VISITA CASA DI RECLUSIONE DI PALIANO (FR) 28 maggio 2016
Nella giornata del 28 di maggio 2016 una delegazione di Radicali dell’Associazione P.P. Pasolini di Frosinone si è recata in visita alla struttura carceraria di Paliano, terzo complesso a uso reclusivo presente sul territorio della medesima provincia.
Con autorizzazione dedicata, alle 9,30 a.m., Arianna Colonna e Sandro Di Nardo hanno avuto modo di far ritorno nella casa di reclusione – ricavata nella Fortezza dei Colonna di Paliano -, che ha visto nel tempo presenti tra le sue mura tra i più noti esponenti della malavita, delle mafie e del terrorismo italiano.
Dopo i classici preliminari di rito, effettuati presso il posto di guardia dell’Istituto siamo stati subito raggiunti dalla Direttrice, la d.ssa Nadia Cersosimo, che, senza possibilità di obiezione, ci ha letteralmente traslati nella sala bar della Casa, offrendoci quanto di meglio presente nel locale – tutto rigorosamente prodotto dai reclusi, realizzatori, tra i tanti dolci, degli invitanti “Baci palianesi”.
Questa breve nota introduttiva sarà l’unica parte della nostra relazione in linea con i precedenti appunti – redatti dalla nostra Associazione dopo ogni visita effettuata negli altri Istituti di pena -, ciò in quanto una visita a Paliano è di per sé un qualcosa di totalmente diverso, che non trova e non può trovare confronto con le precedenti esperienze.
Siamo entrati alle 9,30 e siamo usciti alle 16,30: solo questo dato basterebbe a far comprendere quanto a lungo siamo rimasti nella struttura e come solo altri impegni e necessità ci abbiano indotto a congedarci.
Ammettiamolo: era così interessante interagire con i detenuti di questa struttura e così amabile conversare con l’affabile e ospitale Direttrice – nonché con i suoi collaboratori, che Lei chiama semplicemente e umilmente “collega” – che la presa di coscienza dell’ora tarda ha recato con sé la malinconia – poi confessata all’uscita – per aver dovuto lasciare un luogo così “familiare” al termine di una di quelle giornate di cui non si vorrebbe mai voler vedere la fine.
Abbiamo detto che questo sarà un report anomalo e lo ribadiamo dicendo subito che solo intorno a mezzogiorno, dopo essere stati più di due ore con la Direttrice nel suo studio, tra un via vai di “colleghi”, incombenze burocratiche, telefonate, appuntamenti e un interessantissimo scambio di informazioni – riportate nell’allegato ai piedi di queste nostre note – siamo potuti andare a visitare la struttura pluricentenaria del carcere e i suoi detenuti.
In questo percorso siamo stati accompagnati dall’Ispettore in seconda Gianguido Romolo, altro esempio encomiabile di agente di custodia: disponibilità e dedizione a un lavoro estremamente delicato sono apparse qualità da mettere in evidenza, molto apprezzato anche dai detenuti.
È con questo “Virgilio” al nostro fianco che abbiamo avuto la preziosa opportunità di visitare l’intera struttura, anche nella parte museale che con grande abnegazione la d.ssa Cersosimo tenta di difendere dalle intemperie e dai guasti del tempo, avvalendosi solo di un esiguo, irrisorio sussidio da parte del Ministero che fu delle “Belle Arti”.
Tra le varie eredità del passato, abbiamo avuto il privilegio di ammirare la Sala del Capitano – una delle splendide e antiche “perle” della struttura -, nella quale sono presenti meravigliosi affreschi, raffiguranti le gesta di Marcantonio Colonna; presenti in sala, inoltre, due riproduzioni di opere del Caravaggio e un presepe molto suggestivo realizzato dai detenuti. Constatiamo con dispiacere come, nei secoli, il trascorrere del tempo, l’incuria degli uomini e il disinteresse delle Istituzioni a ciò deputate abbiano compromesso o sottratto ai posteri tante altre bellezze.
Nell’iter all’interno del Palazzo, abbiamo potuto apprezzare anche la sala riservata alle rappresentazioni teatrali e la Chiesa.
La lungimiranza, nonché la spiccata sensibilità della Direttrice – attenta non solo alle esigenze del detenuto, ma anche a quelle dei congiunti, spesso minori incolpevoli – sono ammirabili nell’area verde adibita per i colloqui con i familiari e nel parco adiacente – costruito al posto del vecchio campo di bocce degli agenti -, corredato di giostre per allietare le ore dei bambini che vengono a visitare i propri cari, rendendo così meno traumatico e ostico il loro impatto con il carcere, sempre grigio e cupo nell’immaginario collettivo.
A dimostrazione del ruolo del lavoro che si svolge all’interno dell’istituto penitenziario, l’ispettore Romolo ci ha accompagnati poi presso l’area dedicata alle attività agricole, nella quale, oltre all’allevamento di animali di bassa corte, vengono coltivati svariati ortaggi nella serra nuovissima. Presenti inoltre degli orti terrazzati ben curati e mantenuti. Ci è stato spiegato come ai detenuti sia data la possibilità, attraverso le cd. “prove d’arte”, di dimostrare il mestiere nei quali sono abili e offrire, quindi, il proprio contributo. A conferma di come il lavoro della Direttrice sia virtuoso e volto a superare la penuria di risorse destinate alle istituzioni penitenziarie, è degna di menzione la scelta di aver optato per delle capre e non per ditte esterne per la ripulitura dei terreni difficilmente raggiungibili causa alte declività. Oltre agli ovini, presente anche un cavallo.
Nella nostra “passeggiata” nell’area esterna, l’ispettore ha avuto modo di ribadire quanto già emerso dal colloquio preliminare con la Direttrice: l’istituto dispone di un sistema di videosorveglianza permanente che permette di controllare tutta la zona attigua alle mura sia interne che esterne e tutto rigorosamente fatto in economia.
Abbiamo perlustrato quasi ogni singolo angolo della casa di reclusione e ci siamo intrattenuti con quasi la totalità dei presenti – sia essi detenuti o agenti – e dobbiamo dire e riportare che, come nella precedente occasione, nulla ci ha lasciati insoddisfatti sia in ordine allo stato del carcere che all’attenzione dedicata ai bisogni dei detenuti.
Niente è lasciato al caso. La cura – quasi maniacale per alcuni, ma eccellentemente diligente per noi – che impegna la d.ssa Cersosimo per tenere adeguatamente in vita questa struttura ultracentenaria (la Fortezza di Paliano è della metà del 1500: n.d.r.) ha veramente dell’incredibile: senza risorse o con le pochissime a disposizione riesce a dare un’accettabilissima ventata di vivibilità a ogni singolo piano della struttura e a ogni singola sezione all’interno del carcere, nonché a ogni singola cella nelle varie sezioni.
Intendiamoci: l’elogio è esteso obbligatoriamente anche a tutti i “colleghi” della Direttrice e ai detenuti che l’assecondano e – con il proprio fattivo contributo – la coadiuvano nell’espletamento di ogni singola opera necessaria o “immaginata” (non disponiamo, ad esempio, del numero di bagni presenti nella struttura – riadattati o fatti ex novo – o del numero di Madonnine sparse un po’ ovunque: crediamo tuttavia che il loro numero sia cospicuo e forse esagerato!).
Questo è quanto in merito al tentativo (riuscito) della manutenzione di una struttura che solo l’ incessante opera di una Direttrice-manager, oramai onnisciente in quasi tutti i campi dell’edilizia e non solo, riesce a rendere, oltre che agibile, piacevolissimamente vivibile sia ai detenuti che al corpo di custodia tutto. Non è questo mero “spirito di adattamento”, ma vera e propria creatività messa a servizio di un’innegabile professionalità e un’appassionata dedizione. È la stessa Direttrice a dirci che è da sempre che «si occupa» del carcere, evidenziando la solerte dedizione di cui abbiamo già detto.
Se è prodigioso il lavoro profuso per il mantenimento della struttura, non siamo in grado di definire correttamente o di riportare entro canoni comprensibili (se non invitando gli altri a viverlo come noi) quello che la stessa d.ssa Cersosimo e i suoi “colleghi” fanno a favore del mantenimento dei detenuti nella Fortezza.
Se abbiamo appena attribuito alla Direttrice e a tutto il personale presente un “brava-bravi”, come tradurre in parole l’infaticabile, continuativa ed evidentissima azione messa in campo 365 giorni l’anno per accompagnare i detenuti nella loro vita intracarceraria, contribuendo al loro recupero e reinserimento in società (preminente funzione che si richiede a ogni Istituto Carcerario)? Riduttivo un superlativo assoluto. Esageriamo? Forse, ma sicuramente non troppo.
Evidenziamo allora soltanto una “trascurabilissima” nota, tradotta in questa banale domanda da estendersi a tutte le altre strutture carcerarie: come mai qui non emerge neanche la più piccola, banale, delle lamentele possibili? Quando mai si è sentito che ogni singolo recluso, oltre a conoscere perfettamente il suo Direttore, avesse per questi un’ammirazione così smodata quasi dallo sconfinare nell’idolatria (detto dagli stessi detenuti: “Per noi la Direttrice è più che una madre, è un idolo!)?
Che tutto poi con l’andar della visita dovesse amplificarsi e diventare ancora più piacevole per noi delegati radicali lo abbiamo potuto constatare quando ci siamo sentiti ripetere, con vera, grande, viva commozione da parte di ogni singolo recluso, più e più volte, che la perdita di Marco Pannella, appena avvenuta, è stata per loro fonte di grave sconforto e profondo dolore. Hanno aggiunto che alla presenza di alte Autorità, in visita pochi giorni prima, tutti, ma proprio tutti – senza nessun precedente accordo e autonomamente -, al termine dell’Inno di Mameli (anche questo improvvisato e cantato a cappella), si sono sentiti in dovere di dire, gridare all’unisono un “Grazie, Marco” che ci ha, anche a noi, profondamente commosso fino alle lacrime.
Ci siamo ripresi visitando infine le stanze affrescate di Marcantonio Colonna e la cappella annessa di cui abbiamo già abbondantemente detto per ritornare verso le 14,30 nello studio della d.ssa Cersosimo che ci aspettava con l’imperativo – che certo non ha incontrato la nostra insubordinazione – di farci assaggiare due pizze napoletane e due cannoli siciliani prodotti dalle mani d’oro del cuoco di “Casa Paliano”!
Abbiamo detto che solo verso le 16,30 ci siamo definitivamente congedati e quindi altre due ore le abbiamo passate in compagnia della nostra interlocutrice e dei suoi colleghi con cui abbiamo avuto modo di scambiare un milione di altre riflessioni.
Si è parlato di tanti, molti, troppi aspetti purtroppo negativi presenti nel sistema carcerario italiano: criticità emerse tantissime volte nei nostri precedenti report, questioni e casi complicati oltremodo da una farraginosa burocrazia con cui difficilmente si riesce a convivere e che intrica ulteriormente le situazioni. Purtroppo la vita all’interno di un penitenziario risente spesso dell’ampio margine entro il quale si snoda l’interpretazione delle norme che la regolano. Emblematico è il caso di quella disposizione di legge che – tanto per addurne una ad esempio – stabilisce modalità e tempi per la comunicazione telefonica dei detenuti con i propri cari: i termini sembrerebbero chiari ma ci siamo sbizzarriti a compararli con la discrezionalità con cui vengono applicati da molti degli istituti conosciuti. Tutto ciò troppo spesso provoca, a chi è soggetto al trasferimento da una struttura detentiva a un’altra, vere e proprie ribellioni con tutte le conseguenze del caso (note, segnalazioni, isolamento, etc). Un illustre giurista avrebbe detto: “In claris non fit interpretatio”.
Abbiamo approfondito poi il tema della Magistratura di Sorveglianza e del suo operato nel nostro territorio.
La provincia di Frosinone è tutt’altro che positivamente degna di nota sotto questo profilo, che abbiamo più e più volte esaminato – tracciando giudizi pesantissimi (necessariamente tradottisi poi con una interpellanza al Presidente del Tribunale di Sorveglianza, dott. Bellet) – e su cui continueremo a esprimerci a oltranza, così come abbiamo (ri)fatto con i nostri interlocutori a Paliano, segnalando la ben nota scarsità di mezzi e personale e tutta la confusione scaturita con il congedo – a suo tempo per maternità – dell’unico Magistrato operante sulla Provincia. Questi, non tempestivamente sostituito – e quando ciò è avvenuto, supplendo con diversi altri, depauperando l’operato del Magistrato di Sorveglianza di quella continuità che, in un’ottica di reinserimento del condannato, dovrebbe rappresentarne uno dei connotati principali -, ha fatto sì che si prendessero decisioni in materia di concessioni, premialità, permessi etc. in modo non lineare e omogeneo. Queste decisioni – oltre che essere date con il contagocce (qualora spesso inevase se non ignorate del tutto) – hanno precipuamente frastornato i detenuti e la loro già eterea considerazione sulla giustizia italiana. Oggi, con due applicati – la d.ssa Spaventi e la d.ssa Astolfi -, con un numero in competenza palesemente maggiore di reclusi, non si riesce – se non molto raramente – a conseguire quei benefici di cui dovrebbero aver diritto i carcerati (traducendo la parola della legge in applicazione pratica, il condizionale è d’obbligo) e a rendere il problema del Magistrato di Sorveglianza una bomba ad orologeria pronta ad esplodere!
Abbiamo riassunto e sintetizzato al massimo quanto si è detto: non aggiungiamo oltre su quanto discusso su pensioni e pensionamento; Corpo degli Agenti di Custodia senza “testa propria” ma solo e sempre di provenienza togata, con stipendio da capogiro e quasi sempre con scarsissime competenze e conoscenze; concorso appena concluso e già subissato di ricorsi; aumento vertiginoso dei reclusi; traffici illeciti all’interno delle carceri; difficoltà sanitarie per i detenuti, problemi delle Rems, etc. tutto quanto già fonte di nostre continue osservazioni su report precedenti.
Accomiatatici nei canonici tempi biblici, già messi in evidenza, “siamo ritornati a riveder le stelle” in ore antidiluviane ma con un bagaglio di conoscenze e certezze che presto si tenterà di tradurre in quei dovuti atti e richieste, indirizzati a tutte le sedi di competenza, così come si esige a chi svolge le nostre mansioni negli Istituti di pena e a tal motivo ottiene le dovute autorizzazioni.

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