Amnistia e rispetto dell'art.27 della Costituzione. Un articolo di Paolo Mercadella


Bisogna difendere la nostra Costituzione. Ma l’articolo 27?

Articolo di Paolo Mercadella pubblicato su GBNews 16/2/2013 (www.ilgiornadledellebuonenotizie.it)

Le parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dopo la recente visita al carcere di San Vittore[1] e la sentenza di condanna emessa nei confronti dell’Italia da parte della Corte Europea dei diritti dell’Uomo[2] rendono inevitabile una riflessione sul funzionamento della giustizia e sullo stato dei luoghi di detenzione italiani.
Le carceri “disumane”, come spesso ripete il leader Radicale Marco Pannella, da sempre in prima linea su questa realtà, sono solo l’appendice di un sistema giudiziario che fa acqua da tutte le parti. Quante volte abbiamo sentito dire da illustri esponenti politici che “bisogna difendere la nostra Costituzione”?
Quasi nessuno di loro, tuttavia, sembra porsi l’urgenza del far rispettare l’articolo 27 di quella Costituzione, che parla di scopo riabilitativo della pena e di pena che non dev’essere contraria al senso di umanità. Eppure le condizioni nelle prigioni italiane sono drammatiche, non solo per i detenuti, ma anche per gli agenti di polizia penitenziaria, per i lavoratori e i volontari che in esse prestano la loro opera.
Molti propongono la costruzione di nuove carceri per risolvere il problema; Marco Pannella e i Radicali vanno invece controcorrente, rischiando l’impopolarità in un quadro politico che tende a impostare le campagne elettorali sul tema della “sicurezza”: da diverso tempo insistono sulla necessità di un’amnistia. Attenzione: amnistia intesa non come atto di clemenza verso i detenuti, bensì come atto di interruzione della flagranza di reato della Repubblica.
Il beneficiario dell’amnistia, in quest’ottica, non è più solo il detenuto, bensì anche (e soprattutto) lo Stato, reo, a detta di Pannella, di essere quotidianamente in una posizione di flagranza di reato. Sempre Pannella sostiene che non vi sarebbe alcun rischio per i cittadini: l’atto riguarderebbe solo persone in carcere per reati che non destano allarme sociale.
Qualcuno obietta che l’amnistia sarebbe solo una soluzione tampone e che tra qualche anno le carceri saranno di nuovo al limite della capienza. E’ vero, ed è proprio per questo che l’amnistia da sola non basta: bisogna mettere in cantiere un serio impegno sia sul fronte della depenalizzazione dei meno gravi tra i reati ad oggi puniti con il carcere, sia su quello dell’incentivo alle pene alternative.
Non dimentichiamo, poi, che la tempistica della giustizia italiana comporta di fatto un’amnistia di classe: la prescrizione, facilmente raggiungibile da chi, appartenendo agli strati sociali più abbienti, può permettersi buoni avvocati che sappiano come prolungare il processo fino al fatidico termine.
Altrettanta attenzione merita il capitolo relativo alla giustizia civile, la cui cronica lentezza ha un sensibile impatto non solo sul vivere civile, ma anche sull’economia: la Banca d’Italia stima intorno al punto percentuale di PIL il costo dell’eccessiva durata dei procedimenti giudiziari.
Di tutto questo si parlerà mercoledì 20 febbraio al Laurentianum di Mestre, in un confronto organizzato dall’associazione “Venetoradicale”[3]. Interverranno, oltre all’esponente Radicale veneziano Franco Fois, alcuni candidati di gran parte delle coalizioni impegnate nella campagna elettorale, che illustreranno i rispettivi punti di vista sull’amnistia e i loro programmi sulla giustizia. Un confronto che si annuncia serrato tra il Senatore Felice Casson (Partito Democratico), l’Onorevole Maurizio Paniz (Popolo delle Libertà), l’ex magistrato Giovanni Palombarini (Rivoluzione Civile), l’avvocato Anna Zampieron (Fare per fermare il declino) e il consigliere regionale Andrea Causin (Scelta Civica con Monti per l’Italia).

Fonte: http://venetoradicale.blogspot.com/2013/02/amnistia-e-rispetto-dellart27-della.html

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