Tensioni marittime nel Pacifico: il primo Codice per gli Incontri non pianificati
Di Fortunato Materazzo. Pubblicato presso “Cronache Internazionali”.
Lo scorso 22 Aprile, nel corso del 14° meeting del Western Pacific Naval Symposium (WPNS), tenutosi per la prima volta nella città cinese di Qingdao, i comandanti delle marine di più di 20 nazioni della regione Asia-Pacifico, incluse Cina, Giappone e USA, hanno approvato il primo Codice di condotta per gli Incontri non pianificati in mare (CUES). Tale documento dovrebbe, nelle intenzioni dei promotori, contribuire a prevenire e ridurre il rischio che le sempre più frequenti tensioni marittime regionali degenerino in un potenziale conflitto.
Il Codice – rivolto a navi ed aeromobili – definisce tutta una serie di misure volte adagevolare la comunicazione tra gli Stati membri e ridurre le incertezze nel corso di incontri casuali o non previsti nelle acque del Mar Cinese Meridionale ed Orientale. In particolare, come scrive il Wall Street Journal, il CUES prevede l’inglese come linguaggio standard per le comunicazioni, stabilisce le frequenze radio che dovrebbero essere usate tra navi ed aerei, così come un insieme di termini (secondo l’alfabeto fonetico) facilmente utilizzabile da quanti non abbiano particolare dimestichezza con l’inglese (ad esempio, con il termine “Bravo” si intende che una nave sta conducendo esercitazioni militari). Inoltre, esso prevede vari segnali che possono essere inviati con razzi o altri mezzi visivi (come quelli per indicare la presenza di sottomarini), così come tutta una serie di azioni che dovrebbero essere evitate dagli equipaggi in mare, come la simulazione di attacchi con missili o altre armi da fuoco puntate contro altre navi.
Il CUES rappresenta il risultato di complessi negoziati iniziati più di dieci anni fa, ma che solo ora hanno visto una conclusione positiva. Nel corso del 2012, infatti, il progetto fu affossato dall’astensione del governo cinese (essendo necessaria l’unanimità per ogni decisione del Simposio), che contestava sia l’uso dell’inglese nelle comunicazioni sia il fatto che il termine “codice” poteva suggerire che fosse giuridicamente vincolante. Ad evidente prova del compromesso raggiunto, ciò che caratterizza l’odierno Codice è proprio la volontarietà dell’adesione e il suo carattere non vincolante, cosa che ha provocato non poche reazioni negative da parte soprattutto degli esperti occidentali. Questi ultimi non hanno, infatti, mancato di sottolineare le loro perplessità circa l’effettiva implementazione delle misure da parte del governo di Pechino, considerando anche il fatto che uno dei punti più spinosi del Codice resta quello che riguarda la sua non applicabilità nelle acque territoriali, ossia il nodo fondamentale su cui ruotano tutte le tensioni che infiammano le acque del Mar Cinese Meridionale ed Orientale.
Tuttavia, dalla Cina, che mantiene dispute territoriali aperte con vari Stati della regione (si pensi alle isole Senkaku/Diaoyu contese con il Giappone o alle isole Spratly con il Vietnam), sono state molte le voci che hanno accolto con entusiasmo questa nuova possibilità di rafforzamento della cooperazione regionale. L’Ammiraglio Wu Shengli, Comandante in Capo della marina cinese, ha infatti definito questo accordo «una pietra miliare che consentirà alle marine degli Stati della regione di promuovere le comunicazioni reciproche e di ridurre gli errori di valutazione e le incomprensioni».
Più prudenti sono stati invece altri esponenti della marina di Pechino: «Quello di cui stiamo discutendo oggi sono le regole» – ha affermato Ren Xiaofeng, capo della Divisione di Ricerca sulla Politica di Sicurezza Marittima della marina cinese –«quando, dove e se queste regole saranno applicate è un discorso che resta aperto a confronti bilaterali».
I molti punti di domanda che rimangono sul documento lasciano presagire che la sua efficacia sarà legata alla volontà degli Stati di farne un modello su cui costruire nuove relazioni per il futuro, senza cioè relegarlo ad un semplice set di principi e raccomandazioni di importanza secondaria. Sebbene allo stato attuale il nuovo Codice possa essere considerato solo un buon punto di partenza, può comunque rappresentare una base importante su cui imbastire e forgiare le future discussioni, in una regione che sta diventando, anno dopo anno, sempre più centrale anche dal punto di vista politico-strategico. A patto che l’accordo venga implementato dal più ampio numero di Stati possibile. E’ questo, infatti, il punto su cui è più volte tornato il Contrammiraglio Anne Cullerre, Comandante delle forze marittime francesi nel Pacifico: «Spero vivamente che tutti [gli Stati parte del Simposio] adottino il CUES nel più breve tempo possibile, ma so anche bene che alcune marine avranno bisogno di più tempo rispetto alle altre per abituarsi a queste procedure».
La Cullerre ha poi aggiunto che una copia del CUES sarà a breve su tutte le navi francesi che opereranno nel Pacifico, proponendo inoltre di creare un gruppo di lavoro on-line attraverso il quale i Membri potranno dichiarare quando intenderanno implementare il Codice, così come proporre miglioramenti. Gli USA e l’Australia hanno appoggiato la proposta, affermando che essa sarà uno dei temi principali del prossimo meeting, che si terrà in Indonesia nel 2016. Resta da vedere quanto anche gli altri paesi membri del Simposio si adopereranno per rendere concrete le novità introdotte dal CUES.
(Trovate l’articolo al seguente link: http://www.cronacheinternazionali.com/tensioni-marittime-nel-pacifico-il...)
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