Giustizia: con il decreto-carceri “domiciliari” anche ai recidivi, in carcere solo i condannati per reati gravi
di Giovanni Negri pubblicato su Il Sole 24 Ore, il 04/07/13
Tempi più brevi sulla liberazione anticipata e l’affidamento in prova. Detenzione domiciliare anche per i recidivi e minori ostacoli alle misure alternative alla detenzione come pure al-la concessione dei permessi premio. Sono in vigore da poche ore le misure del Governo per affrontare l’emergenza carceri inserite nel decreto legge 1° luglio 2013 n. 78. Doppia la linea di intervento messa in pratica: da una parte la previsione di misure dirette a incidere in maniera strutturale sui flussi carcerari sia in entrata sia in uscita, dall’altra il rafforzamento delle opportunità alternative per i detenuti a ridotta pericolosità.
In questa prospettiva vanno considerate le modifiche al regime della libertà anticipata: alla detenzione devono restare confinati i condannati per i reati più gravi, quelli contenuti nell’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario (omicidio, associazione mafiosa, terrorismo), e chi si trova in custodia cautelare perché già ritenuto pericoloso da parte del giudice. Con la nuova versione dell’articolo 656 del Codice di procedura penale si bruciano i tempi nella concessione del beneficio della liberazione anticipata a un momento preliminare all’emissione dell’ordine di esecuzione. In sostanza, il pubblico ministero, prima di emettere l’ordine di carcerazione, verificherà se già preesistono le condizioni per la liberazione anticipata (tra gli altri, fino 3304 anni di pena da scontare) e ne chiederà la concessione al magistrato di sorveglianza.
Per effetto della modifica, quindi, al passaggio in giudicato della sentenza, se il condannato deve scontare una pena non superiore a 3 anni, 4 nel caso di donna incinta o grave malattia o figli al di sotto dei 10 anni, il Pm sospende l’esecuzione e chiama in causa il giudice di sorveglianza, permettendo al condannato di aspettare da libero la decisione di quest’ultimo. Ridotto il campo di esclusione della sospensione della pena che rimane preclusa solo per i detenuti per i quali è accertata la pericolosità sociale.
Detto dell’ampliamento della possibilità di usufruire dei lavori di pubblica utilità per i detenuti tossicodipendenti e del fatto che, in apparente contraddizione con lo spirito del provvedimento, viene stabilito un vincolo alla concessione degli arresti domiciliari con l’indicazione di un luogo in grado di assicurare la tutela della persona offesa, l’altro intervento di maggiore spessore riguarda le modifiche all’ordinamento penitenziario in materia di detenzione domiciliare. Così, la misura della detenzione domiciliare si applica anche ai detenuti che si sono “macchiati” di recidiva se la pena detentiva anche residua da scontare non supera i 2 anni. È poi soppresso il divieto di sostituire con altre misure in seguito alla revoca della detenzione domiciliare.
Come pure in questa direzione, attenuando la stretta che negli anni passati aveva colpito i recidivi anche per reati di limitata gravità, vanno interpretate le abrogazioni sancite con il decreto legge. Cadono così i limiti alla concessione dei permessi premio e del regime di semilibertà e il limite di una sola volta per l’affidamento in prova. In questo modo, vengono cancellati quegli automatismi che avevano impedito sinora alla magistratura di sorveglianza di effettuare una valutazione in concreto sulla base degli elementi forniti dagli organi di polizia e dal servizio sociale.
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