Ritratto in cento righe - MARIO PUIATTI Giovani e sesso, la lezione che dura da quarant’anni

Data: 
Domenica, 21 June, 2015
Testo: 

Un'epoca in cui tutto era politica e le battaglie civili e sociali erano all'ordine del giorno e un sindacato rosso come la Cgil riusciva a mobilitare diverse centinaia di persone portandole in piazza a Pordenone per impedire a Giorgio Almirante di prendere la parola a un comizio. Fu anche da quel fermento che nel 1975 nacque la sede pordenonese dell'Associazione Italiana per l'Educazione Demografica, Aied, poi consultorio per la conoscenza dei metodi contraccettivi. «Fino al 1971 diffondere temi legati alla contraccezione era reato. Ad abolire l'articolo 553 del Codice Penale fu la Corte costituzionale non il Parlamento. Non esisteva la pillola, ma solo farmaci per la regolarizzazione del ciclo» racconta Mario Puiatti, che allora poco più che ventenne fece spirare anche a Pordenone il vento dei Radicali e delle battaglie per il divorzio, in favore dell'aborto, della sterilizzazione maschile, ma soprattutto della tanto «oscena» educazione sessuale.
Come furono quegli anni?
«Iniziammo verso la fine del 1973. All'epoca aderivo alla Lid, Lega italiana per l'istituzione del divorzio. Ne ero iscritto pur non essendo né sposato, né separato o divorziato. Era una questione di diritti civili. Iniziai a organizzare anche a Pordenone un comitato di persone in difesa del divorzio. Affittai a mie spese il Teatro Verdi di Pordenone, ricordo ancora i 3 milioni di lire pagati per utilizzarlo un pomeriggio. Il Teatro era colmo. Fu lì che nacque un movimento di persone da cui poi prese vita l'associazione radicale (prima riunione alla Casa dello Studente). Avevamo una sede in piazzetta Cavour. Alla fine di quella battaglia vittoriosa per il divorzio decidemmo di creare un luogo dove fosse possibile parlare di sessualità, all'epoca percepita come un cosa sporca e illegittima. Fu così che nacque l'Aied. Iniziammo a fare informazione sulla sessualità e arrivarono i primi pazienti che chiedevano la sterilizzazione maschile e donne che chiedevano di interrompere la gravidanza. Nel 1976 erano molte le gravidanze non volute, venivano praticati gli aborti clandestini e le donne ci morivano. Organizzavamo dei charter da Venezia a Londra, uno ogni dieci giorni circa; a bordo le donne che volevano abortire. Quando fu approvata la legge sull'aborto in Italia, accompagnammo la prima donna in ospedale a Pordenone. Occupammo una stanza per tre giorni prima che ci dessero retta e così in tutti gli ospedali della regione».
Chi erano allora le utenti dell'Aied?
«La fascia medio alta della popolazione: le donne più colte venivano per la contraccezione. Per le interruzioni di gravidanza donne che vivevano nelle campagne con 7 o 8 figli, ma anche la moglie del professionista che era contraria all'aborto, ma a quello degli altri perché per sè aveva delle ottime ragioni. Noi abbiamo sempre rispettato tutti, garantito riservatezza e mai spinto nessuno verso una determinata scelta».
Avete mai incontrato resistenze o rimostranze in città?
«All'inizio eravamo visti come assassini. Inizialmente l'ambulatorio era in piazzale Ellero in un immobile di proprietà di un ingegnere che ce lo aveva affittato e che per questa ragione se n’era sentite dire di tutti i colori dai condomini, ci fu una rivolta».
Dopo 40 anni di informazione, secondo lei sul tema della sessualità le giovani donne oggi sono informate?
«No, se le giovanissime vanno nei consultori con la madre perché sono già incinta. Oggi c'è un’emergenza: la disinformazione degli adolescenti rispetto alla sessualità. Non sanno nulla di più di quanto sapevano le loro madri e padri alla loro età. Una ragazzina di quindici anni non ne parla con la madre, non ha un rapporto di complicità con i genitori e tutto sommato è anche giusto che sia così per non confondere i ruoli. Il problema è che ne parla con l'amica, o cerca sui blog o su internet, una totale disinformazione. A dieci anni i ragazzini guardano il loro primo porno sul web. Dobbiamo invece educare i ragazzi non solo sulla sessualità ma anche sull'affettività, sui rapporti personali. Per questo è fondamentale che questo avvenga a scuola, è lì che bisogna informarli».
Allora non si poteva parlare di contraccezione, oggi sì. Questa libertà non viene sfruttata?
«I diritti oggi sono dati per scontati, i giovani dovrebbero capire che queste conquiste sono frutto di battaglie che non sono acquisite per sempre. Lo scorso anno l'Aied ha fatto un'indagine nazionale. Il dato che più mi ha sconvolto è che alla domanda "Ti capita mai di sentirti sola durante la giornata?" il 57% delle ragazze tra i 15 e 19 anni ha risposto di sì. È un dato gravissimo, se fossimo un Paese civile dovrebbe farci adottare delle politiche vere».
Qualche soddisfazione maturata in questi 40 anni?
«Molte, le decine di migliaia di persone che si sono rivolte all'Aied. Anche quel migliaio di bambini a cui abbiamo dato aiuto perché avevano problemi di allergie e di asma; nel 1979 avevamo avviato un servizio pediatrico e i bambini venivano da noi perché ci occupavamo di patologie che all'ospedale non erano curate. Collaboravamo con un pediatra del Burlo di Trieste».
Secondo lei, com'è Pordenone sul fronte dei diritti civili?
«Avanti, molto più di tante altre città d'Italia; c'è un'attenzione e una sensibilità che forse è frutto anche di 40 anni di battaglie».
Perché lei, giovane di 25 anni nel 1974, ha deciso di dedicarsi a questi temi?
«Perché mi sono iscritto a 16 anni alla Gioventù dei Liberali italiani? Perché a 12 anni invece di giocare a calcio leggevo la Bibbia e avevo una corrispondenza con un teologo? Sono nato da genitori cattolici, la mia strada l'ho scelta, ho deciso di schierarmi e di occuparmi delle cose: un motivo c’é, ma credo di volerlo tenere per me».
© riproduzione riservata

Autore: 
Valentina Silvestrini
Fonte: 
IL GAZZETTINO - Pordenone
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Fonte: http://www.radicalifriulani.it/content/ritratto-cento-righe-mario-puiatti-giovani-e-sesso-la-lezione-che-dura-da-quarant%E2%80%99anni

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