Giustizia: in attesa dell’amnistia… da tutta Italia è un quotidiano bollettino di guerra

di Valter Vecellio, da www.lindro.it, 11/07/13

Bisogna dare atto al ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri di essere persona che cerca di fare quello che dice e auspica, e soprattutto di non nascondere quello che pensa dietro fumosi ragionamenti. “Molte persone non dovrebbero essere detenute”, dice; e, data la fonte, tocca crederci; e dovrebbe essere fonte di turbamento, che queste parole vengano dal ministro della Giustizia.

Il ministro, per quanto riguarda la costruzione di nuovi istituti penitenziari, promette che “alla fine dell’anno prossimo avremo 12mila posti in più”; e sarebbe un vero miracolo. Quanto alle misure introdotte per decreto per alleviare la situazione di sovraffollamento carcerario, “abbiamo 30mila detenuti in più” rispetto alla capienza complessiva nelle carceri italiane.
“Le persone pericolose non usciranno dal carcere per effetto dei provvedimenti del governo. Escono persone che possono svolgere il loro lavoro all’esterno, possono pagare il loro debito alla società lavorando e rendendosi utili. Il decreto avrà effetto su 5-6mila persone nell’arco di due anni”. Parole pacate in replica a quanti in questi giorni hanno pronosticato sfracelli, paese preda a una nuova orda di delinquenti, e quant’altro.

E l’amnistia? Cancellieri non elude la domanda e la questione: “Alleggerirebbe molto il lavoro degli uffici. Riguarderebbe solo reati molto leggeri, ma in ogni caso è problema talmente politico che lo rimetto del tutto al Parlamento. Molte persone sono nelle carceri, ma non dovrebbero starci. Tanti detenuti sono in attesa del primo giudizio, molti dei quali escono innocenti, quindi dobbiamo ragionare per dargli i domiciliari. Poi c’è chi va in carcere per 2-3 giorni e poi va ai domiciliari e questi passaggi aggravano sistema. Le norme che ci siamo dati servono solo a rendere più semplici le pene alternative. Persone pericolose non escono assolutamente”.

Nel frattempo, le “cronache carcerarie” regalano quotidianamente paradossi in quantità. Andate, per esempio, a Frosinone. Si parla tanto di reinserimento del detenuto, di possibilità di seconda chance. Ecco, c’è un detenuto di Ceccano, in Ciociaria che l’articolo 27 della Costituzione (“Le pene non possono consistere in trattamenti contrai al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione”), lo ha preso in parola.

È un detenuto di 32 anni, sconta una pena di tre anni per rapina ad extracomunitari. In cella ha deciso di terminare gli studi, si è preparato da solo sui libri, perché non ha potuto seguire le lezioni via computer. Ha sostenuto gli esami in cella, davanti a una commissione dell’università, nel libretto sono fioccati svariati trenta e un trenta e lode. Ora deve sostenere la tesi di laurea in Scienze Politiche. Niente da fare: il giudice di sorveglianza ha respinto l’istanza di permesso avanzata dall’avvocato difensore che aveva chiesto di accompagnare il suo assistito anche con la scorta. E vai a capire il perché di questo no.

Non ne parla quasi più nessuno, ma ogni giorno, è un bollettino di guerra. L’altro giorno un agente della polizia penitenziaria in servizio nel carcere romano di Rebibbia viene trovato impiccato nel garage di casa; si accerta che si era tolto la vita quattro o cinque giorni prima. Le ragioni che possono aver indotto A.D.M. a farla finita possono essere le più varie. Ma è azzardato ipotizzare che forse non siano del tutto estranee le condizioni in cui lavorava, quello che ogni giorno, al di là della sua volontà e della volontà dei suoi colleghi, era costretto a vedere, subire, sopportare, forse perfino “fare”? È un interrogativo, un sospetto. Ad ogni modo, è il sesto caso dall’inizio dell’anno.
A Piacenza la “notizia” che nel locale carcere sono stipati 313 detenuti dove al massimo dovrebbero essere 178. A Teramo sono 401 dovrebbero essere 300; in compenso il personale di polizia penitenziaria conta 160 unità, dovrebbero essere 220. In Lombardia la situazione è disperata e disperante, il garante regionale dei detenuti Donato Giordano invoca l’amnistia e il contestuale alleggerimento del lavoro delle Procure depenalizzando “tutta una serie di reati leggeri o prevedendo vere misure alternative che al momento non vengono concesse”.

Le cifre: in Lombardia complessivamente i detenuti sono 9.228, la capienza delle 19 carceri lombarde è di 6.051. A Rimini la locale Camera Penale denuncia la situazione del carcere: “Detenuti in condizioni disumane tra topi, scarafaggi, celle allagate e sovraffollate…Celle allagate, aria irrespirabile, topi, scarafaggi che circolano indisturbati e per finire l’incubo di un’epidemia di scabbia”.

A Verona è un sindacato della polizia penitenziaria, il Sappe, a denunciare “una situazione intollerabile, carenze strutturali specie nell’area adibita all’ora d’aria e di sicurezza considerato che in più occasioni, nel gioco delle turnazioni un solo agente è chiamato a controllare un intero reparto…”. 450 i posti disponibili, 900 i detenuti, 300 agenti, di cui 45 in malattia, “vittime dello stress”. A Napoli un detenuto rinchiuso a Secondigliano si impicca, era un “invisibile”: un tunisino quarantenne, stava scontando una pena per un reato legato alla droga. Emilio Fattoriello, segretario nazionale del Sappe: “Si tratta della quinta morte all’interno delle carceri campane in pochissimo tempo: quattro suicidi e una morte per cause naturali”…

Dobbiamo, chissà, fare appello al papa Francesco. Che anche lui figlio di emigranti, venuto quasi “dalla fine del mondo”, si presenti in una delle tante Lampeduse carcerarie del paese, e chieda lui scusa per noi, e invochi “mai più”, visto che la classe politica, non sa, non vuole, incapace come sembra essere di intendere, ma non di volere.

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Fonte: http://www.perlagrandenapoli.org/?p=11757&utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=giustizia-in-attesa-dell%25e2%2580%2599amnistia%25e2%2580%25a6-da-tutta-italia-e-un-quotidiano-bollettino-di-guerra

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