«Si cambi nome alla sala matrimoni»
IL PICCOLO (Trieste) 26/08/2016 – «Si cambi nome alla sala matrimoni»
La presidente di “Certi diritti” avanza la proposta in una lettera aperta al sindaco
«Perchè invece di rocambolesche ricerche di sale diverse da quella dei matrimoni del Municipio, non si rinomina la stessa in “Sala dei Matrimoni e delle Unioni civili del Comune di Trieste” prendendo esempio da quanto è stato fatto a Milano a Palazzo reale?». A rivolgere la proposta al sindaco Dipiazza e all’assessore Lobianco, attraverso una lettera aperta, è Clara Comelli, presidente dell’Associazione radicale “Certi diritti”, secondo la quale una soluzione del genere «accontenterebbe tutti (chi si sposa e chi si unisce civilmente, sia coppie dello stesso sesso che coppie formate da un uomo e una donna) senza spostare di una virgola il senso del servizio offerto dal Comune e mantenendo gli stessi orari e gli eventuali costi».
Come ben sapete – prosegue la lettera aperta di Clara Comelli al primo cittadino e all’assessore competente – la società si evolve e le amministrazioni da sempre si adeguano per fornire nuovi servizi ai cittadini. «Recepire quindi – prosegue – con il banale cambio di una tabella nuove leggi e nuove forme di convivenza, mi pare di assoluto buon senso e inattaccabile da un punto di vista politico». Secondo Comelli questo accorgimento basterebbe per «mettere a tacere tutte le polemiche sorte riguardo a quale sala sia giusto destinare alle registrazioni delle unioni civili». La presidente dell’Associazione “Diritti civili” afferma poi che «la lettura corretta della questione è, come la vostra, che il matrimonio è un istituto diverso da quello delle unioni civili, le quali non si celebrano ma si registrano».
Ma a questo punto, rileva, interviene il tanto citato comma 20 della legge Cirinnà che potrebbe, con il parere di qualche giudice e in presenza di ricorsi, «favorire la battaglia del matrimonio egualitario cancellando quindi l’odiosa separazione che c’è tra i due contratti giuridici (matrimonio e unione civile)». Per certo, conclude Comelli, nella lettera aperta al sindaco e all’assessore Lobianco, è ragionevole pensare che tale comma apra la strada a ricorsi riguardo il “modus operandi” delle registrazioni. «È da stabilire – osserva infine – se tali ricorsi approderanno nei tribunali civili o presso i Tar, considerata la natura organizzativa della discriminazione (nel caso si usi una sala diversa da quella deputata ai matrimoni)» e annuncia che «per certo anche i giuristi dell’ associazione di cui faccio parte sono pronti a dare battaglia e a sanare eventuali illeciti».
Fonte: http://feedproxy.google.com/~r/Radicalifvg/~3/HHStXtd34Bo/
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