Giustizia: statistiche su capienza carceri, il Dap ammette discordanze tra i dati pubblicati
di Dimitri Buffa pubblicato su Il Punto, il 02/06/13
Statistiche carceri: in Italia i dati esatti sulla capienza delle carceri e l’effettiva presenza dei detenuti non è sempre facilmente determinabile. Da qualche mese i dati sono pubblicati sul Ministero della Giustizia. Il dato sulla capienza non tiene conto di eventuali situazioni transitorie che comportano scostamenti temporanei dal valore indicato”. Un asterisco messo lì per pararsi le terga da eventuali denunce per falso in atto pubblico, già minacciate dai radicali italiani. Così il Dap spiega il balletto di cifre sui detenuti effettivamente presenti e la capienza regolamentare.
In pratica è come fare il gioco delle tre carte sui dati del sovraffollamento carcerario e dei detenuti e prendere tempo. La filosofia della burocrazia di via Arenula, ampiamente avallata dai ministri Guardasigilli pro tempore, è ormai questa. La stessa che portò alla nascita della legge Pinto, concepita per fare fronte alle centinaia di condanne per la lentezza dei processi penali e civili: risarciamoli in automatico in Italia di modo che non si rivolgano all’Europa.
Adesso, siccome è impossibile difendersi davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) – che ci condanna centinaia di volte l’anno per la sostanziale ingiustizia dei nostri processi penali, per l’eccesso di carcerazione preventiva e per il fatto di tenere le carceri come nemmeno con i canili è lecito fare – all’Italia, pluripregiudicato d’Europa del settore, non è rimasto altro che comportarsi come tale: tirarla per le lunghe coi processi europei e tentare di mischiare le carte.
L’ex deputato radicale Rita Bernardini è stata la prima ad accorgersi di questa strana furbata: da una parte l’Ufficio Statistico del Dap calcolava fossero 47.045 i posti “regolamentari” nelle carceri italiane (dati diffusi il 31 marzo 2013); dall’altra, l’Ufficio Tecnico per l’Edilizia penitenziaria, nella circolare “riservata” di cui Il Punto è venuto in possesso, (datata 10 aprile 2013), dice che i posti sono 45.000 e molti sono inutilizzati perché in sezioni chiuse e inagibili.
Uno potrebbe pensare due cose: o i due uffici non comunicano affatto tra loro, oppure il primo ha il compito di “addomesticare” i dati sul sovraffollamento (che poi vengono resi pubblici), mentre il secondo, che si rivolge agli “addetti ai lavori” all’interno dell’Amministrazione penitenziaria, descrive una realtà ben peggiore.
Sia come sia, 2045 posti di differenza, nella migliore delle ipotesi, corrispondono a un carcere dalle dimensioni di Regina Coeli o San Vittore. E la capienza fa la differenza per i vari ricorsi che l’Italia coltiva in Europa per frenare la condanna che fra un anno le pioverà addosso sotto le forme di procedura di infrazione. Perché ormai la detenzione nel nostro Paese è a rischio di morte dato che dall’inizio dell’anno non si contano più i morti dietro le sbarre.
O meglio si contano eccome: al 21 aprile erano 58, 17 dei quali suicidi. L’anno precedente, il 2012, erano stati 154, sessanta dei quali suicidi. Un’ecatombe che ha fatto dire che in Italia da tempo non esiste più la “pena di morte”, di fatto è molto probabile che anche chi in galera ci va in attesa di giudizio in custodia cautelare, spesso applicata con criteri abnormi e fuori dalla legge, possa incappare nella “morte per pena”.
E che dice la circolare riservata del direttore generale del Dap, il magistrato Alfonso Sabella, già segretario dell’associazione nazionale magistrati? Eccone qualche stralcio, giudicatela voi lettori, di certo non fa sconti a nessuno ma individua soluzioni molto discutibili. Si comincia dall’”Oggetto”, cioè le “Sentenze Corte Europea e dei diritti dell’Uomo (Cedu) 8 gennaio 2013, Torreggiani ed altri c. Italia, e 29 gennaio 2013, Cirillo C. Italia”.
Poi si danno i veri dati sul sovraffollamento, ancora più drammatici di quelli noti fino ad ora: “Con riferimento alle risultanze delle sentenze citate in oggetto, relative a condanne dell’Italia in procedimenti attivati da detenuti ristretti in camere eccessivamente sovraffollate, si comunica quanto segue. Il numero attuale dei detenuti ammonta a circa 67.000 contro circa 45.000 posti regolamentari, quindi la percentuale media di sovraffollamento è pari circa al 50%.
Quindi, nelle attuali camere di pernottamento, la superficie di spazio vitale non dovrebbe scendere sotto il valore di 4/5 mq per detenuto e/o internato; dunque, se il patrimonio immobiliare fosse organicamente, correttamente e completamente gestito e utilizzato, non si potrebbe superare, in negativo, il valore limite di 3 mq di spazio vitale per detenuto, al di sotto del quale l’individuo è considerato in ristretto in condizioni di “tortura”.
Tuttavia, a causa delle note condizioni di sovraffollamento, in molti istituti tale percentuale mediamente ammonta al 100%, con punte fino al 500%, segno evidente che la distribuzione dei detenuti sul territorio nazionale non è comunque effettuata in maniera razionalmente economica rispetto alle risorse disponibili”. Insomma un inferno, anche se l’altro ufficio su citato dava numeri diversi. La lettera riservata, anzi la circolare Sabella, è diretta a tutta la burocrazia interna del Dap (il Capo del Dipartimento, i Vice Capi del Dipartimento, il Direttore Generale dei Detenuti e del trattamento, il Direttore Generale del Personale e della formazione, il Direttore Generale del Bilancio e della contabilità, il Direttore Generale dell’Esecuzione Penale Esterna, il Direttore dell’Isspe, il Direttore dell’Ufficio per l’attività ispettiva e del controllo) che detto per inciso è elefantiaca, strapagata e assorbe una marea di risorse che meglio sarebbero allocate per migliorare le retribuzioni della Polizia Penitenziaria e le condizioni di vita dei detenuti.
Leggendo il seguito della “circolare riservata” si capisce che qualcuno dei responsabili dei vari penitenziari fa il gioco delle tre carte, e questo non si sa ancora per quale oscuro motivo: “Inoltre, si deduce che probabilmente i dati periodicamente forniti dalle articolazioni territoriali rispetto alla capienze regolamentari si riferiscono alle capienze degli interi complessi, al lordo, quindi, delle superfici di reparti chiusi o sottoutilizzati rispetto alle loro potenzialità, e non alle sommatorie delle realtà delle singole sezioni detentive”.
Ergo? “Tale evidenza, peraltro già da tempo nota, ha indotto questa Direzione Generale a puntare sul recupero e sulla riqualificazione delle strutture esistenti, attività che consentirebbe, mediante la progressiva riorganizzazione degli Istituti e la razionalizzazione dell’uso degli spazi disponibili, l’abbattimento del fenomeno del sovraffollamento ed il miglioramento delle condizioni di vivibilità e di lavoro nelle strutture gestite, con priorità per gli Istituti e gli ambiti territoriali più coinvolti dall’emergenza in atto.
Al riguardo, si chiede alle SS.LL. di svolgere una sistematica indagine ricognitiva presso gli Istituti Penitenziari delle circoscrizioni di competenza per verificare l’esistenza di reparti detentivi in cui siano allocati detenuti e/o internati con meno di 4 metri quadrati di superficie ciascuno nelle stanze di pernottamento. Nei casi di accertamento di tali situazioni, le Direzioni degli Istituti dovranno puntualmente descriverle e indicare se esistano, nell’ambito dello stesso complesso demaniale, reparti inutilizzati o sotto utilizzati con spazi tali da poter ridurre o eliminare le carenze emergenti, formulando proposte operative in tal senso.
Sulla base dei dati riferiti dalle Direzioni degli Istituti, si chiede alle SS.LL. di predisporre analoghe proposte di possibili interventi di riequilibrio delle situazioni accertate in ambito regionale, in coerenza con i Progetti dei Circuiti Regionali già approvati. Nell’evidenziare l’importanza dell’iniziativa, finalizzata alla programmazione e progettazione del riassetto complessivo del patrimonio immobiliare in uso governativo a questa Amministrazione e alla selezione degli interventi prioritari da realizzare, si resta in attesa di riscontro entro il 31 maggio 2013”.
Il paradosso
Ma tutta questa apparente buona volontà di Sabella cosa ha portato nei fatti? A sentire le numerose e concordi testimonianze di ex detenuti e di familiari di persone ancora in carcere (che chiunque può ascoltare con le proprie orecchie ogni martedì alle 20 e 45 a Radio radicale nella trasmissione di Riccardo Arena, “Radio carcere”, ndr), a un semplice paradosso: hanno trasformato in “celle” le stanze dove si giocava a ping pong e si faceva un minimo di socialità all’interno di una serie di strutture detentive. Risultato di questa “pecionata” all’italiana?
Non solo non ci sono più spazi per questa socialità ma sono diventate celle delle stanze che non erano adibite a esserlo, prive anche di servizi igienici, sempre che quelli ordinari del carcere possano definirsi così, visto che si cucina e si defeca nello stesso spazio adibito a bagno e cucina. Tanto zelo e tanti arrampicamenti liberi sugli specchi serviva ovviamente all’ex ministro Severino per fare quei ricorsi dilatori alla Gran Chambre europea, perché lo stato italiano invece che rientrare nei parametri europei di dignità dell’uomo preferisce fare come fece a suo tempo con l’atrazina: ce ne è troppa nell’acqua?
E noi alziamo i parametri di tollerabilità. E la prossima volta che un ministro si presenterà in pompa magna in qualche struttura penitenziaria per presentare la “carta dei diritti dei detenuti” non si meravigli se troverà un qualche sindacato delle guardie carcerarie o gli stessi detenuti a manifestare. Per ricordare una semplice verità: “Questa carta è roba buona per andare in passerella televisiva, non serve alcun documento dei diritti dei detenuti, basta rientrare nella Costituzione”. E in Europa.
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