Vesuvio, 18 marzo 1944 l’ultima grande eruzione
di Claudia Musto, da “La Repubblica Napoli”, 18-03-2012
Un mese intenso per Napoli il marzo del 1944. Dopo le Quattro giornate che avevano condotto alla liberazione dall’occupazione tedesca, le forze alleate americane si erano stanziate in città portando un po’ di respiro alla ormai stremata popolazione napoletana. Il capoluogo partenopeo portava ancora i segni dei bombardamenti e della sofferenza e nessuno prestava attenzione a quanto stava accadendo: durante i primi giorni di gennaio, infatti, all’interno del cratere del Vesuvio si era aperta una frattura e la lava iniziava a fuoriuscire arrestandosi sui fianchi della montagna. Un piccolo segnale di attività dalla durata di un mese circa.
Era del 1631 l’ultima grande eruzione del vulcano. Da allora si annoveravano episodi nel Settecento ed Ottocento fino agli ultimi del 1906 e 1929, ma il Vesuvio manteneva un comportamento controllato, con ridotte esplosioni e contenute colate di lava che avevano portato alla formazione di un piccolo cono da cui sgorgava, quasi giornalmente, uno sbuffo di fumo e vapore, quasi un simbolo nel panorama del golfo.
Fino al 13 marzo: un nuovo segno di risveglio, stavolta non di piccola entità, con quel piccolo cono che era collassato. Ma si deve aspettare il 18 marzo per il vero e proprio avvio dell’attività eruttiva: la lava inizia a colare, infatti, raggiungendo i paesi di Massa di Somma e San Sebastiano.
La situazione degenerava in poche ore, con un poderoso aumento delle scosse sismiche. E il giorno 21 si assisteva ad un nuovo imponente fenomeno, delle dirompenti fontane di lava. Episodi eccezionali con gettiti che raggiungevano fino i 2 km di altezza e che, soprattutto nella notte, regalavano uno spettacolo mozzafiato.
Da un lato il vento trasportava scorie e lapilli in direzione sud-est, ricoprendo i comuni di Angri, Pagani, Scafati e Nocera, risparmiando, miracolosamente, Napoli e il litorale flegreo. E mentre il versante settentrionale del vulcano, che arriva nelle vicinanze di Cercola, diventava il luogo di raccolta delle colate laviche, la parte sud-orientale, invece, subiva la caduta di cenere e lapilli. Proprio a Terzigno, in un campo di volo nei pressi del paese, 88 bombardieri B-25 Mitchell dell’aviazione statunitense venivano danneggiati dalla cenere: “Peggio che sotto un bombardamento”, secondo testimonianze dell’epoca.
E la cronaca dettagliata dell’episodio eruttivo si deve all’allora direttore dell’Osservatorio Vesuviano Giuseppe Imbò, ma non solo. Perché ricco è il materiale audio, video e fotografico di tutto quello che successe in quei giorni.
Come la testimonianza di un ufficiale inglese, Norman Lewis: “19 marzo: Oggi il Vesuvio ha eruttato. E’ stato lo spettacolo più maestoso e terribile che abbia mai visto. 22 Marzo: Raggiunta San Sebastiano, sembrava incredibile che tutta quella gente potesse aver voluto vivere in tal posto”
E il resoconto dell’inviato speciale del Manchester Guardian: “Questi italiani mostrano un’apparente indifferenza, davvero rimarchevole, nei confronti del disastro. Mi ero aspettato scene di panico (…) Non vi era niente di tutto ciò″.
Il 29 marzo era tutto concluso e si poteva passare alla stima dei danni: 47 morti, 12 mila evacuati, gravi lesioni ai Comuni di San Sebastiano, Massa, Nocera, Pagani e Terzigno.
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