La Costituzione e la vita
IL PICCOLO (Trieste) 15/09/2013 - La Costituzione e la vita
Etica
Leggendo la segnalazione a firma di Paolo Pesce del 9 settembre scorso, a proposito del “progetto di legge d’iniziativa popolare sul rifiuto di trattamenti sanitari e la liceità dell’eutanasia” (lo scrivo per esteso, perché la proposta è ben più articolata di quanto si usi ricordare) sono rimasto alquanto perplesso. Secondo Pesce, il principio cardine della Costituzione italiana sarebbe la difesa della vita, a cui ogni altro principio andrebbe subordinato. Eppure, ragionare per principi non dovrebbe indurre a delineare una gerarchia, bensì un bilanciamento tra i diversi principi contenuti nella nostra Costituzione.
Ammettiamo che la difesa della vita sia uno di questi principi, come è possibile trascurarne uno altrettanto importante qual è il rispetto della dignità della persona, che la Carta di Nizza sui diritti fondamentali dei cittadini europei, nel suo primo articolo qualifica come inviolabile? Ciascuno di noi ha una diversa concezione di “vita dignitosa”. Ciò implica la necessità di abbandonare una lettura assolutizzante della Costituzione – come quella che ci offre Pesce – che impedisce di realizzare fino in fondo il proprio ideale di vita a quanti desiderano non essere sottoposti a determinati trattamenti sanitari o porre consapevolmente fine alla propria vita, con l’aiuto di chi può garantire questo passaggio con il minimo della sofferenza.
Una lettura non assolutizzante della Costituzione ha il vantaggio di permettere a coloro che non la pensano allo stesso modo di scegliere di comportarsi diversamente. Spero vivamente che la proposta arrivi in Parlamento e sia trasformata in legge, perché vorrei non dover più vedere quell’espressione smarrita negli occhi del mio interlocutore che mi chiede: “avvocato, cosa mi accadrà quando non sarò più in grado di capire cosa mi sta succedendo?”. La nostra Costituzione, scritta dopo il tramonto di un regime autoritario, ha il suo cardine nella tutela della persona, al riparo da ogni coercizione da parte dello Stato. Il che non vuol dire solo tutelare un corpo, vuol dire tutelare i valori che quella persona ha espresso nella vita e in cui ha creduto, anche se per avventura ha trascurato di metterli nero su bianco, come – mi sembra di capire – pretenderebbe Pesce. In una parola, vuol dire tutelare la dignità della persona.
«Il ragionar per principi spesso induce la legge a fermarsi prima, rinunciare alle regole generali e astratte e a rimettere la decisione ultima alla decisione responsabile di chi opera nel caso concreto» (G. Zagrebelsky, Valori e diritti nei conflitti della politica, in La Repubblica, 22.2.2008). È proprio quello che il progetto di legge d’iniziativa popolare cerca di realizzare: creare le condizioni perché ciascuno di noi liberamente possa decidere di morire in maniera coerente rispetto ai valori che hanno caratterizzato la propria vita. Piccola postilla bibliografica. Mi permetto di suggerire a Pesce due libri: “Gli ultimi giorni di Eluana” scritto dal suo collega Amato De Monte e da Cinzia Gori (che tra l’altro contiene i riferimenti alle sentenze in cui con fatica è stata ricostruita la volontà di Eluana) e “L’ultimo gesto d’amore” di Mina Welby con Pino Giannini.
Francesco Bilotta
Fonte: http://feedproxy.google.com/~r/Radicalifvg/~3/v14PrqFA8ic/
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