Le sentenze non son moniti. Che fa l’Italia su giustizia e carceri?

di Marco Perduca – Pubblicato il 27 maggio 2014 su L’Huffington Post

Nel rispondere alle domande postegli da Francesco Lo Piccolo sull’HuffingtonPost, Mauro Palma, presidente della Commissione del Ministero della Giustizia per l’elaborazione degli interventi in materia penitenziaria e già membro del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa, ha affermato:

La sentenza della Corte europea per i diritti umani oltre a essere stata un grave monito, è stata un’occasione per riesaminare il nostro sistema di detenzione, capirne le carenze non tanto e non solo sul piano delle condizioni materiali, bensì su quello della tipologia di detenzione che si attua nel nostro Paese. Una detenzione privata di una connessione con la vita reale, caratterizzata sostanzialmente da una afflizione imposta senza alcun legame reale con il positivo reinserimento al termine dell’esecuzione della condanna. L’alta percentuale di detenuti che hanno recidivato il reato dà un’indicazione della criticità del sistema attuale. Quindi, l’Italia non poteva rispondere alla sentenza di Strasburgo soltanto occupandosi di spazio minimo vitale da garantire – la Corte, come sappiamo, prevede un’automatica violazione dell’articolo 3 della Convenzione, quello che vieta tortura e trattamenti o pene inumani o degradanti, se lo spazio minimo vitale per un detenuto scende al di sotto dei tre metri quadrati. Doveva rispondere con una riflessione più ampia e con provvedimenti non episodici, ma destinati a restare.
Le sentenze non son moniti, e men che meno lo è la Torreggiani che condanna la Repubblica italiana per la sistemica violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani. Si tratta di una delle più gravi, protratte, patenti flagranze criminali da parte di uno Stato membro del Consiglio d’Europa. Non lo dico io o il Partito Radicale ma le centinaia di condanne – altro che moniti! – che la Corte di Strasburgo ha adottato contro la Repubblica italiana negli ultimi 30 anni e che includono anche l’irragionevole durata dei processi.

Di fronte a tutto questo la Repubblica italiana, malgrado il messaggio alle Camere del Presidente Napolitano – un altro monito? – Governo e Parlamento si son dedicati a decine di ritocchi del codice penale piuttosto che adottare la prima unica necessaria riforma per l’oggi: l’amnistia.

Nei giorni scorsi, prima con un documento politico, e poi con uno più tecnico, il Partito Radicale e Radicali Italiani hanno smascherato il gioco dei numeri che ha caratterizzato il Ministero della giustizia e il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

Quelle misure non hanno fatto cessare la sistematica imposizione di trattamenti inumani e degradanti ai detenuti nelle 205 carceri italiane. Il 3 giugno prossimo il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa si riunirà per decidere il da farsi. Qualsiasi cosa verrà decisa, senza una cancellazione del pregresso le, minime, riforme adottate in questo anno e mezzo non potranno risolvere la situazione.

L’amnistia è quindi l’unica via per un minimo avvio di rientro nella legalità costituzionale da parte dell’Italia. Col suo comportamento il Presidente Renzi, segretario del partito di maggioranza nel paese, continua a schierarsi apertamente contro la CEDU e il Presidente della Repubblica, non è il modo migliore per inaugurare la presidenza italiana dell’Unione europea.

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Fonte: http://www.perlagrandenapoli.org/?p=12714&utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=le-sentenze-non-son-moniti-che-fa-litalia-su-giustizia-e-carceri

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