Politically incorrect : I BUONI ipocriti
Non c’è retorica che possa reggere alla verità della letteratura. “I BUONI”, romanzo vero e spietato, ritratto lucido e feroce della retorica del bene, con un finale alla Dostoevskij, capace di metter a fuoco ciò che è sotto i nostri occhi e che pure – per negligenza o istinto di conservazione – non vogliamo vedere. Alla fine, a sentirci scoperti siamo noi: il nostro bisogno di convivere con il male fingendo di combatterlo, la necessità di accettare un mondo che ci stritola, abitandolo sotto anestesia.
Vittorio Giacopini, 13.04.2014, Domenicale del Sole24ore: http://www.minimaetmoralia.it/wp/?p=20010&preview=true - Quando Aza, ragazza dell’Est, lascia i cunicoli e il suo popolo degli abissi di sbandati, l’ingresso nel mondo dei buoni ha le stimmate di una rinascita totale, però obbligata. Ai piedi delle colline, tra gli scheletri d’acciaio di templi del lavoro ora in disuso, la città che era stata operaia la riceve distrattamente: è già qualcosa, ma un inciampo della sorte le muta il destino. Grazie a Andrea e Mauro [un operatore umanitario e un fotografo prestato al terzo settore] la ragazza selvaggia è accolta nel benedicente regno di un prete santo. Per l’esule la comunità adesso coincide con l’intero orizzonte, non ha confini. Attorno all’uomo di Dio – sguardo stanco, voce dolente, capelli lunghi un po’ unti, maglione liso – ruota adorante tutta una corte angelica di mediocri bontà, spente esistenze, trattenute ambizioni, sante parole. Ma gli angeli decaduti non sono altro che diavoli, com’è noto, e in questo libro ferocissimo e spietato – dunque vero – Luca Rastello ci mette in guardia da subito, non cincischia. Bisogna guardarsi da quell’uomo di chiesa e dal suo fascino. È questione di tempra morale e visioni dei rapporti di forza, di linguaggio. Il soccorritore degli ultimi, grande amico dei Potenti e dei famosi, incarna la “forma del mondo“, va temuto. Il carisma equivoco del prete è l’incantesimo del capo di una setta cerimoniosa.
Scritto con rabbia e passione, livida furia, I buoni è un romanzo-verità che gioca su un cambio di prospettive vertiginoso. Aza impara a muoversi tra buoni che buoni non sono, ma fanno orrore. “L’introibo ad altare dei” si muta nel giro di poche pagine nell’accettazione delle regole di una scuola di empietà terrificante. La discesa agli inferi, evocata nelle pagine iniziali sui cunicoli, mostra ora il suo volto più cupo e ordinario, più spiazzante. È l’universo del “sociale”, dei buoni di professione. Rastello, già autore di alcuni libri chiave sul nostro tempo ["Io sono il mercato" fa impallidire Gomorra; "La Guerra in casa" surclassa Lilin], questo mondo lo conosce e sa narrarlo. È questione di potere e di parole: una lingua maledetta, nulla di più e, davvero, nulla di meno. Prima ancora di vederli in azione, basta ascoltarli: spronati dalla “frusta dell’oltre”, sempre pronti a “sporcarsi le mani” a “metterci la faccia”, a “metter testa”, gli adepti del Santo hanno fatto della Legalità un feticcio e della condivisione un “Idola fori“. Senza calcar la mano, Rastello li lascia parlare, questi mostri: nel sociale tutto è possibile, e non è una denuncia, è… Dostojevsky. La descrizione dei meccanismi interni alla vita della comunità ha l’intensità di un trattato di demonologia, genera angoscia.
Il romanzo ha fatto parlar di sé anche per motivi sbagliati, strumentali, superficiali [dietro la maschera, il volto autentico pare riconoscibilissimo], ma il libro di Rastello è un lavoro che vive di vita propria e scardina le nostre coordinate mentali, gli schemi usati. Raramente un testo recente ha saputo raccontare il Male con tanta oggettività e forza; lasciarsi irretire dal ricatto della cronaca o del gossip è puerile: Rastello guarda più lontano. In questo corpo a corpo visionario e maledettamente concreto col reale, la dialettica tra vittime e carnefici è ormai alle nostre spalle, consumata. Il male, oggi, ha il volto di chi fa il bene, predica il bene in perfetta connivenza col Potere, e il trionfo degli angeli caduti sembra scontato. A meno che dal fondo dei cunicoli del dolore e della droga, della miseria, non riappaia – paurosa – una figura del passato. In questo mondo di lupi mascherati da pecore belanti non ci sono né speranza né giustizia: solo vendetta.

Fonte: http://grupporadicaleadelefaccio.wordpress.com/2014/04/16/politically-incorrect-i-buoni-ipocriti/
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