Quei due no ai medici «Io e Paolo d’accordo»

IL FRATELLO
Alberto, nominato amministratore di sostegno nel 2012 rivive le ultime tappe con la richiesta di forzare le terapie
Domenica 9 Febbraio 2014,
MONASTIER – Il fratello Alberto è una delle persone che più è stata vicina a Paolo Ravasin. Sia nella malattia che nella battaglia per veder riconosciuta la validità del testamento biologico. Nominato nel 2012 amministratore di sostegno, in caso di necessità avrebbe potuto anche arrivare a staccare la spina dei macchinari che tenevano in vita il fratello.
Alberto, come sono andate le cose?
«Abbiamo tenuto fede al suo testamento biologico. All'inizio dell'anno dell'anno i medici ci hanno chiesto se acconsentivamo alla nutrizione artificiale e noi, sia lui che io, abbiamo detto di no».
Stesso discorso per le trasfusioni proposte due settimane fa?
«Stesso discorso».
Ha deciso lei o Paolo?
«Paolo è rimasto cosciente sino agli ultimi giorni. Abbiamo deciso assieme. E alla fine è stata una morte naturale».
Non ha mai sentito il peso di poter eventualmente decidere per lui?
«Sotto questo aspetto va sottolineata l'importanza che hanno avuto l'aver predisposto un testamento biologico e l'avermi nominato amministratore di sostegno».
Perché?
«Perché l'aver messo le volontà di fine vita per iscritto, e averle divulgate, ha consentito che fossero indiscutibili, anche in assenza di una legge che disciplini la materia. La mia nomina ad amministratore di sostegno si è invece rivelata molto utile per permettere lo svolgimento di tutte quelle operazioni che lui, immobilizzato, non avrebbe potuto fare».
Avrebbe avuto anche la possibilità di staccare la spina.
«Qualora Paolo non fosse stato lucido fino alla fine, il ruolo assegnatomi dal giudice mi avrebbe permesso di far valere tutte le sue volontà precedentemente espresse. Grazie a questi passaggi Paolo ha potuto scegliere fino a quando voleva vivere e come andarsene».
Quali sono stati i momenti più importanti?
«Il trasferimento nella casa soggiorno Villa Magnolie che, pur non essendo in quel periodo luogo adibito ad ospitare malati di Sla, si è adoperata fino a diventare una struttura specializzata. Poi, mi preme sottolineare l'importanza che ha avuto il comunicatore simbolico nel migliorare la qualità della vita di Paolo. Questo computer, azionato con il movimento degli occhi, gli ha consentito di “uscire” dalla sua stanza e di comunicare con migliaia di persone. Il trasferimento e il comunicatore sono stati fondamentali per far cambiare idea a mio fratello, che nel 2007 voleva morire».
C'è qualcuno che vorrebbe ringraziare?
«In primis l'associazione Luca Coscioni e il movimento radicale che ci sono sempre stati a fianco. La casa soggiorno di Monastier, i medici, gli infermieri, gli operatori. E poi, ovviamente, tutte le nostre famiglie».

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