Che reato è quello di essere diverso da un fantomatico “noi”?

di Fabio Massimo Nicosia pubblicato su Gli Altri, il 21/06/13

Del resto, noi tutti siamo “migranti” in senso lato, veniamo tutti da un ceppo asiatico o africano, e il fatto di essere eredi dei nostri bisnonni non ci dà titoli particolari di precedenza o priorità. Certo, non si può negare che, in alcuni casi, l’attrito sia reciproco, come nel caso di alcune condotte dei musulmani. Il problema fondamentale che si pone, allora, è se diversi stili di vita siano compatibili, o, come dice Robert Nozick, «co-possibili», ovvero se l’accettazione di una condotta diversa dalla nostra comporti l’impossibilità, per noi, di adottare le nostre condotte incompatibili.

Prendiamo l’esempio del velo delle donne. L’islamica che porta il velo non pretende affatto che altrettanto facciano le “nostre” donne, sicché le due condotte sono compatibili e co-possibili. Altrettanto vale per l’alimentazione: gli islamici non mangiano carne di maiale, ma a loro volta non pretendono che noi si faccia lo stesso. Sicché la nostra comunità può ben ricomprendere entrambe le condotte. Per fare un esempio a prima stazione ogni tanto e, tutto sommato, la resa nei confronti dello status quo (a prescindere del discorso degli aborti clandestini in regime di proibizione). L’aborto è quindi un caso dubbio nel criterio che abbiamo adottato (condotte co-possibili), pur non avendo a che fare direttamente con la questione dell’immigrazione. Se quindi chi osteggia l’immigrazione fa ciò in nome della difesa dei nostri costumi, dovrebbe quantomeno dimostrare che l’immigrato non solo richiede di comportarsi secondo la propria cultura, ma che anche pretende di imporre questa a noi. D’altra ,parte, chi sono questi “noi”? E del tutto pretestuoso invocare una presunta “nostra” condotta. Noi viviamo infatti in un contesto, almeno in teoria, liberaldemocratico, cioè laico, in cui tutte le condotte diverse sono ammesse, in quanto non pretendano di imporsi alle altre, ed è questa l’unica “integrazione” che può interessare a un liberale. É fastidioso, ad esempio, sentire invocare da un presentatore televisivo la “nostra” religione, perché noi non abbiamo una “nostra” religione, ma disponiamo della libertà di seguire una religione purchessia o di non seguirne nessuna.

A volte qualcuno invoca il criterio di reciprocità, asserendo che noi non dovremmo “cedere” ai costumi degli immigrati, se loro non fanno lo stesso nei nostri confronti a “casa loro”. Si tratta, anche in tal caso, di una proposta contraria alla “nostra” cultura liberale, dato che non è buona cosa per noi vestirci da teocrazia come risposta alle teocrazie altrui. Venendo al tema, del referendum, è agevole affermare, seguendo la dottrina classica del diritto penale, che il reato di mera “immigrazione clandestina” ricade nelle figure di reato del “tipo d’autore”, in cui viene criminalizzato qualcuno non per ciò che fa, ma per ciò che è: nella fattispecie qualcuno che si trova nel nostro territorio senza permesso. Ma le regole che riguardano il rilascio dei permessi, oltre a gonfiare inutilmente le carceri, sono a loro volta opinabili. Ad esempio, si pretende irragionevolmente che un immigrato venga in Italia solo se già dispone di un contratto di lavoro, ma non è chiaro come possa trovare lavoro qualcuno che sta a migliaia di chilometri di distanza, quando nemmeno i cittadini spesso ci riescono pur stando… sul luogo. E poi chi dice che un immigrato debba per forza essere lavoratore dipendente (per svolgere lavori che gli italiani rifiutano, magari), e non lavoratore autonomo? Ma per divenire tale occorre che il mercato sia aperto, con libera circolazione di capitali, di beni, di servizi e di persone, come avviene o dovrebbe avvenire nell’ambito dell’Unione Europea. E poi c’è la questione di chi disponeva di un lavoro, ma che per qualsiasi motivo l’ha perduto. É sensato che costui debba essere espulso, privandolo della chance di trovare un altro lavoro regolare, senza costringerlo alla clandestinità e quindi al dumping tra proletari? Ecco, queste mi paiono buone e sufficienti ragioni per sostenere i referendum radicali, e spero che siano condivise da tutte le persone ragionevoli e razionali, che affrontino la questione, come si diceva all’inizio, con la testa e non con le viscere.

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Fonte: http://www.perlagrandenapoli.org/?p=11470&utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=che-reato-e-quello-di-essere-diverso-da-un-fantomatico-noi

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