Visita Casa Circondariale di Cassino del 16-04-2016
In data 16 aprile 2016, noi militanti dell’Associazione Radicale Pasolini della provincia di Frosinone Michele Latorraca, Arianna Colonna, Pierangela Sebastiani, Fabrizia Tumiati e Sandro Di Nardo ci siamo recati presso la Casa Circondariale di Cassino per l’ennesima visita di approfondimento della realtà carceraria ciociara.
Arrivati intorno alle 10.00, come da autorizzazione, ed espletate le normali procedure di controllo, siamo entrati all’interno della struttura.
Accompagnati dal Vice Comandante Facente Funzioni Roberto Rovello e dalla Vice Direttrice ci siamo immediatamente recati a visitare le sezioni detentive, anche se prima abbiamo voluto dare una fugace occhiata allo stanzone adibito a cappella interna, che ospita le opere pittoriche di un detenuto argentino da tempo recluso nella struttura e alle cucine dove già stavano preparando il pranzo del sabato e quindi, visto il da farsi, abbiamo cercato di non disturbare più del necessario ed abbiamo proseguito nella visita .
Ci siamo portati quindi nella seconda sezione. In regime di “celle aperte” vi era in effetti un gran via vai nei corridoi ed erano presenti diversi capannelli di detenuti. Questi, riconosciutici, ci sono venuti incontro e ci hanno nuovamente fatto presente le molte problematicità che allignano nella struttura.
“Certamente l’Istituto detiene una nomea di carcere decente e dignitoso pur tuttavia”, ci ripetono” però è doveroso ricordare che manca un vero e costante rapporto con la Direttrice quasi mai presente nelle sezioni detentive, e poi quella, ancor più sentita, della latitanza del Magistrato di Sorveglianza. E della “scomparsa” delle domandine per i colloqui interni che si può dire? Non parliamo poi delle “punizioni” ai detenuti che solo osano protestare contro ciò che si considerano “ingiustizie”, aderendo a scioperi della fame”. In questo profluvio di parole, di indicazioni, di accenni a mezza voce che da loro si riversava su di noi in visita, non poteva non mancare il richiamo a quella “rigidità”, presente nel solo carcere di Cassino, nel non poter acquistare tabacco sfuso, completamente vietato in Istituto ed a quella dell’impossibilità di poter accedere alla saletta ricreativa occupata da strumenti ed attività altre e non utilizzabile per la destinazione per cui era stata progettata.
Le docce comuni, aggiungiamo noi, per metà non funzionano (lo abbiamo visto ed assodato con i nostri occhi), così come non funziona l’ascensore per il vitto, nonostante le riparazioni ed il funzionamento per un solo giorno. Avvicinandosi poi l’estate e visto che non si possono utilizzare i classici strumenti antizanzare (considerata l’umidità dell’area) sarebbe opportuno che si installassero zanzariere alle finestre delle singole celle.
Successivamente, soffermandoci in infermeria, abbiamo potuto parlare con il responsabile medico della struttura, che, dall’alto della sua esperienza trentennale interna alle carceri, seppur con svariate connotazioni non tutte proprio condivisibili, ci ha tra l’altro detto:”…. di ritenere che il carcere, cosi com’è, non è utile alla riabilitazione dei detenuti, e che, anzi, è spesso criminogeno. Per poter meglio recuperare alla società chi si è macchiato di reati anche gravi sarebbe doveroso utilizzare diverse ed altre forme di pena”. Condividiamo ogni singola parola di questo ragionamento che è da sempre nostro e della galassia radicale e provenendo poi da chi con il carcere ha a che fare da una vita ci fa sentire anche noi dalla parte di chi comprende la grave situazione carceraria italiana e tenta, per le vie giuste, di risolverla.
Prima di raggiungere la prima sezione, quella che ospita i sex offenders, abbiamo anche avuto la possibilità di interloquire con il criminologo che presta servizio nella struttura..
Abbiamo chiesto delucidazioni circa l’attività da lui svolta e dal confronto sono emerse anche interessanti osservazioni sul trattamento dei detenuti.
L’attività del criminologo durante l’esecuzione della pena detentiva consiste nell’osservazione del singolo detenuto – così da poter attagliare il modo di esecuzione della pena alla personalità dello stesso -, nonché nel coadiuvare gli altri operatori e il magistrato di sorveglianza nello svolgimento delle proprie mansioni.
Trattandosi di una casa circondariale nel quale sono presenti in una sezione speciale anche i cd. sex offenders, abbiamo chiesto al dottore quale fosse il regime trattamentale riservato agli stessi. Ci è stato risposto che quella appena citata è una categoria di soggetti che, nonostante il pensiero comune, presenta un’ampia eterogeneità al suo interno: i reati sessuali non sono tutti la manifestazione di una difficoltà del soggetto a domare la propria libido, ma possono essere anche il frutto di una situazione in cui il reo non sa di essere tale perché magari, ad esempio, crede che la sua condotta non sia produttiva di un fatto di reato. Il criminologo ha fatto l’esempio dell’uomo che, all’atto di consumare un rapporto sessuale con un individuo inizialmente consenziente, nonostante tale consenso venga meno un attimo prima del momento clou, non frena i propri impulsi sessuali pensando che, essendo stato ampiamente assecondato all’inizio, non sussista reato. Questo caso ipotetico è – ha proseguito il criminologo – esplicativo di come uno stesso trattamento non possa essere riservato indiscriminatamente sia a chi ha commesso reati di questo tipo che a chi, invece, è, ad esempio, responsabile di atti di pedofilia. Anche da questo ferace confronto è emerso come, purtroppo, le risorse messe a disposizione degli istituti penitenziari sono troppo esigue per poter realizzare la cd. “rieducazione della pena”, costituzionalmente sancita dall’art. 27 comma 3.”
In seguito ci siamo spostati proprio nella prima sezione, che ospita per l’appunto i cosiddetti “sex offenders”. In questo luogo invece il giudizio dei detenuti sulla struttura è molto più positivo. Ritengono di essere seguiti, di avere maggiori opportunità rispetto ad altri Istituti e ci hanno raccontato, in maniera entusiastica, di aver scritto ed interpretato, prendendo ispirazione da “Le città invisibili” di Italo Calvino, una commedia teatrale che si era tenuta il giorno prima e che li aveva impegnati e soddisfatti molto.
Lasciata la prima sezione, dove all’ultimo ci aveva raggiunto anche la Direttrice, siamo andati nella stanza della stessa dove abbiamo conversato e dibattuto sulla situazione della giustizia e delle carceri italiane in generale e sulla struttura cassinate in particolare.
Recuperando le cifre dei detenuti presenti nel carcere di Cassino abbiamo potuto constatare che se a marzo del 2015 queste ci parlavano di 204 reclusi ed ha ottobre del 2015 di 235 + 1 ricoverato, con un incremento intorno al 15%, oggi siamo a 255 reclusi + 2 ricoverati, quindi con un ulteriore aumento del 10% rispetto all’anno precedente (il che ci fa toccare quota + 25%!),che ci fa dire che si è abbondantemente oltre il limite di capienza dell’Istituto stesso (203 detenuti: ndr). L’emersione di questi dati ci induce a quella nostra forte preoccupazione sull’andamento crescente dell’aumento della popolazione carceraria, ma non solo di Cassino, ma dell’intera sfera penitenziale italiana e all’amara constatazione dell’impossibilità, di pari passo sempre più crescente stante così le cose ed in via di peggioramento, di poter effettivamente procedere a dei veri processi riabilitativi sui singoli detenuti. Da questo scambio è venuta fuori un po’ l’anima carcerocentrica della Direttrice che tuttavia ha però riconosciuto la necessità di attivare processi di pene alternative al carcere per l’applicazione piena dell’art. 27 della Costituzione. La stessa ha poi aggiunto una considerazione che di per se pare ovvia e scontata, ma che purtroppo è vera e facilmente rilevabile, su cui si deve riflettere approfonditamente, anche perché apre scenari allarmanti su cui sarebbe opportuno prendere da subito i dovuti accorgimenti. La dott.sa Irma Civitareale, direttrice del carcere, ha infatti rimarcato la necessità che a tutti i reclusi sia consentita quella “parità di condizione” sancita dalla Costituzione e nei regolamenti che allo stato attuale purtroppo viene, senza volerlo, sorpassata e accantonata causa necessità più incombenti. Ciò è in effetti verissimo, specialmente oggi, laddove si è in presenza di una popolazione carceraria fortemente multietnica e spesso extracomunitaria. E’ un dato allarmante che è sfuggito ai più o quanto meno poco rilevato su cui dobbiamo assolutamente fissarci e appurarlo nelle nostre altre visite negli Istituti di pena.
Una medesima preoccupazione espressa sia dalla Direttrice, sia dalla Vicedirettrice che dal Vice Comandante è quella in merito alla prospettiva sempre più evidente di una “militarizzazione” delle carceri italiane, visione che dovrebbe prevedere la fusione della figura del Direttore con quella del Comandante degli Agenti di Polizia Penitenziaria o quanto meno l’estensione della responsabilità del Direttore su più Istituti penitenziari limitrofi, nonostante le direttive comunitarie di senso opposto. Impegno comune sarà denunciare ed evitare questo scenario per alcuni aspetti inquietante.
Alla nostra richiesta di vedere più spesso la presenza nel carcere del Magistrato di Sorveglianza e che questi potesse tentare di risolvere almeno i vecchissimi casi di coloro che volessero essere rimpatriati nelle carceri del loro stato di appartenenza ci è stato gentilmente risposto con un adorabile sorrisetto in quanto non di loro competenza e responsabilità. Alla richiesta ulteriore di adibire una stanza proprio alle videoconferenze con il Magistrato, così come viene fatto in altri Istituti, proprio per snellire e facilitare il contatto del Magistrato con i detenuti richiedenti ci è stato risposto che si vedrà di provvedere nei prossimi tempi.
Con queste ultime battute abbiamo lasciato verso le 14 la struttura con la convinzione di sempre: il carcere è il luogo dove l’illegalità si presenta sotto mille sfaccettature e sta a noi tutti, nessuno escluso, il compito di stanarla per contribuire a migliorare questi luoghi in modo che siano sempre più orientati al recupero della persona e della sua dignità.

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