Boldrini tra i giovani detenuti di Nisida: “Presidente, come possiamo aver fiducia?”

di Conchita Sannino, da Repubblica.it, 14-05-2013

NAPOLI - “Signor presidente”, comincia il ragazzino-carcerato Alessio. Laura Boldrini spende il miglior sorriso per correggerlo. “Signora, meglio…”. Allora lui, entrato in cella a sedici anni, ormai 27 mesi fa, affronta di petto il presidente della Camera, anche se con l’educazione del “voi”. “Datemi un motivo per credere che farete qualcosa per noi appena uscita di qui: per il lavoro, per le prospettive, perché qualcuno ci metta in prova. Ma anche per le condizioni carcerarie”.

La presidente della Camera lo interrompe, calma. “Pensate, ragazzi, che almeno questa è un’isola felice. Avete laboratori, avete spazi meravigliosi”. Lui, secco: “Felice? Siamo in sovraffollamento, quattro e anche cinque di noi in una stanza. E in un reparto non c’è neanche l’acqua calda per motivi di manutenzione. E gli stessi problemi più gravi li hanno i nostri familiari rinchiusi a Poggioreale. Tanti ne sono passati come lei di qua, a fare promesse…”. Boldrini. “Tanti chi? Dipende”. Lui la provoca: “Anche un tale Giorgio Napolitano. È un pezzo pesante, o no?”.Interno giorno, Nisida, quella che Bennato cantava ne “L’isola che non c’è”. Le tre del pomeriggio. Profumo di oleandri e querce secolari riparano dal sole abbagliante. Fuori, c’è la vista a strapiombo che spazia da Capri a Pozzuoli. Dentro, solo vite acerbe e interrotte: quelle dei ragazzini rinchiusi nell’istituto, figli di Gomorra rapinatori, aggressori, estorsori, esecutori. Che qui – però, se vogliono – imparano a stare in silenzio o solo a salutare, a cantare con maestri del San Carlo o ad esercitarsi con gli scrittori, qualcuno a conoscere il nuoto nelle cristalline acque di Porto Paone, oppure ad allevare conigli o a coltivare l’orto, su su, in cima, all’ombra dell’antica torre borbonica. Soprattutto, a ragionare e a mettere in fila parole.

Doveva essere un “incontro vero”, tra la presidente Boldrini, accompagnata dai parlamentari di Sel Gennaro Migliore e Arturo Scotto, e i circa 70 piccoli detenuti guidati da Gianluca Guida, testimoni i responsabili Giustizia minorile del Ministero, Caterina Chinnici, e della Campania, Giuseppe Centomani e una pattuglia di instancabili educatori, distribuiti sui laboratori dei presepi, dei pastori, della cucina e delle magnifiche “riggiole” in maiolica (laboratori ormai portati avanti esclusivamente dalla solidarietà di aziende private, per mancanza di fondi pubblici).

Ma poi diventa un match l’incontro diretto tra la Boldrini e i ragazzi. Piovono domande sulla politica degli scandali, sulle condizioni delle carceri, sulla violenza che colpisce le donne. E sulle stesse “colpe” dei cittadini-elettori.

La Boldrini dedica quasi quattro ore, la più lunga delle sue tappe napoletane a quei ragazzi e alla loro diffidenza. Prima, c’era stata la visita e l’incontro con tutte le maestre degli 800 bambini di una scuola di periferia, la “Sarrio” di San Giovanni a Teduccio, estremità orientale. “Gli insegnanti sono semplici eroi silenziosi, quella parte migliore dell’Italia che non fa notizia ma c’è e costruisce”.

Poi, la visita e il sostegno per la rinascita di Città della Scienza, a Bagnoli, lato opposto della città, punta ovest, per stare accanto “a un progetto visionario, meraviglioso come quello della scienza resa accessibile ai bambini, trasformata in impresa, innovazione e ponte tra culture”. E poi c’è Nisida, oltre l’istmo artificiale che la lega alla città.

Tre tappe su cui brilla, per inciso, la gaffe istituzionale del sindaco: Luigi de Magistris è assente, a differenza del governatore Stefano Caldoro, a tutte e tre le tappe svolte dalla terza carica dello Stato nella sua città. Proprio per sostenere, come premette la Boldrini appena arrivata, “una città bellisima, piena di storia e di culture”.

In compenso Nisida la accoglie anche con un profumo di pizza cotta a legna, fatta apposta per lei, sempre da ragazzi che stanno imparando. Poi, in cima all’antico monastero, dove oggi funziona la palestra di scrittura di Maria Franco, venti giovanni detenuti attendono al caldo “la presidente”. Marco, oggi ventenne, detenuto da quando aveva 17 anni, faccia alla Raf Vallone, si fa avanti corrucciato: “Visto che stiamo in questa stanza ad aspettare il suo arrivo da ore, posso darle quantomeno la mano?”. Lei sorride. “Mi pare il minimo, ma sono rimasta affascinata dai vostri laboratori, la ceramica…”. Lui, impermeabile: “Ora le voglio chiedere una cosa: qui in carcere parliamo di politica e di fiducia nelle istituzioni. Ma come potete pensare che abbiamo fiducia in voi se avete preso tanti soldi, se continuate a fare la vostra vita e noi la nostra?”.

“Ascolta – le chiede lei, senza cercare consenso – non tutti, ma molta politica ha fallito. Però non tutti: c’è chi si è dedicato anima a corpo a scandali e corruzione, hai ragione ad avere rabbia. La politica è solo una cosa: migliorare le condizioni di vita di una città, di un popolo. Però anche i cittadini devono chiedere di più e devono a loro volta saper essere esigenti e severi. Invece, ammettilo, quante volte ti è capitato di sentire che cercavano una raccomandazione o un favore ai politici? Anche voi cittadini dovete stare attenti, perché se un politico non fa il bene del suo territorio deve essere bocciato, deve andare via”. Marco alla fine si scioglie: “Mo’ve lo dico, che peccato che non siete venuta prima.. Io avevo votato Berlusconi.. E se vi sentivo prima, non lo votavo più″.

Le risate si spengono su un tema caro alla Boldrini. Dragana, ragazza rom, le chiede: “Perché si continuano a uccidere le donne, perché non riuscite a fermarli? Ci vuole una legge, e perché non vi sbrigate?”. Proprio poche ore prima a Caserta Rosaria Aprea è finita con la milza spappolata in ospedale. La presidente fa un lungo respiro, sceglie le parole: “Le leggi ci sono anche se sono sempre migliorabili. Il punto è: dobbiamo applicare quelle che abbiamo, fino in fondo. Invece molte donne non vengono prese sul serio, ma giudicate alle prime denunce che presentano. Quindi, applichiamo le norme che abbiamo. E poi, chiederei di dare più fondi ai centri anti-violenza, alle case rifugio. E soprattutto: rilanciare l’occupazione femminile, perché una donna che lavora è più libera di andarsene”.

Cerca lo sguardo delle ragazzine detenute, una ad una, quasi le interroga. “Ma voi ragionate mai su quello che ci mostra la pubblicità, su quello che passa nelle fiction o nei programmi tv? Fateci caso: avete presente quel tipo di programma serale con l’uomo sempre in cravatta e le vallette sempre in bikini vicino a loro? Donne plastica? “. Alza di un tono la voce, Boldrini. I ragazzi hanno smesso l’aria di sufficienza, sono incuriositi: “Le avete viste le pubblicità con la donna che lava i piatti e il marito con i figli sul divano? Prendete la maggior parte delle fiction, io mi chiedo: ma dove sono le figure di donne della realtà? Una donna o è soubrette o è massaia-mamma? Ma che è? Ma dove stanno le donne insegnanti, le donne contadine, le donne magistrato, le donne operaie, le donne scienziato?”.

L’ultima tappa è sulla terrazza, ragazzi, educatori, tutti. Estrema sobrietà, una stretta intensa con i formatori, un arrivederci, qualche libro in regalo, un po’ d’acqua. Custodisce anche un grido d’allarme: il Ministero non ha i fondi, e la Regione neanche finanzia da tre anni i laboratori. La Boldrini: “Tornerò. E questi ragazzi vorrei andarli a trovarli o in bottega o in pizzeria”. Si avvicina uno di loro, Nicola. Pragmatico, serio. “Sì, preside’… Ma che si dice per un’amnistia?”.

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Fonte: http://www.perlagrandenapoli.org/?p=10816&utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=boldrini-tra-i-giovani-detenuti-di-nisida-presidente-come-possiamo-aver-fiducia

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