La trasparenza che serve è sempre quella degli altri

La legge per i nemici si applica e per gli amici si interpreta”. Questa frase – attribuita a Giovanni Giolitti – mi è venuta in mente leggendo la Circolare n. 2/2013 del Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione relativa all’applicazione del c.d. “Decreto Trasparenza” (Decreto Legislativo 14 marzo 2013 n. 33).

Il Decreto 33/2013 è entrato in vigore ormai da tre mesi e chiama le pubbliche amministrazioni ad un notevole lavoro consistente nella pubblicazione sui propri siti Web di un numero rilevante di informazioni: dalla situazione patrimoniale di Ministri e Sindaci agli appalti, dalle liste d’attesa delle strutture sanitarie alla spesa per personale e consulenze.

Le finalità del decreto sono chiare: combattere la corruzione (che, oltre ad essere eticamente deprecabile, frena la crescita economica) e incentivare forme di controllo diffuso dell’operato della pubblica amministrazione (in modo da accrescere l’efficienza del settore pubblico ed aumentare la fiducia che i cittadini nutrono nelle istituzioni).

Ma non mancano le ombre: il decreto – approvato in tutta fretta alla fine della precedente legislatura – presenta numerose incongruenze ed oggettive difficoltà (specialmente per le amministrazioni locali). E questo non può che incidere sul livello di applicazione della norma: al momento, il numero di Enti che ha pubblicato tutte le informazioni previste dal Decreto è assai basso, e ciò nonostante le tante e rilevanti sanzioni.

In questo contesto, quindi, sarebbe stata utile una circolare che chiarisse i punti oscuri (e controversi) del decreto e fornisse indicazioni che andassero nella direzione di dare omogeneità ai dati pubblicati dalle diverse amministrazioni (consentendo, quindi, di assicurare confrontabilità alle informazioni reperibili sui diversi siti).

E invece, il provvedimento appena pubblicato appare superfluo e poco utile, nella misura in cui si riproduce – in alcuni casi addirittura letteralmente – quanto già previsto dalle norme di legge. In questo contesto, serve ben altro che una Circolare che “porti all’attenzione” delle Amministrazioni all’applicazione del Decreto.

Le norme ci sono ormai: bisogna soltanto farle applicare e, se non fanno una buona riuscita, modificarle.

Ma la cosa grave non è solo che il Governo non riesca a guidare efficacemente il processo di adeguamento delle pubbliche amministrazioni, ma – addirittura – non sia capace di adeguarsi per primo, in modo da essere esempio concreto di quel cambio di paradigma che il Decreto impone.

Il Governo che con Decreto ha imposto a tutte le amministrazioni di pubblicare dati e documenti, infatti, non appare altrettanto solerte nell’essere esso stesso trasparente.

Andiamo con ordine. La stessa genesi del decreto ne fu una prima dimostrazione: la versione definitiva del provvedimento fu approvata dal Consiglio dei Ministri senza neanche essere all’ordine del giorno. Un piccolo capolavoro: la norma che dice che provvedimenti, stipendi e attività della PA devono essere pubblicati sul Web è stata approvata tra le “varie ed eventuali” senza che nessuno lo sapesse (oltre gli staff dei Ministri).

“Atto dovuto di un governo a fine mandato”, si rispose. Ma le cose non sono andate meglio con il nuovo Governo Letta, insediatosi proprio pochi giorni dopo l’entrata in vigore del Decreto 33/2013.

La prima dimostrazione è stato il caso relativo alla (mancata) pubblicazione dei dati relativi alle dichiarazioni patrimoniali dei Ministri. L’art. 14 del Decreto, infatti, impone che tutti i titolari di incarichi politici (tra cui rientrano i Ministri) debbano rendere pubblici i dati su curricula, compensi, redditi e situazioni patrimoniali.

Ebbene, il tempo entro cui i Ministri devono ottemperare è il 28 luglio (tre mesi dalla nomina), ma lo scarso zelo con cui vi hanno provveduto è stato tale che il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (Filippo Patroni Griffi) ha dovuto pubblicamente invitare i colleghi a provvedere.

Allora ben venga la Circolare del Ministro D’Alia, penserà qualcuno.

Purtroppo, invece, nonostante le finalità siano sicuramente lodevoli, il provvedimento è tutto fuorché un “buon esempio”… a cominciare dal formato.

Gianpiero D’Alia, ministro per la Pubblica Amministrazione

Sul sito Web del Ministero è stato pubblicato un mero “pdf-immagine”, vale a dire la scansione dell’originale cartaceo del provvedimento firmato dal Ministro D’Alia (alla faccia della digitalizzazione della PA, sic!).

Si tratta di una scelta quantomeno singolare per almeno due ordini di motivi. Innanzitutto, la Circolare invita a rispettare il testo del Decreto 33/2013 nella parte in cui prevede (art. 7) che – nella pubblicazione dei dati e informazioni – gli Enti sono tenuti ad usare formati “aperti” che ne consentano il riutilizzo (tra cui non rientrano i “pdf-immagine”).

Inoltre, con la pubblicazione del provvedimento in questo formato, il Ministero viola la più recente normativa in materia di accessibilità. Infatti, il nuovo art. 23-ter, comma 5-bis, D. Lgs. n. 82/2005 dispone che i documenti amministrativi informatici debbano essere fruibili indipendentemente dalla condizione di disabilità personale, applicando i criteri di accessibilità definiti in base alla Legge Stanca (Legge n. 2/2004).

Questo comporta che la pubblicazione on line dei documenti debba avvenire in modo da tutelare i diritti delle persone con disabilità: di conseguenza, non può più ritenersi ammessa la pubblicazione di documenti-immagine (cioè di mere scansioni di documenti cartacei), pena l’inefficacia della pubblicazione e la violazione dei diritti dei disabili.

E non va meglio con riferimento ai contenuti.

Nella sua Circolare, il Ministro punta il dito contro quegli Enti che ancora non hanno adeguato il nome delle sezioni dedicate dei propri siti web da “trasparenza, valutazione e merito” a “amministrazione trasparente”. Giusto, in quanto si tratta di un segnale di indubbia sciatteria: se non è corretto nemmeno il nome, come è possibile pensare che dentro ci siano pubblicati tutti i dati previsti dal nuovo Decreto n. 33/2013?

Purtroppo, però, il sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri (a cui fa capo il Dipartimento della funzione pubblica) ha una sezione che si chiama ancora “Trasparenza, valutazione e merito” (e lascio ai lettori controllare quante delle informazioni normativamente previste vi siano effettivamente pubblicate).

Alquanto auto-indulgente appare, poi, anche il paragrafo contenuto nella circolare sullo “stato di attuazione” del Decreto. L’analisi è stata condotta sui “comuni più importanti” (categoria alquanto bizzarra, visto che non si parla di capoluoghi o di enti superiori a una certa soglia di abitanti), ma non su Ministeri e amministrazioni centrali. A pensar male, ma non è il mio caso, si potrebbe ipotizzare che la percentuale di applicazione della PA centrale sia addirittura inferiore rispetto a quella degli enti locali.

È proprio vero: la via verso un’amministrazione trasparente è lastricata di norme di difficile applicazione e inutili circolari, ma – purtroppo – non di buoni esempi.

Foto: Benitoroveran, Giornalettismo

Fonte: http://www.agoradigitale.org/governo-la-trasparenza-che-serve-e-sempre-quella-degli-altri/

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