Keep in touch, Agcom

Come promesso, abbiamo preso parte al workshop che l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha organizzato nella giornata di venerdì 24 maggio maggio alla Camera dei Deputati.

Mentre la capitale era in fibrillazione per gli scioperi, i cortei e le chiusure di campagna elettorale, in sala si è sviluppato un dibattito che ha visto, come prevedibile, una premessa: l’Authority, al contrario di quanto è emerso nelle scorse settimane, non avrebbe in realtà un’idea ben definita dei provvedimenti da adottare né una tempistica che vedrebbe, come paventato dalle indiscrezioni delle ultime settimane, già in estate l’implementazione di una procedura amministrativa per il takedown di contenuti in violazione di copyright. Ma è seriamente al lavoro per partorire il prima possibile il regolamento stesso.

Gli onori di casa sono toccati ovviamente al presidente Angelo Maria Cardani:

Siamo convinti che il primo problema da affrontare sia quello dell’educazione alla cultura della legalità. Poi, arriva la promozione dell’offerta in rete. Da ultimo, arriva l’enforcement, che dovrà essere messo in atto dall’Authority alla luce del quadro legislativo e del bilanciamento dei diritti e degli interessi di tutte le parti in causa.

Secondo alcuni c’è contrasto tra diritto d’autore e diritto di manifestazione del pensiero; non è così, è possibile tutelarli tutti e due al contempo. Noi ci sentiamo legittimati dalle leggi attuali a prendere un’iniziativa, ma è fuori dubbio che, qualora il Parlamento decidesse di modificare l’attuale quadro noi saremmo pronti a cedere il passo ed adattarci.

La scorsa consiliatura aveva elaborato una serie di bozze in merito alle quali erano emerse molte criticità; è passata molta acqua sotto i ponti, sono stati effettuati studi, altri esperti verranno consultati e l’Authority è aperta, con un approccio di learning by doing, ad ogni forma di confronti, purché sia costruttivo e scevro da pregiudizi“.

E parte il primo panel con i rappresentanti internazionali. Esordisce Kerstin Jorna, direttore del dipartimento per la Proprietà intellettuale in seno alla Commissione Europea:

Ci servono studi approfonditi e regole condivise a livello comunitario e contiamo di averle entro la fine dell’anno. Ma, soprattutto, serve ponderare bene tutte le misure che vengono prese, evitando gli eccessi. Ad esempio, se carico un video di mio figlio che balla con il sottofondo di una canzone protetta da diritto d’autore, che senso ha che io venga perseguita?”

Standford McCoy porta invece in punto di vista del Trade Representative for Intellectual property and innovation, l’organismo statunitense che si occupadi redigere la lista dei Paesi nemici del copyright, un elenco dove l’Italia figura tra i soggetti “sotto osservazione”:

Noi dobbiamo essere sicuri che tutti i nostri partner internazionali tutelino il diritto d’autore come lo facciamo noi. In questo senso, non possiamo che riconoscere il duro lavoro già fatto dall’Agcom in questi ultimi anni. Il Digital Millennium Copyright Act non è perfetto, ma resta il nostro quadro di riferimento”

Profondi sospiri in sala, invece, quando si apre il secondo panel mattutino, quello moderato dal commissario Maurizio Dècina. A prendere per prima la parola è infatti Sarah Jacquier, direttore giuridico della chiacchieratissima commissione francese Hadopi.

La Jacquier elenca i numeri delle lettere inviate in prima e seconda istanza, i numeri delle disconnessioni e molte altre statistiche che però non chiariscono quale sia il ritorno positivo per l’industria culturale garantito dal lavoro di chi ha a disposizione circa dieci milioni di euro l’anno per combattere la pirateria oltralpe. Senza contare che l’approccio delle disconnessioni forzate è stato giudicato incostituzionale dalla Suprema Corte di Parigi.

 

 

Tutt’altro piglio è quello di Campbell Cowie, Ofcom:

Dobbiamo avere la massima cautela su tutti i punti critici che riguardano il confine tra consumo ed infrazione. Esiste la necessità di valutare caso per caso per conoscere a fondo chi è che viola le regole e quale reale danno può arrecare all’industria. Questo per scongiurare decisione eccessive e talvolta inutili. È per questo che in Uk non avremo una nuova legge prima del 2015″.

Concorda sull’atteggiamento anche Carlos Guervos, membro della Commissione spagnola sulla Proprietà intellettuale: “È necessario farsi sempre guidare da un principio di prudenza”.

È uno show, invece, quello del professore dell’Università di Amsterdam Nico Van Eijk, il quale mostra delle statistiche che parlano chiaro: se nel 2008 si registrava un 32% di download illegali in Europa, nel 2012 la stessa rilevazione era scesa al 22%.

Questo palesa come l’investire in un’offerta legale tarata sulle nuove realtà digitali sia più proficuo della repressione a tutti i livelli. Van Eijk ci tiene a differenziare nettamente tra singoli individui in odore di fair use e organizzazioni dedite alla violazione massiva del copyright, un approccio che da quel momento legherà molti degli interventi del workshop e diventerà uno dei punti condivisi della giornata.

Nuovo giro di tavolo e Maurizio Mensi, il professore di Diritto dell’informazione e della comunicazione dell’Università Luiss di Roma, afferma sicuro:

Mentre dall’Europa aspettiamo una legge da quasi dieci anni, in Italia il quadro legislativo parla chiaro: l’Agcom ha poteri di enforcement per la protezione del diritto d’autore anche con poteri inibitori, come nelle intenzioni della consiliatura Calabrò.

Una delega talmente chiara che potrebbe addirittura configurarsi una mancanza rispetto a quanto prevede la legge il non deliberare da parte dell’Authority. ll punto non è dunque cosa, ma come mettere in atto i provvedimenti. Ed è chiaro che lì andrà esercitato il massimo bilanciamento di tutti i diritti che entrano in gioco”.

Il docente di Competition law and policy dell’Università di Siena Eugenio Prosperetti evidenzia la mancanza di una chiara definizione di “opera digitale nel nostro ordinamento, vulnus che potrebbe essere foriero di incomprensioni normative. Prima di focalizzarsi sulle segnalazioni dei titolari di diritto:

Nel notice-and-takedown previsto dal Dmca americano si afferma chiaramente che un titolare di diritto, qualora volesse segnalare una presunta violazione, oltre a fornire tutto il materiale necessario a provare la sua rivendicazione deve firmare un’assunzione di responsabilità in merito a ciò che dice.

E se risulta in torto, paga i danni. Ecco, questo è l’approccio giusto, non si può concedere il diritto a semplici e incontrollate segnalazioni verso i provider“.

Il presidente dell’Istituto italiano per l’industria culturale, Angelo Zaccone Teodosi, invitando ad evitare gli “opposti estremismi di chi da un alto vede la bellezza di una Internet che da sola risolverebbe tutti i mali e chi, dall’altro, vede in qualunque pirata la fonte di tutti i mali”, fa un chiaro endorsement all’Hadopi francese: “È provato che il 90% degli utenti che ricevono la seconda lettera di avvertimento smettono di piratare”.

Solo poco dopo si chiarisce che, in realtà, l’unica cosa provata è che quel 90% di utenti non torna più sul sito dove è stato colto in fallo. Su resto della sua attività online è buio.

Chiude la sessione il commissario Antonio Martusciello: “Bisogna ribadire che il focus della nostra azione saranno i soggetti dediti alla violazione massiva del copyright e non i singoli utenti che fanno un uso ragionevole dei contenuti”.

Rifocillati dal pranzo, si riparte con il panel aperto da Paolo Marzano, professore e presidente del Comitato consultivo permanente sul diritto d’autore:

Sono intollerabili le tesi negazioniste sui danni che la pirateria provoca agli autori e all’industria. Sul piano normativo, ci sono due grandi famiglie nelle leggi sul copyright.

La prima è quella che individua l’utente finale come destinatario dei provvedimenti, come la Hadopi, la seconda è quella che si focalizza sui siti, come la Ley Sinde spagnola. Io mi auguro che l’Italia, pur riconoscendo sicuri meriti dell’approccio francese, si avvicinerà a questa seconda famiglia e che si aggiunga al takedown anche il site blocking, che all’estero sta dando i suoi frutti nei casi di violazioni massive.

Perché di una cosa sono certo: non esiste una sola direttrice di soluzione“.

Sul site blocking si apre una piccola querelle, soprattutto per le chiare parole dell’avvocato Guido Scorza:

Sono disorientato; da un alto mi si dice che ci sono centinaia di migliaia di utenti intenti a intraprendere comportamenti che danneggiano l’industria ma, dall’altro, mi si dice che basterebbe chiudere poche centinaia di siti che fanno da ritrovo per i pirati per risolvere la situazione.

Il buon senso dice che sicuramente la pirateria arreca danni all’industria, ma con altrettanta sicurezza si può affermare che non esistono studi abbastanza approfonditi che al momento certifichino quali sono le misure adatte a far smettere gli utenti di scambiarsi contenuti piratati.

Dobbiamo dunque prima di tutto investire nel misurare il fenomeno, e grossa delusione mi ha dato la commissione cultura in Parlamento quando, dovendo dipingerlo, anziché impegnarsi in un’opera di ricerca ha redatto un documento con dati fornitigli da altri. Sono tuttavia diversi i nodi ancora da sciogliere, ad esempio, a chi saranno accollati i costi dell’antipirateria? Non si parla mai di questo aspetto.

Un altro aspetto, e forse più importante, riguarda i poteri dell’Agcom, che dal decreto Romani è stata legittimata ad agire solo nell’area dei media audiovisivi“.

È partito così un giro di interventi dalla sala. Agorà Digitale, da anni in prima linea per difendere la rete dai pericoli che si nascondevano dietro l’approccio potenzialmente liberticida che ha guidato le mosse dell’Agcom di Corrado Calabrò, ha ribadito le sue posizioni concludendo con quella che, più che essere una proposta, appare una necessità nel percorso che porterà alla messa a punto di questo regolamento: la trasparenza delle decisioni e una costante interazione tra l’Authority e i soggetti della secietà civile.

Qui sotto il testo integrale del nostro intervento:

Abbiamo accolto con particolare allarme gli annunci e le indiscrezioni circolate nelle scorse settimane in merito al lavoro della rinnovata Authority, che sarebbe stata in procinto di approvare un nuovo regolamento, molto simile alle bozze precedenti, entro l’estate. Sono molti i punti che, oggi come allora, ci lasciano perplessi.

Il primo è la noncuranza con la quale si ignora la necessità di intraprendere un serio dibattito parlamentare su una delicata materia come quella della revisione del diritto d’autore nell’era digitale. Non basta accollare, come nelle scorse settimane ha fatto chiaramente il presidente Cardani, l’impossibilità di tale passaggio all’inerzia dei protagonisti delle ultime due legislature. Il Parlamento non può essere tenuto in considerazione solo “nel caso in cui decida di prendere iniziative”.

È bene precisare che la nostra posizione non è di pregiudiziale rifiuto nei confronti di una revisione della disciplina del copyright volta alla lotta contro fenomeni di pirateria, né, a maggior ragione, sosteniamo chi, comunque la si voglia vedere, commette un reato.

Tuttavia, non possiamo accettare che un obiettivo legittimo venga perseguito con mezzi potenzialmente liberticidi, che prevedono la possibilità che un’autorità, tramite un procedimento amministrativo, possa prendere decisioni che incidono sulla libertà di manifestaizone del pensiero costituzionalmente tutelata senza coinvolgere la magistratura. Siamo alle fondamenta dello stato di diritto. In questo senso, accogliamo con piacere le differenziazioni che si fanno tra singoli utenti e soggetti dediti alla violazione massiva del diritto d’autore.

Immaginate un contenuto messo offline con un procedimento di pochi giorni perché presenta come colonna sonora un contenuto protetto dal copyright ma che è in realtà un manifesto politico, una denuncia o un servizio giornalistico. Si può permettere questo in nome del diritto d’autore? Noi riteniamo che una risposta a questa domanda possa darla solo un giudice.

Non si può neanche giustificare la fretta di approvare un regolamento con la presenza dell’Italia nella watch list dei Paesi nemici del diritto d’autore stilata a Washington. Anche qui, il Parlamento italiano deve fare la sua parte, non possiamo certo far commissariare le nostre autorità di garanzia da organismi d’oltreoceano.

Ribadiamo che per noi sarebbe maggiormente utile un ampio processo di riforma delle leggi per adattarle al nuovo contesto mediato dalle tecnologie digitali, e questo proprio per tutelare anche gli autori stessi e non solo le corporazioni e gli intermediari che si pongono tra essi e i consumatori (le Creative Commons insegnano in questo senso).

O dobbiamo pensare che la voglia di reprimere a tutti i costi certi fenomeni deriva proprio dalla volontà di non vedere erose le rendite di posizione di qualcuno? Non vogliamo farlo.

Dagli esempi portati in questa sala dagli ospiti internazionali emerge chiaramente una complessità e una multidimensionalità del fenomeno che conferma come la repressione, in rete come offline, da sola genera false soluzioni. Un aspetto che lo stesso commissario Martusciello ha ricordato. Ma basti guardare il sostanziale fallimento francese dell’Hadopi, peraltro qui rappresentata, per averne un’ulteriore conferma. Anche il fenomeno stesso della pirateria viene troppe volte amplificato con statistiche che riproducono artificiose equazioni tra copie piratate e copie invendute, spesso per creare situazioni di allarmismo e terreno fertile per provvedimenti duri e immediati.

Per tutte queste ragioni accogliamo il workshop di oggi con grande piacere, perché significa che l’Authority ha finalmente capito l’importanza di aprire anche ad altri soggetti la discussione su una materia così delicata e che investe una ampia serie di diritti e dinamiche culturali prima ancora che economiche, e che per questo necessita una ponderazione profonda delle azioni che si intraprenderanno.

Tuttavia, ci auguriamo che questa iniziativa non resti un una tantum. Serve confronto ma soprattutto trasparenza nelle decisioni e nell’avanzamento delle stesse passo dopo passo; si apra dunque un canale di comunicazione continuo tra l’Authority, i cittadini e le associazioni, così da evitare il ripetersi di episodi di confusione come quello che ha visto protagonista il commissario Preto all’indomani di alcune dichiarazioni rilasciate al quotidiano la Repubblica.

Vi chiediamo di indicarci in questa sede un organismo o una figura all’interno della macchina dell’Authority alla quale fare riferimento per l’avvio di un filo diretto che ci permetta di essere costantemente aggiornati sullo stato dei lavori.

A questo punto è tempo di tirare le somme della giornata. Marco Ricolfi, professore di Diritto della proprietà intellettuale dell’Università di Torino, fa arrabbiare alcuni dei rappresentanti delle associazioni di autori e produttori, tra i quali il direttore generale della Siae Gaetano Blandini; sarebbe infatti reo di essere uscito fuori dalla mera relazione dei lavori quando afferma:

Ho seri dubbi sul fatto che sia il caso di affidare alla giustizia amministrativa il potere di ordinare i takedown di contenuti dal Web, perché parliamo di una dinamica che investe i rapporti tra privati. Si rischia quindi che dopo il giudizio amministrativo debba comunque venire quello di un giudice ordinario, o che i due piani entrino in conflitto. E si scivolerebbe in controversie che potebbero durare anni”.

Il commissario Francesco Posteraro parla invece di un percorso che “vedrà un’approfondita analisi di tutti i punti emersi emersi in questa giornata e che coinvolgerà nel percorso di messa a punto delle iniziative tutti gli stakeholders”, anche se non si chiarisce in quale modalità.

Afferma comunque che, se regolamento ci sarà, esso prevederà un’azione dell’Authority solo su segnalazione e mai ex officio, confermando che l’obiettivo dell’azione stessa sarà la violazione massiva e non il singolo utente. Anche qui non si specifica, tuttavia, quale sarà la traduzione normativa di questo importante paletto; in altre parole, una volta che l’Authoruty fosse investita di determinati poteri su un ecosistema, come si limiterebbe la schiera dei soggetti sui quali possono essere esercitati?

Ultimo appunto di Posteraro, “l’Agcom non potrà mai comminare sanzioni, ma solo chiedere agli Isp di inibire l’accesso a determinati contenuti o siti”.

Cardani riprende la parola per i saluti finali: “Sono felice di come sia andata questa giornata di confronto, è stato uno scambio interessante”. Il nostro obiettivo è far sì che sia solo il primo.

Fonte: http://www.agoradigitale.org/keep-in-touch-agcom/

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