Giustizia: per l’emergenza carcere la strada obbligata è scommettere su pene alternative

di Donatella Stasio, da “Il Sole 24 Ore”, 30 aprile 2013

Applausi a destra e a sinistra, con la sola eccezione dei deputati M5S, quando Enrico Letta parla della corruzione e del carcere. Un consenso bipartisan scontato perché, per ora, il presidente del Consiglio Letta non va oltre i “titoli”, evitando dettagli come in altri casi e quindi lasciando in bianco i contenuti di questi due capitoli essenziali del fronte giustizia.

Così, terminato il discorso, molti deputati (soprattutto Pdl) già leggono in quelle poche parole l’apertura a un provvedimento di amnistia e indulto. Fantasie o magari “proiezioni”. Certo è che la contabilità macabra delle morti in carcere e le condanne della Corte di Strasburgo per trattamenti inumani e degradanti rendevano obbligatorio un riferimento al carcere nel capitolo-giustizia, sebbene stringatissimo (appena 10 righe). Tanto più che della giustizia Letta ha parlato soprattutto come fattore essenziale per la ripresa economica.

Un paese che deve crescere, ha detto, deve poter contare su una giustizia efficiente, che dia risposte certe in tempi ragionevoli. Deve garantire ai cittadini e agli investitori italiani e stranieri, ha poi aggiunto, il rispetto di regole e incentivi, e quindi una lotta efficace alla corruzione. “E tutto questo funzionerà se la smetteremo di avere una situazione carceraria intollerabile ed eccessi di condanne da parte della Corte dei diritti dell’uomo”, ha concluso, ricordando che l’Italia è il paese di Cesare Beccaria.

Il carcere è causa ed effetto dell’inefficienza del sistema giudiziario. Il sovraffollamento è infatti il risultato di una politica penale carcerocentrica (anche se in galera finiscono soltanto i poveracci) che ingolfa il processo e agevola la prescrizione dei reati. Di qui anche la mancanza di “certezza del diritto” a cui ha fatto riferimento Letta come freno agli investimenti. “La ripresa ritornerà anche se i cittadini e gli imprenditori italiani e stranieri saranno convinti di potersi rimettere con fiducia ai tempi e al merito delle decisioni della giustizia italiana” ha detto, riferendosi alla necessità di sfoltire i reati e di velocizzare le procedure, ovviamente anche nel civile. Il che avrà un effetto positivo sul carcere, non solo in termini di presenze ma anche delle condizioni di vita e, quindi, del trattamento dei detenuti finalizzato al reinserimento sociale e alla riduzione della recidiva. È presto, però, per capire in che direzione si muoverà il governo. I

Il carcere è un’emergenza nazionale, vera, e non da oggi, anche se i detenuti sembrano diminuire (in parte per le misure svuota-carceri, in parte perché si arresta meno). Sarebbe quindi una delle prime questioni da affrontare, persino con decreto legge. Le misure per alleggerire le patrie galere, e al tempo stesso restituire alla pena la funzione costituzionale propria, sono da anni oggetto di studi approfonditi, e nella scorsa legislatura hanno avuto anche l’apporto esterno del Csm. Dunque esistono già e non sono improvvisate ma, semmai, “strutturali” come quelle che ci ha chiesto la Corte europea dei diritti dell’uomo, imponendoci di realizzarle in un anno. Sempre nella scorsa legislatura, poi, la Camera aveva già approvato il testo sulle misure alternative alla detenzione e sulla messa alla prova, arenatosi al Senato. Insomma, c’è materia in abbondanza per intervenire subito, come peraltro sembra auspicare anche il Quirinale, senza dover ricorrere a provvedimenti di clemenza se non, eventualmente, in seconda battuta. Amnistia e indulto non solo non risolverebbero il problema (se non momentaneamente) ma riaprirebbero le polemiche sui “veri beneficiari” della clemenza, al di là del suo significato di “pacificazione”.

Ovviamente, più passa il tempo più l’emergenza carcere si fa “intollerabile” e più la clemenza diventa l’unica strada. In Parlamento troverebbe un’autostrada: solo la Lega è contraria, come peraltro ad ogni politica di de-carcerizzazione. Bisognerebbe solo definirne il perimetro. Altro capitolo, per ora in bianco, quello sulla corruzione. Anche qui Letta ne ha fatto una questione di crescita. “Questo ovviamente riguarda innanzitutto l’impegno alla moralizzazione della vita pubblica, alla lotta alla corruzione che distorce regole e incentivi” ha detto, aggiungendo nella replica che “la corruzione sarà un grande tema su cui lavoreremo: non possiamo dare un’idea di labilità del diritto”. È la conferma che la legge 190 appena approvata è assolutamente insufficiente e va implementata, anche se su alcuni punti – come lo spacchettamento della concussione che, nell’ipotesi dell’induzione, ha visto una riduzione della pena e della prescrizione nonché la cancellazione dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici – il “danno” è fatto e non si potrà recuperare. Non sui processi in corso, almeno, tra cui quelli a Silvio Berlusconi e a Filippo Penati. “Il confronto ci sarà e sarà importante” ha aggiunto Letta, riferendosi alla diversa “sensibilità” sull’argomento tra Pd e Pdl – sebbene la 190 sia stata un parto bipartisan – anche se Berlusconi, a questo punto, può persino permettersi aperture su questo fronte visto che gli inasprimenti riguarderanno solo i reati commessi dopo l’eventuale approvazione della riforma. Sei ha chiesto che sia varata dal governo nei primi 100 giorni, ma forse ce ne vorrà qualcuno in più perché diventi legge.

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Fonte: http://www.perlagrandenapoli.org/?p=10666&utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=giustizia-per-l%25e2%2580%2599emergenza-carcere-la-strada-obbligata-e-scommettere-su-pene-alternative

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