NO MORE SHAME: L’ URLO DELLE DONNE IRLANDESI PER LEGALIZZARE L’ ABORTO
O’ Connor street è una strada molto lunga di Dublino, coperta dal solito grigiore irlandese, al centro svetta un grande obelisco, di un grigio argentato, freddo, che proprio stona con le fiere statue di O’Connor e Parnell e con la vecchia posta ottocentesca. The Spire, come lo chiamano gli irlandesi, con le sue forme statiche e contemporanee, confonde e adombra la memoria dei due lord che proteggono la strada come hanno protetto l’ indipendenza dell’ Irlanda.
Il 20 Agosto scorso, a dar un po’ di luce al grigiore della strada, ci ha pensato una lunga fila di cittadini dell’Eire, che si estendeva dal monumento di lord O’ Connor a quello di lord Parnell. Chiedevano anche loro indipendenza, chiedevano anche loro diritti.
Centinaia di Irlandesi al grido di “No More Shame” (nessun altra vergogna), chiedevano indipendenza dalle gerarchie cattoliche del paese e dal governo.
I cittadini del isola del nord Europa, chiedevano che un loro diritto “sacrosanto” non gli venisse più negato, chiedevano il diritto all’ABORTO.
La Repubblica irlandese nel 1983, con l’emissione dell’ottavo emendamento costituzionale, sancì il divieto d’ aborto, punendo con quattordici anni di reclusione chi lo praticasse.
Nonostante una sentenza della corte suprema d’Irlanda, nel 1992, che dichiarava legale l’interruzione di gravidanza, nei casi in cui c’era un pericolo reale e sostanziale per la vita della donna, e nonostante una condanna da parte della corte europea per i diritti dell’uomo nel 2010, che dichiarava l’incompatibilità della normativa irlandese sull’aborto con l’articolo 8 della CEDU, il governo dell’isola verde, schiacciato dalle gerarchie cattoliche del paese, è restato immobile.
L’ immobilismo moraleggiante del governo, si è protratto fino al luglio del 2013, quando con 127 voti favorevoli e 31 contrari il Dáil Éireann (camera bassa del parlamento) ha approvato il: “Protection of life during pregnancy bill”, legge che permette l’ interruzione di gravidanza, solo ed esclusivamente nei casi in cui il feto può procurare gravi danni fisici e psichici alla madre.
Come avviene in tutti gli stati che svendono l’elemento cardine di ogni democrazia parlamentare, la laicità, ci si inizia a preoccupare di diritti individuali solo quando ci scappa il morto.
Infatti il 28 ottobre del 2012 all’ospedale di Galway, piccola e cupa cittadina universitaria dell’Irlanda occidentale, Savita Halappanavar, donna di 31anni alla 17esima settimana di gestazione, muore di setticemia causatagli dal feto malato, i dottori gli negano l’aborto, spiegandole che il cuore del feto batteva ancora e che l’Irlanda è un paese cattolico.
Dopo questo omicidio di stato, il Dáil Éireann, corre ai ripari varando il “Protection of life during pregnancy bill”, una legge inutile che non risolve il problema.
Infatti poco tempo dopo l’emanazione della legge, ad un altra donna di 18 anni, gli si nega l’ interruzione di gravidanza perché non rientrava nei parametri disposti dalla legge.
La donna era alla 16esima settimana di gravidanza,era rimasta incita in seguito ad una violenza sessuale, e, dopo che gli era stata negata la possibilità di abortire,aveva tentato il suicidio. Lo Stato irlandese la rinchiude in un ospedale psichiatrico, la obbliga a partorire con un cesareo e il bambino, appena nato, viene tolto dalla custodia della donna.
Una donna torturata due volte, prima da un uomo e poi dalle istituzioni.
Uno stato che proibisce l’aborto, non può definirsi come stato democratico, perché impedisce un diritto che discende direttamente dai diritti naturali.
Impedendo l’aborto, uno stato nega la libertà di scelta ai propri cittadini, nega la libertà di scegliere quando e come dare la vita, quindi impedisce di generare vita per amore e non per imposizione di istituzioni impregnate di moralismo cattolico.
Uno stato che svende la propria laicità e legifera in materia etico-religiosa, più che stato democratico è un regime liberticida.
L’ Arcivescovo d’ Irlanda Seam Brady, continua a sbraitare, dal marmoreo pulpito della cattedrale di San Patrizio, la sua scomunica a tutti coloro che praticano un omicidio nei confronti di una vita, dimenticandosi di tutti gli omicidi e le torture che la chiesa d’Irlanda, con la compiacenza del governo, stanno perpetuando da anni nei confronti delle donne irlandesi.
“No More Shame”, nessun’altra vergogna, continuano a gridare il partito dei lavoratori Socialisti d’Irlanda e Pro-Choice (associazione per la libertà di scelta che si batte per legalizzare l’aborto), legalizzare l’aborto per l’Irlanda significherebbe compiere un grandissimo passo verso la libertà di scelta, quindi verso la democrazia, facendo comprendere a tutti i cittadini che le leggi religiose adombrano e stonano con i diritti individuali di una Repubblica come il The Spire adombra O’ Connor street.
Fonte: http://www.perlagrandenapoli.org/?p=13011
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