Giustizia: con il decreto della Cancellieri misure di buon senso per ridurre gli ingressi in carcere
di Lucia Castellano pubblicato su Il Sole 24 Ore, il 04/07/13
Il decreto legge 78 del 1° luglio 2013 raggiunge due obiettivi: da un lato evita l’ingresso automatico dei condannati negli istituti dì pena, dall’altro agevola l’applicazione delle misure alternative, favorendo l’uscita dal carcere.
Sotto il primo profilo, c’è da sottolineare che dopo la condanna, e prima di rendere esecutiva la sentenza, il Pubblico ministero trasmette gli atti al magistrato di Sorveglianza per quella che diventa una decurtazione “anticipata” dei 45 giorni all’anno di pena da scontare per buona condotta, sconto già previsto dalla legge Gozzini. Con questo semplice accorgimento molte condanne a ridosso dei 304 anni di pena da scontare possono beneficiare degli effetti della legge Simeone (e cioè dell’articolo 656 del codice di procedura penale) evitando, di conseguenza, l’ingresso in carcere.
Non meno importante, per gli effetti di svuotamento degli istituti di pena, l’aumento a 4 anni (oggi è invece di 3) del tetto di pena per accedere alla sospensione della pena finalizzata all’ottenimento della detenzione domiciliare.
Importanti interventi sono stati previsti anche sul versante dell’accesso ai benefìci di legge, agendo sulle limitazioni all’accesso e sulla possibilità di lavoro sostitutivo. In particolare, per quanto riguarda il primo tema, vengono abrogate le limitazioni all’accesso ai benefìci (permessi premio, semilibertà, detenzione domiciliare) per i recidivi specifici, attenuando così le misure introdotte nel 2005.
Quanto al lavoro fuori dalle mura del penitenziario, viene introdotta la possibilità di essere ammessi al lavoro all’esterno del carcere anche per attività di pubblica utilità e non solo per lavoro e formazione lavorativa. Viene previsto in sostanza anche il lavoro a titolo di volontariato. Un ulteriore intervento riguarda la possibilità, nel caso in cui la permanenza in carcere comporti grave pregiudizio alla persona, dell’applicazione provvisoria da parte del magistrato di Sorveglianza del beneficio della detenzione domiciliare.
L’intervento del governo va a toccare, come era logico attendersi, anche la popolazione carceraria più numerosa, insieme a quella degli stranieri, ovverosia i tossicodipendenti. Questi potranno essere ammessi ai lavori di pubblica utilità anche per reati non legati allo spaccio dì droga. L’obiettivo di dare sollievo al le strutture carcerarie – e sotto la spada di Damocle dell’Europa che imputa all’Italia u n sovraffollamento patologico degli istituti di pena e delle case circondariali – non può però comportare un “taglio orizzontale” delle pene. Per questo motivo sono previste limitazioni di applicazione del decreto per i reati considerati indicativi di maggiore pericolosità sociale (articolo 4bis della legge 354/75).
Il ministro della Giustizia sta in definitiva cercando, e non solo con questo decreto, di dare un segna le politico forte e di reale attenzione all’emergenza del carcere. È del tutto evidente che il problema va affrontato in sede legislativa, con interventi abrogativi di leggi che si sono dimostrate nei fatti “carcerogene” (dalla Bossi Fini alla ex Cirielli alla Fini Giovanardi). L’Esecutivo ha preso una posizione di serietà e di fermezza: oltre al decreto legge, ha istituito quattro commissioni ministeriali di esperti per affrontare e risolvere i temi della riorganizzazione dei nostri istituti. Per mettere finalmente a sistema, in tutto il Paese, quelle buone prassi che ancora purtroppo restano “sperimentazioni”, anche se in vita da decenni.
Anche a limitare l’analisi agli ultimi venti anni di storia, è la prima volta il tema carcere viene affrontato in modo sistematico e con una visione politica d’insieme. Questo potrebbe essere il primo segnale di un definitivo cambio d’approccio, che non solo preservi il nostro Paese da future condanne europee, ma innalzi il livello di civiltà.
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