirti: “Non sta bene”, eufemismo di “sta male, davvero male”.
Piero Capone – è di lui che parlo – lo sapevamo un po’ tutti che lottava contro la “grande puta” e si guadagnava ogni giorno un brandello di vita. Lui che non mancava a una riunione di Comitato, che era sempre presente alle manifestazioni e ai congressi, che ti mandava i suoi commenti e i suoi editoriali per “Notizie Radicali” anche quando era in giro per il mondo (ed era, tra i radicali, cosa rara, uno dei pochi che sapeva scrivere, sapeva cosa scrivere, e lo faceva senza sbrodolarsi addosso, andando al cuore del problema). Sapeva di economia, sapeva far capire l’economia, e questo suo sapere lo condivideva senza saccenza: sapere, e non nozione pedante. Ma da tempo ci parlava e consigliava sempre meno, le sue presenze più rarefatte: non lo incontravi più, non interveniva non confortava più con il consiglio, e l’autorevolezza della sua esperienza e del suo sapere. Aveva – era evidente – altro che lo teneva impegnato, negli ultimi tempi.
Quello radicale è, anche, quando vuole, un ambiente molto pettegolo, capace di atroci “si dice” vero o no che sia; eppure da Piero, e sul conto di Piero, non ne ricordo nessuna; e non che si negasse la comprensione di quel che accadeva, e non che rinunciasse al suo giudizio critico e a esercitarlo quando riteneva necessario e utile farlo. Sarà forse perchè era seguace di certe sue “filosofie” orientali di cui ti faceva confidenza magari mentre eri a cena in pizzeria, e fino a quel momento si era parlato di deficit di bilancio, di come sanare la voragine dei conti dello Stato, dei mille bluff di Berlusconi e Tremonti, dei mille errori (quando erano errori) del PD e dei suoi dirigenti... E tu magari non ci capivi un’acca di quelle sue filosofie un poco astruse, e neppure troppo ti interessava capire, ma non potevi non cogliere la serenità che Piero sembrava aver raggiunto; e da lui mai una parola fuori tono, mai che alzasse la voce, e si limitava, da gentiluomo di campagna di cui abbiamo perso lo stampo, a dirti che non era d’accordo; e solo se gli chiedevi perchè te ne spiegava il motivo, perchè altrimenti aveva come il timore di importunarti, mentre invece dai suoi argomenti non potevi che essere arricchito.
La faccio breve, perché, immagino che lui per primo, sobrio e discreto com’era, ci chiederebbe di pensare ad altro, di essere lieti, e di continuare a fare quello che con lui si faceva. E ci si proverà, certo. Solo che senza Piero, senza Giancarlo, senza i tanti che in questi anni sono andati “altrove” ci si sente piu’ soli ed è piu’ difficile. Tanto vi dobbiamo, voi che nulla avete mai chiesto. Addio, Piero, che la terra ti sia lieve.
di Valter Vecellio
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