Referendum costituzionale: l’ambiente vota NO!
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Referendum costituzionale. Le ragioni ecologiste per un NO radicale alla controriforma della Costituzione
La riforma costituzionale proposta (o, per meglio dire, imposta) al Paese dal Governo non ci piace e va respinta. Non apparteniamo al coro della “Costituzione più bella del mondo”; non riteniamo la Costituzione un totem intoccabile.
Crediamo, anzi, che la seconda parte della Costituzione vada riformata perché, proprio la nostra militanza radicale ed ecologista, ci ha fatto ben comprendere come gli alti principî enunciati nella sua prima parte siano facilmente eludibili dal potere costituito.
In questi anni e decenni, proprio attorno alle questioni ambientali, abbiamo visto i nostri territori trasformarsi in scenari di scontro – spesso anche violento – in reazione a scelte imposte dall’alto. Territori sono stati militarizzati, cittadini trattati come facinorosi. Ma altro non chiedevano se non di poter dire la loro sul futuro dei loro territori e delle loro vite.
Poi è arrivata la Corte costituzionale che ha demolito pezzo per pezzo Leggi obiettivo e Sbloccaitalia e si è scoperto che i teppisti non erano i cittadini, ma i governi che hanno agito fuori dal dettato costituzionale.
L’Italia ha riprodotto – nel piccolo, ma in modo estremamente fedele – lo scenario globale nel quale l’attacco alla democrazia avviene attraverso il saccheggio ambientale in nome della “crescita” dei pochi contro i diritti di tutti.
Abbiamo, soprattutto, toccato con mano l’arretratezza italiana rispetto alle normative europee che, invece, impongono la una governance partecipata del territorio.
La riforma costituzionale avrebbe potuto rappresentare l’occasione storica: innovare la nostra legislazione e avvicinarci (finalmente!) agli altri grandi paesi europei.
Invece si è scelta la direzione opposta.
Ambiente e democrazia sono le principali vittime di questa “riforma” e, in tal senso, siamo di fronte a una vera e propria controriforma.
Nel nuovo testo, l’ambiente diventa una mera enunciazione. Le parole “tutela e valorizzazione” scompaiono. La difesa dell’ambiente non è più una prerogativa costituzionale della Repubblica. In questo modo, si sterilizzano gli articoli 9 (Tutela del paesaggio) e 32 (Tutela della salute) della Costituzione, pur non essendo stati modificati.
In secondo luogo, la riscrittura delle competenze tra potere centrale e periferico, non semplifica. Al contrario, introduce sciocche ingessature che rischiano di paralizzare l’amministrazione.
Secondo il nuovo Titolo V, infatti, lo Stato dovrebbe definire le “disposizioni generali e comuni” e alle Regioni spetterebbero le “disposizioni non generali e non comuni”.
Sarà quindi di nuovo la Corte costituzionale a doversi pronunciare su cosa è “generale e comune” e cosa non lo è. Ma, a differenza della norma vigente, le Regioni non potrebbero più legiferare su materie tipicamente locali, come il governo del territorio. Non potrebbero più sopperire (come hanno fatto un questi anni) ai cronici ritardi della legislazione nazionale.
Per rispondere ai bisogni dei loro territori dovranno attendere che arrivino dall’alto le “disposizioni generali e comuni”. Al contrario, materie di effettivo interesse nazionale come agricoltura, industria, attività minerarie non rientrano nell’elenco statale, né in quello regionale: sono proprio state dimenticate.
In terzo luogo, attraverso la “clausola di supremazia” il potere centrale può imporre alle comunità locali qualsiasi tipo di decisione in nome di un non meglio precisato “interesse nazionale”.
Si tratta di un vero e proprio commissariamento dei territori che annienta di fatto il principio costituzionale di autonomia e decentramento, solennemente sancito all’articolo 5 della prima parte della Costituzione.
In buona sostanza, i contenuti eversivi e antidemocratici dello Sbloccaitalia sanzionati dalla Corte costituzionale vengono costituzionalizzati con il nuovo testo.
C’è chi voterà sì, “turandosi il naso” o come scelta “meno peggio”. Lo farà perché intimorito dall’ascesa dei cosiddetti “populisti antieuropeisti”. Occorre invece mettere in conto che questa controriforma rappresenta una vera e propria “brexit” italiana rispetto al diritto comunitario che, invece, impone la piena informazione e partecipazione – di cittadini e comunità locali – nelle scelte ambientali e di governo del territorio.
Il nuovo Titolo V, oltre a non ridurre i contenziosi tra Stato e Regioni, espone quindi l’Italia a un conflitto permanente e strutturale con l’Unione europea e i suoi trattati fondativi, con esiti non prevedibili.
Questa controriforma non fa altro che allontanarci dall’Europa. Da una parte l’Europa e suoi più grandi stati che si muovono verso sostenibilità e partecipazione, ricerca nell’innovazione.
Dall’altra parte avremo un’Italietta che piega tutela ambientale e democrazia a vecchie logiche che vorrebbero il nostro paese come terra di conquista per cementificatori, speculatori finanziari e petrolieri che, non a caso, sostengono compatti la “riforma” che hanno dettato al Governo.
Che i cittadini siano visti come un fastidio di cui liberarsi emerge in modo chiaro rispetto ai diritti politici che vengono fortemente ridimensionati.
I referendum propositivi e d’indirizzo, così come l’abbassamento del quorum, sono soltanto una promessa rimandata a ulteriore legge costituzionale. Invece le firme per promuovere proposte di legge d’iniziativa popolare triplicano da subito: dalle 50mila attuali a 150mila. L’obbligatorietà della discussione di tali proposte di legge popolare non è automatica, ma rimandata alla riforma dei regolamenti parlamentari: se e mai avverrà.
Come noto, i cittadini verrebbero espropriati del diritto di voto per il Senato che sarà espressione di accordi tra partiti e non dei cittadini. Peraltro, la riforma crea un irragionevole squilibrio di rappresentanza. Facciamo solo qualche esempio.
La Val d’Aosta, con 130mila abitanti, avrebbe gli stessi senatori del Friuli Venezia Giulia che ha una popolazione dieci volte superiore. Il Lazio, con 6 milioni di abitanti, avrebbe solo 8 senatori, contro i 4 del Trentino – Südtirol sette volte meno popoloso. L’Abruzzo, con il quadruplo della popolazione del Molise, avrebbe lo stesso numero di rappresentanti. I nostri improvvisati costituenti non sono capaci neanche di usare una calcolatrice.
Ma, almeno, il bicameralismo perfetto viene superato?
NO perché tutti i provvedimenti votati alla Camera verrebbero trasmessi al Senato che mantiene intatte le competenze attuali, tranne il conferimento della fiducia al Governo. Al contrario, il Senato non più eletto dai cittadini avrebbe il potere di imporre revisioni costituzionali e la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica. Cento italiani eletti da nessuno, avrebbero il potere di decidere le sorti del Paese.
Si avranno tempi più rapidi per l’approvazione delle leggi?
NO perché vengono introdotti 10 distinti iter di approvazione, con l’evidente rischio di aumentare confusione e lungaggini. Al contrario, si avrebbe un Senato di nominati in grado di bloccare la Camera, cioè l’unico ramo del Parlamento espressione della volontà popolare. Il nuovo Senato avrebbe infatti il potere di imporre alla Camera la discussione (e la delibera, entro 6 mesi) di qualsiasi tipo di disegno di legge. Basterebbero 51 senatori per mettere sotto scacco 630 deputati e l’intero governo: con buona pace della “governabilità”.
I costi della politica vengono ridotti?
Questo sì: il “taglio” dello 0,16% delle “poltrone” porterà ad un risparmio di 80 centesimi annui pro capite. Ma per ammortizzare i costi della controriforma occorrerà attendere 36 anni, ovvero il 2052 per entrare nel primo anno di risparmio effettivo.
Il 4 dicembre si vota per il referendum costituzionale. Il voto che esprimerai conta molto più di quanto pensi. Non voterai né per il Governo, né per le opposizioni: voti per la TUA Costituzione. E il tuo voto lo lasci in eredità anche alle prossime generazioni.
Il 4 dicembre vai a votare NO
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Se non ti abbiamo convinto, leggi il prospetto della Camera dei deputati Costituzione vigente con testo a fronte della “riforma” . Buon voto!
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Fonte: http://ecoradicali.it/2016/11/referendum-costituzionale-lambiente-vota-no/
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